TANTI INTERESSI PRIVATI NON FANNO UNA CITTA'!

La mer, la fin...

venerdì 20 marzo 2009

Prato. Ancora su AnnoZero

Ieri sera, durante la trasmissione di Santoro, si sono sentiti ripetere per l'ennesima volta una serie di banalità che Ruotolo, nella sua quattro giorni pratese, si ben guardato dall'approfondire, e pure smentire.
Perché, per quanto si possa rispettare la figura di Renato Cecchi, che si faccia ricadere tutta la colpa della crisi pratese sui politici e sulle banche- che ovviamente hanno le loro belle responsabilità - è un comodo modo di scaricare un pesante barile che gli imprenditori tessili - dall'industriale all'artigiano - hanno contribuito a creare. Perché quando gli stessi politici garantivano la devastazione del territorio per consentire la costruzione delle loro fabbriche, o chiudevano più di un occhio sulle tante irregolarità e illegalità del distretto, allora facevano comodo, e faceva comodo andarci a braccetto. E quando le banche, in passato, hanno garantito sostanziosi investimenti che si sono trasformati in enormi "buchi", allora andavano bene.
Oggi si chiede - in nome delle tasse che Prato avrebbe pagato - ammortizzatori, consolidamenti e sospensioni dei debiti, e via dicendo, omettendo completamente il prosperare nel passato del "nero", dai fuoribusta degli operai alla mancata fatturazione. Si chiede "legalità" quando nell'illegalità si è prosperato. Si chiede, insomma, un enorme finanziamento a fondo perduto in attesa non si sa bene di che cosa.
Perché in tutto il bailamme della trasmissione, che si è trasformata nel palcoscenico dei luoghi comuni pratesi (e costruiti dai pratesi) - buoni per autoassolversi da ogni peccato, ma poco utili per capire qualcosa - non c'è stata una idea una che potesse indicare delle possibili vie di uscita.
MV


da la Nazione del 20/03/09
«Cassintegrati, bloccate le merci illegali»

Appello provocazione di Renato Cecchi ad AnnoZero: «I politici ci hanno svenduto»

di ROBERTO DAVIDE PAPINI
E’ LA FIGURA da eroe epico di Renato Cecchi il simbolo della disperazione, composta e dignitosa, del distretto tessile di Prato. In una convulsa e accesa puntata di “AnnoZero” (ieri sera su Raidue, condotta come di consueto da Michele Santoro) il patron della Santo Stefano è stato molto più di un padrone di casa per il collegamento da Prato con l’inviato Sandro Ruotolo: «Siamo alla canna del gas, siamo disperati. E la colpa è dei governanti che ci hanno venduto alle logiche del commercio». L’applauso scatta immediatamente nell’azienda di Cecchi, gremita di imprenditori, operai, sindacalisti, esponenti delle istituzioni, con in bella vista lo striscione da record (“Prato non deve chiudere”) della manifestazione del 28 febbraio. In studio, baruffano il sottosegretario alle infrastrutture Roberto Castelli (Lega Nord) e il segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero, a Prato si ascolta con impazienza e tocca ancora all’omerico Cecchi riportare il dibattito a formule meno astratte: «I politici che litigano sono uno spettacolo degradante. Visto che la merce cinese che arriva qui ha molti meno vincoli di quelli che ha la nostra quando arriva in Cina, faccio un appello ai cassintegrati: andate a bloccare i porti dove arriva la merce illegale».

AD APRIRE la serata era stata l’efficace filippica di Orlando Mari, l’operaio cassintegrato della Fintes (Gruppo Fedora) che racconta con straordinaria efficacia la sofferenza di tante famiglie da mesi senza stipendio o costrette ad andare avanti con 700 euro al mese. La serata continua con il tema del distretto parallelo cinese (spiegato dalla giornalista del “Sole 24 Ore”, Silvia Pieraccini, autrice di un libro in materia) e sui controlli sul lavoro nero che non ci sono o sono insufficienti. Sul video scorrono immagini familiari per i pratesi, ma probabilmente un po’ choc per tanti italiani: gli stanzoni di via Pistoiese e via Marengo (tutti rigorosamente chiusi), i cinesi che non parlano e non si fanno intervistare, gli scarti di lavorazione buttati nei cassonetti, il pronto moda cinese che fa affari, con clienti italiani («Qui un paio di pantaloni mi costa otto euro, se lo compro dagli italiani sono trenta euro», spiega una commerciante) e anche di altri Paesi europei. Castelli sottolinea che la Lega aveva da tempo denunciato i rischi di questo tipo e critica magistratura, ispettori del lavoro, Inail: «Ma se questa trasmissione riesce a trovare le imprese illegali, che sono nel centro della città, perché non vengono trovate anche da chi deve controllare? Come si fa ad occultare un fabbricato?». Replica di Ferrero: «Il Governo ha depotenziato le strutture di controllo e quella di contrastare lo sfruttamento e il lavoro nero non è una priorità». Fabrizio Gatti, giornalista dell’Espresso (ospite insieme al collega del Giornale, Nicola Porro) , ricorda che «se i cinesi sono qui è perché qualcuno li ha chiamati e compra la loro merce e sono italiani i committenti».

CECCHI resta il grande protagonista e “demolisce” il mito di buona parte della produzione made in Italy. «I contadini sono più intelligenti, loro hanno messo l’etichetta Doc sul Chianti. Il nostro made in Italy? Ma dove è? C’è chi va in Tunisia o altrove e poi torna qui per fare il lavoro finito, mette un’etichetta, ma non è vero made in Italy». Castelli e Ferrero continuano a becchettarsi su chi abbia la responsabilità della situazione drammatica dei distretti come Prato (se sia colpa del “buonismo” di sinistra verso l’immigrazione clandestina o dell’inefficacia delle azioni del centrodestra per contrastare evasione e lavoro nero), a Prato si continua a restare attaccati a questioni più concrete. Il presidente regionale dei tessili di Confartigianato, Andrea Belli, spiega le richieste del distretto, degli artigiani in particolare: «Ammortizzatori sociali estesi a tutti, compresi apprendisti e precari. Alle banche, visto che il casino l’hanno creato loro, chiediamo una moratoria dei debiti, congelare i mutui e spostare i leasing di un anno». Un operaio particolarmente battagliero, Pierluigi Ciofi, incalza i politici: «Perché si salva solo la grande impresa e non la piccola che rappresenta il 95%? Chi siamo noi, figli di nessuno? Noi a Prato abbiamo sempre pagato le tasse, perché non intervenite anche per noi?». Chiude alla grande il solito Mari: «Se a Prato non arrivano finanziamenti immediati per gli ammortizzatori sociali dei lavoratori se non arrivano finanziamente per il settore Prato muore, il tessile muore. Ve la prendete voi questa responsabilità?». Già, chi se la prende questa responsabilità? Per ora al distretto arriva la solidarietà di Santoro e del vignettista pistoiese Vauro. Non è un granché, ma forse questa serata smuoverà qualcosa. Speriamo.


da il Tirreno del 20/03/09
In tv il grido: “ Prato non deve chiudere”

La diretta di «Annozero» ha lasciato però poco spazio alla crisi
Il programma di Santoro ha concentrato l’attenzione sul fenomeno del lavoro nero e dell’illegalità presenti nelle aziende cinesi
PRATO. Di “Annozero” resteranno impresse le prime immagini girate a Prato: i volti e le lacrime degli operai che hanno perso il lavoro, di quelli che temono di perderlo. Questa è la città che oggi è in ginocchio, messa in crisi dalla concorrenza del colosso Cina, dall’assenza di regole, dalla mancanza di aiuto dello Stato e dalle banche che hanno chiuso improvvisamente i rubinetti. Il resto della trasmissione condotta da Michele Santoro si è rivelata un’occasione mancata: gli esponenti politici, gli industriali, gli artigiani, gli operai, presenti nella Rifinizione S. Stefano attorno alla bandiera con la scritta “Prato non deve chiudere” hanno avuto scarso spazio per spiegare le vere ragioni della crisi e per avanzare, a nome di tutto il distretto tessile, la richiesta d’aiuto.
Forse dietro c’è stato uno spiacevole equivoco: la trasmissione aveva come tema centrale non la crisi di Prato ma il lavoro nero. Ed ecco quindi che le telecamere di “Annozero” si sono messe a girare dentro e fuori i capannoni cinesi a caccia di clandestini insieme alla Guardia di Finanza, o nelle ditte di Pronto Moda del Macrolotto alla scoperta di quel fenomeno che ormai tutti conoscono: il pellegrinaggio da mezza Europa per fare acquisti a prezzi stracciati di pantaloni, camicette, magliette e abiti. E poco importava soffermarsi sul fatto che, come ha spiegato la giornalista Silvia Pieraccini del “Sole 24 ore”, le ditte cinesi di Prato non sono la causa diretta della mancanza di lavoro delle aziende pratesi.
Pochi i flash sulle vicende strettamente legati all’agonia che le fabbriche tessili stanno vivendo. Ci ha provato all’inizio il giornalista Ruotolo, avvisando di come la produzione della Rifinizione S. Stefano si sia ridotta da 18 milioni di pezze l’anno ai 6 previsti per il 2009, ci ha provato lo stesso titolare, Renato Cecchi, parlando di “canna del gas”, accusando i governanti “di averci venduto alle lobbies del commercio” e ricordando come sia facile etichettare e vendere un prodotto come made in Italy.
Ma è stato il lavoro nero, insieme a tutto il folclore che ruota intorno alla presenza dei cinesi in città, a tenere banco. E di questo hanno argomentato, accapigliandosi a più riprese, il sottosegretario ai Trasporti Roberto Castelli della Lega Nord e Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione. Tanto che l’evento accolto con più partecipazione dagli spettatori presenti all’interno della Santo Stefano è stato quando Renato Cecchi ha commentato: «Vedere litigare i politici in tv è uno spettacolo degradante. Ai cassintegrati non resta che andare a bloccare i porti italiani da dove passa di tutto mentre da quelli cinesi non passa niente». La scarsa visibilità di Prato nella trasmissione ha suscitato una crescente insoddisfazione nella platea tanto che gli imprenditori Guazzini, Matteini, Cangioli, Pinori a un certo punto hanno suggerito al presidente della Provincia Massimo Logli, al presidente degli industriali Riccardo Marini e al segretario provinciale della Cgil, Manuele Marigolli, di andarsene. Il messaggio da Prato è arrivato a Roma e Santoro ha concesso la parola a Andrea Belli (Confartigianato) che si è ritagliato tre minuti per richiamare l’attenzione sue due richieste: gli ammortizzatori sociali (cassa integrazione) estesi a tutti e il congelamento per il 2009 di mutui e leasing. Applausi e urrà hanno accolto gli interventi di Orlando Mari (Fintes) e Pierluigi Ciofi (Milior) che hanno costretto gli ospiti in studio a tornare sull’emergenza occupazione: «Presto altri 1100 operai perderanno il posto. Lo Stato deve intervenire. Servono soldi, finanziamenti». E Ciofi: «La crisi finanziaria mondiale non c’entra nulla: è dal 2001 che nessuno fa niente per noi. Che a Prato non si vede una lira». E «Annozero» si chiude con la bandierona “Prato non deve chiudere” che scorre sopra le teste di operai e imprenditori, ancora una volta insieme.
Ilenia Reali Giovanni Ciattini

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