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da la Nazione del 17/03/09
Gruppo Fedora: accordo ma soltanto per la Fintes
Da superare il problema dell’incentivo all’esodo
di ROBERTO DAVIDE PAPINI
ALLA FINE dell’ennesima mattinata di un’estenuante vicenda come quella della crisi del Gruppo Fedora, c’è da decidere se il bicchiere sia mezzo pieno (accordo fatto per la cassa integrazione alla Fintes) o mezzo vuoto (accordo ancora non raggiunto per il lanificio Fedora). Il presidente della Provincia, Massimo Logli, sceglie di cogliere tutti e due gli aspetti, ma anche di rimarcare il secondo premendo per una soluzione rapida: «Siamo preoccupati dal protrarsi di questa vicenda per i lavoratori del Fedora, da mesi senza stipendio. Siamo impegnati a seguire l’evolversi delle cose: la trattativa deve sbloccarsi non la si può tirare in lungo ancora, pur comprendendo tutte le difficoltà». Le difficoltà sono rappresentate da una complessa situazione di concordato preventivo delle aziende del gruppo, dalla questione dell’incentivo all’esodo e dalle diverse condizioni: per la Fintes è stato possibile chiedere una cassa integrazione straordinaria per procedura concorsuale per un anno a partire dal 19 febbraio (senza incentivo all’esodo, ma con la mensilità e mezza dal 1° gennaio al 19 febbraio che andrà tra i crediti privilegiati al 100% del concordato); per il lanificio Fedora, invece, c’è sul tavolo la richiesta di cassa integrazione straordinaria per cessazione con la possibilità di richiedere un incentivo all’esodo. Sull’entità di quest’ultimo, però, non c’è accordo tra le parti (con sfumature diverse anche a livello sindacale) e la cifra ipotizzata di 4100 euro non è ritenuta plausibile dall’azienda.
IL GRUPPO di una ventina di lavoratori che presidia per ore l’esterno di Palazzo Vestri in piazza Duomo (dove si svolge l’incontro con sindacati, azienda e i funzionari della Provincia) è composto in gran parte da dipendenti della Fintes e l’annuncio dell’accordo per la rifinizione è accolto con sollievo: «Adesso potremo cercare lavoro altrove», dicono, finalmente “liberi” di andare in mobilità (e quindi di essere assunti da altre aziende) o di restare in cassa integrazione in attesa di nuove opportunità o (per i pochi che hanno i requisiti) della pensione. Sulla questione del Fedora (nonostante le bocche cucite dei sindacati) emerge il problema anche di capire bene quali siano le caratteristiche e le disponibilità del concordato. Insomma, se i soldi per un incentivo ci sono o no. Giovedì ci sarà la prossima puntata. Per ora, prevale lo sconforto tra i lavoratori: «Sono deluso, non capisco il perché di tutti questi problemi», dice un dipendente Fedora alle telecamere di “Anno Zero”. Così, il finale di una crisi cominciata nel 2007 non è stato ancora scritto «e noi dobbiamo tirare avanti senza ricevere nulla da mesi. Come facciamo?».
da il Tirreno del 17/03/09
Fintes, cassa integrazione e mobilità
Ma slitta l’accordo per il lanificio Fedora, lavoratori “in ostaggio”
Posizioni lontane sull’incentivo all’esodo. Logli: «Pronti a dare una spinta per chiudere»
PRATO. Gaetano Caso, operaio della rifinizione Fintes, ha la speranza che una società di guardie giurate possa assumerlo. Luca Biagini, magazziniere del lanificio Fedora, invece non ha ancora la certezza che potrà riprendere a pagare gli alimenti alla ex moglie. Ieri, in Provincia, è stato firmato l’accordo per la cassa integrazione (e la mobilità) per la Fintes mentre per il lanificio Fedora l’accordo non c’è stato. Si separano le strade dei dipendenti del Gruppo di Nardi: non più ostaggio di un’azienda in fase di concordato quelli di Fintes, ancora legati - e senza possibilità di provare a cercare un impiego - quelli del lanificio.
LE TRATTATIVE Per Fintes è stato raggiunto un accordo di cassa integrazione straordinaria per un anno a decorrere dalla data dell’accettazione del concordato preventivo (il 19 febbraio) con la possibilità di attivare la mobilità per coloro che troveranno un posto di lavoro. Per Fedora la situazione è invece più complicata. Il sindacato, con capofila la Cgil, chiede che venga concesso ai lavoratori anche un incentivo all’esodo oltre alla cassa integrazione e alla mobilità e che i dipendenti passati a Pietraluna (la società sempre di Piero Nardi che ha affittato un ramo di azienda del lanificio Fedora) rientrino nell’accordo. Il motivo è che se la new company Pietraluna, che oggi ha 11 dipendenti, dovesse cessare l’attività tutti possano usufruire degli ammortizzatori sociali previsti per una società con più di 15 dipendenti. L’accordo non è stato raggiunto ieri perché per giovedì è previsto un incontro con il commissario Paolo Bastia per capire se ci sono i margini per arrivare a un accordo di questo tipo. Le differenti richieste per Fintes (non è previsto incentivo) e Fedora nasce da accordi precendenti e dal fatto che il concordato è a garanzia (il titolare garantisce il pagamento delle percentuali stabilite anche se il passivo non risulterà quello dichiarato nei documenti del concordato).
Questa mattina sarà illustrata nei dettagli la situazione a tutti i dipendenti (sia di Fintes sia di Fedora) durante un’assemblea sindacale.
I LAVORATORI Una parte dei lavoratori ieri hanno deciso di attendere i risultati dell’incontro in piazza Duomo. Per alcuni di loro l’esigenza primaria era quella che l’accordo fosse firmato e liberarsi dalla condanna a non poter usufruire della mobilità (e quindi avere maggiori probabilità di trovare un posto, grazie agli sgravi fiscali previsti) anche a costo di rinunciare all’incentivo. E su questo slittamento dei tempi (un nuovo appuntamento è fissato in Provincia per lunedì) è intervenuto anche il presidente della Provincia Massimo Logli. «Per quel che ci riguarda - ha commentato alla fine dell’incontro - siamo pronti a dare una spinta verso la chiusura dell’accordo. Siamo disponibili a mettere tutto il nostro impegno e le nostre professionalità per trovare una soluzione. Non faremo gli spettatori, puntiamo a un accordo in tempi brevissimi».
LE STORIE I dipendenti di Fintes e di Fedora non riscuotono un euro da gennaio. La cigs non sarà pagata dall’Inps prima di 4-5 mesi. E le probabilità di trovare un lavoro, con la crisi che sta vivendo la città, è per molti poco più di una chimera. Luca Biagini ha 47 anni. «Chi mi prende - si chiede - a quest’età? Sono separato ho dovuto interrompere il pagamento degli alimenti e non so neppure cosa potrò fare in futuro». Elio Bencivenga non è sposato. E in questa situazione è stato un bene. «Sono stato in cassa integrazione tra i primi. L’ho scelto io perché volevo frequentare un corso di formazione di informatica. Ho 42 anni e pensavo così di costruirmi un nuovo futuro. E invece ogni volta che mi presento e sento quanti anni ho trovo tutti “no, grazie”. Gaetano Caso è tra i lavoratori più agguerriti. E’ la forza della disperazione. «Due mesi fa mi avevano proposto un lavoro ma non ero in mobilità. Ora non so se mi vorranno ancora. Senza far niente non posso stare: ho due figlie, pago l’affitto, mia moglie non lavora. Sto andando avanti solo perché mi mandano i soldi i parenti da Nocera. Se qui non troverò niente tornerò al sud: almeno lì qualcosa a nero lo trovo».
Leonardo Iacovino, cimatore, ha comunque lavorato al Fedora per smontare i macchinari. «Non me la sono sentita di dire di no. Anche se non so quando riscuoterò quei soldi. Ho due figli e non ho più il mutuo ma, anche se mia moglie lavora, non è affatto facile. E soprattutto: cosa farò quando gli ammortizzatori sociali saranno finiti? Perché dovrebbero assumere uno della mia età con tutta la scelta che c’è di lavoratori in mobilità?».
Ilenia Reali





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