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La mer, la fin...

domenica 15 marzo 2009

Crisi di Prato, crisi delle coscienze

da il Tirreno del 15/03/09
Un buco nero corrode le coscienze e ingoia la città

I valori etici stanno soccombendo, sostituiti da disvalori

Un grande buco nero pare stia ingoiando Prato e la sua effimera, quanto fastosa e apparentemente inossidabile epopea post-industriale moderna, piegando l’orgoglio della città a chiedere doveroso sostegno alla Stato, da intendersi come parziale e temporanea restituzione di ciò che l’operoso e fedele fare della città e del suo distretto ha dato alla nazione.
Corsi e ricorsi della storia per una città che si vuole ineluttabilmente destinata a scendere improvvisamente la scala, proprio quando la meta del podio finale appariva ormai raggiunta. La sindrome del Sacco di Prato, ecco che torna e si fa sentire. Ma c’è una differenza col passato perchè l’aiuto che in piazza s’invoca per la città, pare venire meno proprio all’interno di questa e, come è capitato nel passato, da quello più remoto a quello storico di mezzo millennio fa, fa sentire dolorosamente il proprio velenoso morso.
Più che l’illegalità e la globalizzazione, un’inarrestabile emorragia interna sta falcidiando le potenzialità del nostro territorio, producendo spaccature e crepe: i valori etici nel sociale, nell’economica e nella cultura, punti di forza della nostra identità, sono sostituiti da replicanti vuoti, piuttosto disvalori mossi dal parassitismo, da affarismo e opportunismo, alimentati da spauracchi, più o meno sbandierati, che minano la sopravvivenza dei capitali accumulati, oggi non disponibili per il bene comune, capitali oggi usati per ripianare la dissennata conduzione finanziaria delle risorse alla ricerca dell’affare del secolo.
Fu il dittatore Lucio Cornelio Silla a metter fine alla gloria dell’etrusca Bisentia, rea di non omologarsi alla visione imperialistica, piegandone le aspirazioni di universalità, ancora vive nella moritura immagine della civiltà etrusca che pure aveva fatto grande l’Occidente.
Quindici secoli per rinascere, dal robusto virgulto medievale con un ritrovato senso civico, “comunitativo” nel vero senso lessicale, condiviso in una città vocata al lavoro, per poi, in un sol giorno, soccombere di nuovo, stroncata dall’assolutismo mediceo e dall’oligarchia che, tradendo la missione annunciata, fece Sacco di Prato e della sua visione libertaria dell’operare.
La crisi della Prato di oggi appare, diversamente da ieri, soprattutto figlia di un diverso e reiterato disincanto o abbandono che, in primo luogo, corrode le coscienze e alza muri di gomma verso chi si oppone all’inganno di un welfare diffuso che non può esistere nelle forme edulcorate della pubblicità, mortificando le aspettative di chi invece vorrebbe prendere le distanze dall’effimero e dall’edonismo che condiziona le menti e distrugge l’ambiente, bruciando gli entusiasmi giovanili di chi idealmente punta ancora sulla storia e sulla cultura per risalire la china, per non farsi risucchiare dal grande buco nero che ormai sta sotto i nostri piedi.
Giuseppe Centauro

1 commento:

Anonimo ha detto...

Io ho abbandonato Prato tanto tanto anni fa, e questo vuoto lo vedevo gia da ragazzo quando ancora no vi era questa crisi, ma solo segnali, ma ha distanza di anni ora provo compassione e pena per quella citta', il paese puo' uscire con sacrificio da questa crisi, ma per prato la partita e' chiusa, e forse e' meglio cosi' l'attuale presidente della regione se non sbaglio era sindaco di quella citta lui ha delle responsabilita politiche, con il rischio che ora imponga il modello fallimentare di prato ad una intera regione. Il ridimensionamento di quello che era il distretto industriale pratese e' inevitabile e ripeto forse e' un bene, a lungo termine anche per i suoi abitanti. dipendera se qualcuno avra' la forza e il sostegno di creare uno sviluppo diverso, e magari in un settore diverso. Buona Fortuna Prato, io ti ho lasciata tanti anni fa, mi avevi fatto troppo arrabbiare. Ora ho altri doveri e un impero da costruire.

Un ex cittadino di Prato