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La mer, la fin...

venerdì 6 marzo 2009

Scuola. 300.000 insoddisfatti.

Scuola, iscrizioni: lo Stato non è in grado di soddisfare la domanda di 300mila bambini (su 450mila)
Sono 500.000 le bambine e i bambini pre-iscritti alla prima elementare per il prossimo anno scolastico. I primi dati ministeriali disponibili ci dicono che per 450.000 di loro i genitori hanno richiesto un orario scolastico di 30 o 40 ore settimanali. Una scelta non scontata, in presenza di un governo che persegue le 24 ore di lezione settimanali nella elementare; una conferma forte della straordinaria importanza che i genitori attribuiscono all’istruzione dei loro figli, una richiesta non “eccezionale” visto che fino ad oggi (e da almeno due decenni!), nella scuola elementare viene assicurato un organico per 30 ore settimanali e per il tempo pieno. La storica novità è che, secondo le elaborazioni più attendibili, lo Stato, a causa dei tagli sciagurati effettuati alla scuola pubblica, non sarebbe in grado di soddisfare la domanda di ben 300.000 (su 450.000!) bambini ai quali potrebbe essere garantito solo un orario scolastico molto ridotto rispetto alle richieste: ventisette o ventiquattro ore settimanali di scuola anziché trenta. I costi di un tempo scuola adeguato e aggiuntivo rispetto alle 24 o 27 ore settimanali risulterebbero presumibilmente a carico delle scuole stesse, degli enti locali. E, visto che entrambi non dispongono in alcun modo delle risorse necessarie, tale costo verrebbe caricato sui bilanci familiari! Ovvero, i genitori che volessero per i loro figli un tempo scuola adeguato dovrebbero in parte pagarlo, fin dalla prima elementare! Alla faccia della Costituzione italiana che recita: “L’istruzione è obbligatoria e gratuita per almeno otto anni”. E’ il nuovo modello di scuola che, a partire dal prossimo anno scolastico, la destra vorrebbe affermare. Una scuola contro la Costituzione che, iniziando dalla prima classe elementare, si estenderebbe negli anni successivi a tutte le classi della scuola primaria e quindi all’intero sistema scolastico italiano. Bisogna fermare questa deriva, per salvaguardare il futuro delle giovani generazioni e della società intera. L’unico modo per opporvisi è quello di costringere il governo della destra a recedere dalle sciagurate scelte sui tagli alla scuola e all’università operati la scorsa estate. Essi se attuati determinerebbero, col licenziamento di decine di migliaia di precari, anche che la fine del diritto di istruzione per tutti. Oggi, rispetto a ieri ci sono maggiori forze, ragioni ulteriori e i tempi per ottenere questo risultato. I tempi. Gli organici delle scuole non verranno definiti immediatamente. Quindi, da ora al momento della loro definizione esiste un lasso di tempo sufficiente per sviluppare una grande mobilitazione che rappresenti la voce del milione di genitori che per la prima volta hanno iscritto i loro figli a scuola. Una mobilitazione che richieda la piena soddisfazione delle richieste di istruzione e di tempo scuola di tutte quelle famiglie. E’ solo lo Stato che può garantire ciò stanziando risorse adeguate. Le nuove ragioni. E’ subentrata una ulteriore ragione decisiva che si aggiunge a quelle già fortissime che sollevammo l’estate scorsa al momento della decisione sciagurata sui tagli al sapere. Il fatto nuovo, rispetto ad allora, è nientemeno che la crisi economica mondiale, esplosa nei mesi recenti e di cui si aveva all’epoca solo un lontano sentore. Ebbene, paesi come gli Stati Uniti d’America hanno individuato quale strumento decisivo per affrontare questa terribile crisi gli investimenti nel sapere, nella scuola, nell’ università e nella ricerca. Semplicemente hanno deciso, nel volgere di poche settimane, di raddoppiare i finanziamenti su questa voce stanziando 141,400 miliardi di dollari. Ossia se è vero in tempi normali che l’investimento nel sapere è investimento per il futuro della società, tale principio assume pregnanza incommensurabilmente più forte in presenza di una crisi economica globale senza precedenti. Come diviene cento volte più attuale il principio ad esso speculare: ovvero che ridurre le risorse per il sapere in presenza di una crisi quale quella che stiamo attraversando significa condannare il Paese a non uscire da questa crisi. Questa è la responsabilità storica che la destra si assume avendo realizzato e confermando quei tagli. Nuove ragioni, nuove forze. Le richieste dei genitori al momento dell’iscrizione dei loro figli al primo anno della scuola dell’obbligo costituiscono la manifestazione di dissenso e la contestazione più forte delle politiche governative sulla scuola. Il governo ha ridotto l’obbligo scolastico, ha operato tagli senza precedenti, ha tentato di ridurre l’orario scolastico alle elementari a 24 ore settimanali. Ebbene, novecentomila genitori su un milione hanno risposto chiedendo il tempo pieno o un orario scolastico lungo, più istruzione, e più qualificata per i loro figli. E’ l’intera società che, con quelle 500.000 preiscrizioni, visivamente, concretamente, rappresenta le fondamentali istanze dello straordinario movimento di lotta che si è sviluppato nelle scuole, nelle università e nelle piazze negli ultimi mesi dello scorso anno. Quel movimento dunque non è morto, anzi è enormemente cresciuto visto che la sua fondamentale istanza (maggiori risorse per il sapere e per il nostro futuro) è diventata patrimonio della grande maggioranza della società. Infine. Sta continuando il lavoro straordinario, frutto di impegno e intelligenze diffuse, nelle scuole, nelle università, nella società, ad opera di comitati, di coordinamenti, di insegnanti, genitori, studenti, delle più diverse istanze sociali, di tutto ciò che è stata l’anima e il corpo del movimento nei mesi scorsi. E si avvicina la scadenza importantissima dello sciopero generale della scuola per il prossimo 18 marzo, organizzato dalla CGIL. La lotta dunque può continuare con determinazione, ottimismo, con maggiore speranza.
Bergonzi Piergiorgio - Responsabile nazionale scuola PdCI
05/03/2009

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