TANTI INTERESSI PRIVATI NON FANNO UNA CITTA'!

La mer, la fin...

domenica 15 marzo 2009

Prato. L'affaire Malaparte

Gonfienti sepolta e abbandonata, un sistema museale inesistente, e ora l'archivio Malaparte che, grazie alla "preziosa" opera del Comune e della Fondazione della Cassa di Risparmio - che forse, nelle vesti del suo presidente Cenni, un piccolo sforzo in più lo poteva pure fare, ma si sa che intorno ai musei poi circolano "brutte facce" come vicino ai ristoranti - finirà in quel di Milano.
Certo, ora c'è il ping pong delle responsabilità: la famiglia accusa il comune che accusa la famiglia che accusa il comune. Tanto per farci capire men di meno su quello che è successo.
Però, tanti indizi fanno prova, e la gestione del patrimonio culturale pratese, diciamo pure nelle ultime due legislature, è stata eufemisticamente carente. Certo, per tanti imprenditori pratesi, e per l'amministrazione comunale, era decisamente molto meno impegnativo, e apparentemente più redditizio, puntare su Interporti e cementificazioni varie...
MV


da la Nazione del 15/03/09
«Le istituzioni locali non avevano interesse»
Il nipote di Curzio che cura i ‘tesori’ di famiglia critica l’atteggiamento del Comune sull’archivio
di FRANCO RICCOMINI
LA QUERELLE sull’acquisizione dell’Archivio Malaparte dalla Biblioteca di via Senato di Milano presieduta dal senatore Marcello Dell’Utri, è sempre più calda e si arrichisce di prese di posizioni dei protagonisti e commenti all’indomani dell’anticipazione di «Toscana oggi».
Gli interventi, le spiegazioni, le levate di scudi non bastano a giustificare il fatto che Prato si sia lasciata sfuggire questo super archivio di un concittadino, simbolo di Prato nel mondo, che, insieme al Datini, è il personaggio più importante che abbia offerto la città, mandando all’aria anche progetti che nel tempo erano stati avanzati e che sono caduti nel nulla.
L’avvocato Nicolò Rositani, nipote di Malaparte e rappresentante degli eredi e della Fondazione esordisce con una frase che non lascia adito a dubbi, pur sottolineando che si tratta di una sua impressione: «Ho avuto la sensazione in questi ultimi tempi che a Prato non interessasse fino in fondo avere questo archivio visto che da un lungo periodo nessuno si era più fatto vivo per dare risposte concrete alle proposte che dovevano comunque essere discusse». E aggiunge: «Forse la attuale vendita ha tolto un pensiero all’amministrazione comunale»?.
E spiega: «Da oltre un anno abbiano cercato di trasferire l’archivio a Prato ma la risposta precisa non è mai arrivata e questo a mio avviso è abbastanza grave vista l’importanza del personaggio».
Rositani torna indietro anche alle ulitime manifestazioni che la città ha dedicato al grande Malaparte: «Mi aspettavo più entusiasmo nel passato, e non soltanto entusiasmo. Per il cinquantenario della morte di Malaparte è stato fatto un programma di manifestazioni che sono risultate più slogan politici che non eventi di qualità. Ora la scelta di affidare l’archivio ad una prestigiosa biblioteca qual’ è quella milanese non deve far gridare allo scandalo anche perché in parte motivata da queste considerazioni».
Ed afferma che sul «tavolo» della trattativa c’è anche il fatto che la fondazione milanese si impegna ogni anno ad allestire una iniziativa sulla figura di Malaparte: «E’ stato questo un elemento dirompente – dice Rositani – oltre al fatto che la mamma di Malaparte era milanese e che io opero a Milano con uno studio che si occupa dei diritti d’autore».
Una città, Milano che è al centro di un movimento editoriale che farà grande Malaparte: la casa editrice Adelphi di Colasso, infatti, ripubblicherà i testi malapartiani per la rivalutazione del personaggio ( e intanto in Francia Malaparte risulta l’autore più importante del Novecento).
E per quanto riguarda il valore dell’archivio e le perizie c’è da considerare che nel 2007 il professor Franco Contorbia dell’Università di Genova che aveva avuto l’incarico di valutare l’eredità malapartiana, l’aveva attestata sui 400/500mila euro, mentre Philipe D’Averio, incaricato dalla famiglia, parlava di 700mila euro. Come è noto c’era stata anche una base di accordo con un imprenditore pratese (rimasto anonimo) ma la trattativa era naufragata, probabilmente per l’alta cifra in palio.
Certo va tenuta presente la soggettività del valore economico di un così vasto ed eterogeneo materiale. In ultima analisi, secondo Rositani, non ci sono state da parte del Comune di Prato proposte concrete. E Prato ha perso per sempre un archivio che, oltre tutto, avrebbe richiamato studiosi e studenti da tutto il mondo.
E fra le tante considerazioni su questo «infelice» evento per la città, anche la voce di Umberto Mannucci, presidente dei Bibliofili e storico cittadino che si rammarica del trasferimento dell’archivio a Milano che taglia le gambe al Centro studi malapartiano già progettato e non del tutto abbandonato: «Il fatto sebbene spiacevole - sottolinea - non deve scoraggiare le istituzioni culturali cittadine circa la possibilità di valorizzare in loco la figura e le opere del grande scrittore pratese».
E ora vediamo in dettaglio che cosa ha perso Prato in numeri: dattiloscritti e corrispondenza dai primi del Novecento alla morte dello scrittore, riproduzioni fotografiche, sette volumi raccolti dalla sorella Edda con 500 pagine di lavoro, cartelle , lettere materiali originali. Oltre all’orgoglio di rimanere depositaria (e sarebbe stato più che giusto) dell’eredità dello scrittore. Per ricambiare quello stesso orgoglio che Malaparte aveva di essere pratese.

Ma la giunta contrattacca: «La proposta? Vera e articolata»

SULL’EREDITÀ dell’archivio malapartiano la campana, da Prato, suona in maniera diversa: l’assessore alla cultura Andrea Mazzoni, in rapporto alle considerazioni di Rositani, si affretta a dichiarare: «Al rappresentante degli eredi la proposta di acquisto dell’archivio è stata presentata durante un incontro nel mio ufficio, frutto di un percorso messo assieme alla Fondazione Cassa di Risparmio che, oltre all’offerta, prevedeva un vastissimo spettro di iniziative e di impegni volti alla valorizzazione culturale del fondo nella nuova Biblioteca Lazzerini. Erano presenti anche Fabrizio Fabrini segretario della Fondazione della Cassa. Filippo Foti, dirigente del Comune, e Franco Neri, direttore della Lazzerini i quali possono confermare che l’avvocato Rositani disse che entro 15/20 giorni avremmo ricevuto la risposta alla nostra offerta: giusto il tempo di valutare tutto con i familiari». E qui Andrea Mazzoni si inalbera: «La totale assenza di risposta non ha significato solo mancanza di considerazione, ma ha rappresentato un segnale inequivocabile di non interesse. E’ legittimo e comprensibile che le motivazioni economiche possano prevalere in chi vende qualcosa, ma per favore non si cerchino diversivi per nascondere ciò!». E la conferma arriva anche dal sindaco Marco Romagnoli che poco tempo fa aveva scritto al ministro Bondi chiedendo che «lo Stato intervenisse per non far perdere a Prato questa importante occasione».
E nel coro delle voci su questo evento, quella autorevole di Massimo Luconi, ex assessore alla cultura che durante il suo mandato aveva avanzato il progetto di istituire il Centro Studi Malaparte individuando la sede nella villa Fiorelli di Galceti simbolicamente situata proprio sotto la collina dello Spazzavento. Anche lui è addolorato della perdita rammaricandosi anche che il suo progetto si era arrestato per la fine del suo mandata. Ed aggiunge: «La cifra dell’offerta non era lontana da quella richiesta, bisognava forse far pesare che il Comune non è una fondazione privata e quindi avere una maggiore sensibilità a questo riguardo. Probabilmente c’è stata una incomprensione fra gli eredi e il Comune di Prato».
Il capitolo della trattativa ormai è chiuso e tra qualche giorno l’archivio prenderà la via di Milano, ma probabilmente non si è conclusa la polemica. E rimane l’amaro in bocca per questa mancata acquisizione che priva la città di un pezzo importante della propria storia.

da il Tirreno del 15/03/09
Il presidente della Fondazione CariPrato, Roberto Cenni

«Venduto a 700mila ma gli eredi ci avevano chiesto 2 milioni»

PRATO. Roberto Cenni, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Prato e candidato sindaco del Pdl, esprime un grande rammarico per l’acquisto sfumato dell’archivio di Curzio Malaparte, ma è anche convinto che tutte le strade possibili per portare il patrimonio di documenti dello scrittore a Prato siano state percorse.
«Non c’è niente da recriminare. Il segretario della Fondazione, Fabrizio Fabrini e l’assessore alla cultura Andrea Mazzoni - spiega Cenni - si sono impegnati a fondo senza però riuscire a superare la resistenza degli eredi. Oggi la distanza fra l’offerta del Comune, i 450mila euro della stima peritale, e il prezzo di vendita alla Biblioteca di via dello Statuto (700mila euro), appare minima, ma così non era due anni fa. La famiglia all’inizio chiese 2 milioni di euro, una cifra esorbitante. Il Comune aveva messo sul piatto della bilancia, oltre alla parte economica, anche l’impegno di valorizzare al massimo l’archivio, attraverso la creazione di un Centro studi, ma a quanto pare non se ne è tenuto conto».
Roberto Cenni non depone del tutto le speranze. «Malaparte è pratese, è sepolto qui, le sue opere parlano della nostra città - continua Cenni - dobbiamo trovare il modo di collaborare con la Fondazione della Biblioteca di via del Senato per non spezzare questo cordone ombelicale».
G.C.


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