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Se vuole sapere davvero la mia, allora dico che, almeno un certa PRATO, DEVE CHIUDERE!
Dobbiamo smetterla di abbindolare le persone, i lavoratori, con questa storia oramai fuori dai tempi.
Al di là della provocazione, dobbiamo smetterla di continure a mantenere in piedi questo cadavere putrido denominato "tessile pratese".
Se c'è una classe imprenditoriale che non ha saputo evolversi ed una classe politica che non si è interessata al problema della riqualificazione della città e del lavoro della città, questi non devono coinvolgere i lavoratori a legittimare i loro sproloqui.
A Prato abbiamo continuato a pensare di poter produrre all'infinito prodotti tessili di fascia bassa e dove si è fatto ricerca ed innovazione, non si è saputo fare, al tempo stesso, ecogitare misure di protezione delle innovazioni.
E' ovvio che nel tempo l'evoluzione di un sistema globale porti i paesi eergenti a competere sulle fasce ma questo gli impenditori lo sanno bene, visto che assistiamo ad una continue delocalizzazione delle produzioni.
Se è inevitabile che con lo sviluppo dei paesi emergenti le "braccia" delle aziende si spostano altrove, cosa di cui tutti sono ben consapevoli, allora riempire la piazza di lavoratori, ignari delle macchinazioni a cui si prestano, è solo un grimaldello con cui si punzecchia la politica per ottenere aiuti di stato.
Questo è squallido ed inqualificante, e non so capacitarmi come a quasto gioco si possano prestare supinamente anche le organizzazioni sindacali.
Invece di riempire la piazza di gente affammata strumentalizzata sarebbe forse l'ora di impegnarsi per un serio piano di evoluzione industriale e della concezione di lavoro.
Saluti,
Francesco Fedi
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