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La mer, la fin...

giovedì 5 marzo 2009

Message in the bottle. Sul "sistema" museale pratese

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo.
Ci permettiamo solo una piccola chiosa: parlare di "sistema" per i musei pratesi forse è sprecato, dato che non esiste, nei fatti, una vera articolazione sistemica e reticolare di questi.
Certo, gli assessori in carica diranno che non è colpa loro perché in fondo hanno fatto "solo" gli ultimi cinque anni...
MV

In merito a quanto apparso sul Tirreno, “Prato, cenerentola delle città toscane”, ritengo che l’attuale sistema museale pratese non abbia fino a questo momento prodotto gli esiti sperati. Da un lato riscontriamo, al di là della discussione sui dati provenienti dalla Regione Toscana, un numero di visitatori e turisti nettamente inferiore rispetto alle potenzialità intrinseche della struttura.
La gestione delle strutture culturali e museali presenti nella provincia di Prato appare, in realtà, fin troppo individualistica e frammentaria. Notiamo una gestione pubblica che non ha saputo esprimere un sistema integrato per cultura, professionalità, risorse industriali, umane e capacità gestionale. L’attuale crisi del comparto tessile richiede la responsabilizzazione da parte di tutti, nessuno escluso, e uno sforzo unitario per il rilancio culturale e turistico della città.
La riduzione di visitatori e più generalmente dei flussi turistici nella provincia è legato solo in parte alla recessione mondiale. Manca, in realtà, un coordinamento unitario da parte delle istituzioni cittadine. Il Museo Pecci, in questo momento, vive più di ombre che di luce: l’impoverimento qualitativo dell’offerta culturale complessiva è dovuta, da un lato ad una politica che lesina fondi al Museo Pecci, che lo mette ai margini rispetto al resto del mondo e dall’altro ad una irragionevole chiusura verso la realtà imprenditoriale della città. Come se ciò non bastasse a curatori di fama mondia le, a differenza di quanto avviene nei musei americani, europei e negli ultimi anni alla Biennale di Venezia, non è consentito di partecipare all’organizzazione delle mostre istituzionali o private. Occorre quindi aprire un dibattito sulla possibilità di introdurre nuovi modelli gestionali pubblico-privati per consentire al Museo Pecci di acquisire nuove opere e selezionare periodicamente, curatori non siano incatenati alle logiche burocratiche, ma che siano principalmente curators ovvero dei talent-scouts. E' necessario andare oltre le logiche di appartenenza politica e i titoli accademici e dare nuove opportunità ad o giovani operatori dell’arte contemporanea. Una nuova visione, quindi, del curatore, che non lo leghi ai confini del museo stesso.
La gestione pubblica del Museo Pecci, in venti anni di attività, non è, infatti, mai riuscita a dialogare con il contesto culturale sociale ed economico di Prato. I cittadini pratesi lo percepiscono come un “corpo estraneo” e gli artisti stranieri sono restii ad esporre in un contesto che appare così poco aperto alle novità.
La modesta offerta culturale fino a questo momento non ha saputo incidere sull’immagine del territorio e sul tessuto produttivo di Prato e della Toscana. Non è infatti un caso che l’intero sistema museale pratese non goda di miglior salute rispetto al Museo Pecci.
Le risorse del nostro patrimonio artistico-architettonico, sono state, dal mio punto di vista, finora inutilizzate rispetto alle reali potenzialità. L’assenza di un vero piano di marketing culturale e territoriale che privilegi la creazione di un marchio d’area - ovvero riconoscibilità e garanzia in un sistema integrato, rafforzato da un’unica rete all’interno dei singoli musei e del sistema produttivo (industria, moda, cultura, agricoltura turismo, ha creato tutte quelle disfunzioni che sono sotto gli occhi di tutti. Manca una rete unica, ovvero un sistema di gestione e fruizione dei beni architettonici, culturali e naturali del territorio che consenta ai visitatori, attr averso un unico biglietto, di accedere al ventaglio delle offerte museali del territorio della provincia di Prato. Il Museo Pecci, infatti. dovrebbe diventare volano della contemporaneità di Prato, la porta d’ingresso alle strutture museali al chiuso e all’aperto, attraverso l’istituzione di punti informativi di siti monumentali, archeologici e ambientali, ovviamente non prescindendo dall’offerta ricettiva alberghiera e agrituristica.
Il 2009 è stato, inoltre, un’occasione mancata per celebrare adeguatamente il centenario del manifesto del movimento futurista, che come è noto è stato il padre di tutte le avanguardie. Quest’occasione è stata invece colta al volo dai maggiori musei di arte contemporanea europei e italiani attraverso progetti articolati sul futurismo. Anche il Museo Pecci avrebbe dovuto sviluppare un progetto che partendo dal futurismo e in particolare dal futurismo toscano, avrebbe dovuto coinvolgere il mondo tessile e altre realtà museali, alla ricerca di nuovo dinamismo della realtà industriale pratese, magari attraverso l’esposizione di quelle macchine, che hanno contribuito al progresso passato e recente del distretto.
Per fare tutto questo, però, è auspicabile una classe politica che sappia cogliere, al di là delle parole, veramente i segni dei tempi e che in vista del bene comune abbia il coraggio di aprirsi al cambiamento e che mostri, soprattutto, una maggiore apertura al dialogo con tutte le categorie sociali, soggetti pubblici, privati e dell’associazionismo.
A questi politici occorrerebbe principalmente un po’ di buon senso, la capacità in nome del bene comune di armonizzare con giustizia gli interessi settoriali, per valorizzare l’arte e renderla veramente accessibile a tutti dando così pieno e reale significato alla sua funzione sociale.

Savino Marseglia
(curatore indipendente)

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