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La mer, la fin...

venerdì 13 marzo 2009

Prato. Il lavoro fuori dal tessile

I numeri delle persone che, fuoriuscite dai circuiti produttivi del tessile, si sono rivolte alle agenzie per usufruire di opportunità formative sono numeri importanti, e confermano quello che andiamo dicendo da tempo: la partita più rilevante nell'ambito delle politiche del lavoro è oggi quella della formazione.
Può sembrare scontato, ma così non è: la "monotematicità" del tessuto produttivo pratese ha fatto sì che, nel momento d'oro dell'economia pratese, tante persone vedessero come unico sbocco professionale quello nel tessile, e si siano introdotte nel curcuito lavorativo precocemente, in molti casi abbandonando gli studi o riuscendo a malapena a raggiungere il diploma. Oggi ci ritroviamo con una massa di disoccupati/sottoccupati che, nelle fasce di età dai 40 ai 50 anni, hanno enormi difficoltà, a partire dall'età anagrafica, a reinserirsi nel mondo del lavoro, e che si trovano tutto ad un tratto anche sprovvisti degli strumenti "culturali" per rimettersi in gioco.
Il problema è, a questo punto, come e su cosa agire, nell'ambito della formazione. Perché se da una parte ha ragione il direttore di FIL, Del Campo, quando dice che la formazione non rappresenta sempre una soluzione, vederla come "ammortizzatore sociale" rischia di far sprecare tempo e risorse che potrebbero essere meglio investite.
La domanda fondamentale diventa, quindi, se la formazione deve fornire solo "competenze" - nella accezione ristretta, ma più sensata, di "
conoscenze operative e pratiche specifiche al ruolo o alla funzione" - o non debba piuttosto principalmente contribuire alla ricostruzione (e alla costruzione) di "sapere", quindi un patrimonio composto di conoscenze e di abilità che prescindano da mansioni specifiche, e al continuo sviluppo di queste. Magari anche conoscenze "perdute", tipiche di quelle economie di "sussistenza" che credevamo superate e sepolte dalle megnifiche sorti della società industriale e postindustriale.
Investire, quindi, risorse per creare nuovi addetti al call center, o segretari, piuttosto che operatori nell'assistenza agli anziani - giusto per fare alcuni esempi di corsi che vengono spesso proposti - ha poco senso, e rischia di contribuire addirittura ad una ulteriore emarginazione dei soggetti coinvolti, dato che vanno ad acquisire "competenze" che con buona probabilità non serviranno a ritrovare né un lavoro né, ancora più grave, una dimensione di dignità nel lavoro.
MV

da il Tirreno del 13/03/09
In cerca di un lavoro fuori dal tessile

Usciti dalle aziende, in tremila si sono rivolti al Centro impiego

Boom di richieste di riqualificazione Ora si guarda soprattutto ai giovani E cresce anche la voglia di mettersi in proprio

PRATO. Il tessile non rappresenta più un’opportunità appetibile per migliaia di lavoratori cassintegrati e in mobilità alla ricerca di un’occupazione. Lo confermano le circa tremila persone che nell’ultimo anno si sono rivolte al Centro per l’impiego chiedendo di essere riqualificate in altri settori produttivi attraverso la formazione. Le richieste hanno avuto un vero boom con l’introduzione dei “voucher formativi”, buoni dal valore massimo di 3.000 euro ciascuno, spendibili per la formazione individuale da lavoratori coinvolti in crisi aziendali, ma anche da donne (sopra i 35 anni) e uomini (tra i 40 e i 55) disoccupati da almeno sei mesi. Da giugno 2008 la Provincia ha stanziato finanziamenti sul Fondo sociale europeo per oltre un milione di euro attivando 263 voucher.
Il numero si riferisce ai primi 700mila euro finanziati tra giugno e dicembre 2008, ma è destinato a crescere dopo che dall’11 marzo sono stati rifinanziati altri 400 mila euro ed è stata abbassata l’età d’accesso a 25 anni.
Sono infatti sempre più numerosi i segnali di difficoltà che arrivano anche dalle fasce più giovani di lavoratori. «Continuando a dare soldi solo alle persone più adulte rischiamo di non preparare il futuro della città», commenta il direttore della Fil Michele Del Campo, che gestisce per conto della Provincia anche i servizi per l’impiego. D’ora in poi non sarà più così perché ai lavoratori iscritti ai servizi per l’impiego, sia uomini che donne, basterà aver compiuto il venticinquesimo anno d’età per usufruire dei voucher individuali. «Il nostro obiettivo - spiega l’assessore provinciale alla Formazione e lavoro Paola Giugni - è sostenere l’apparato produttivo distrettuale cercando di evitare la dispersione di risorse umane e professionalità, ma anche affrontare la gravità dei risvolti sociali della crisi economica».
Imparare un nuovo mestiere è dunque possibile. Scorrendo la lunga lista dei percorsi offerti dalle agenzie formative del territorio non c’è che l’imbarazzo della scelta. «Il bisogno di lavorare - spiega il direttore della Fil - spinge le persone a intraprendere qualsiasi strada senza avere nessuna prospettiva professionale con il rischio di demotivarsi e abbassare la propria soglia di competenza. Per riconvertire una persona occorre prima aiutarla a costruire le motivazioni di una scelta che deve valorizzare se possibile, competenze già esistenti».
«Bisogna anche evitare l’effetto illusione - chiarisce ancora Del Campo - La formazione non rappresenta sempre una soluzione e non serve a niente se non è legata alla ripresa economica e agli investimenti delle imprese; piuttosto, in questa fase deve essere utilizzata come ammortizzatore sociale utile a creare e preparare competenze per il futuro».
Del resto la fatica di ricollocare le persone si scontra spesso con il mondo delle imprese che in virtù di un mercato del lavoro sempre più esigente, ha bisogno di persone ancor più qualificate. «E’ quello che cercheremo di garantire con il progetto Ri.ve.la - anticipa Cinzia Grassi direttore di Sophia, agenzia formativa della Cna - il cui obiettivo è quello di favorire l’occupazione dei lavoratori over 45 usciti da precedenti esperienze attraverso un percorso breve che prevede oltre alle 80 ore di aula ben 180 ore di stage in azienda».
Le competenze trasferite agli utenti attraverso i corsi non sono solo di carattere tecnico professionale: entrando nel dettaglio delle materie non mancano mai nozioni sulla sicurezza e sulla costruzione del ruolo che, viste le recenti trasformazioni del mercato del lavoro, non può più prescindere da prendere in considerazione anche la strada dell’autoimprenditoria.
«L’autoimpiego - spiega Marco Fabozzi responsabile dell’area formazione di Confartigianato Imprese - è, e sempre più sarà, una pista da battere nella ricerca del lavoro. È un campo forse più complesso del consueto lavoro dipendente, richiede motivazioni, competenze e risorse maggiori, ma è anche quello che prospetta ritorni e soddisfazioni maggiori. Inoltre ha il vantaggio di essere flessibile ed adattabile non solo alle capacità ed abilità personali, ma anche alle qualità immateriali che molti lavoratori hanno: fantasia e creatività».
Barbara Burzi

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