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La mer, la fin...

mercoledì 4 marzo 2009

Prato. L'UIP invita a non far confusione

Potremmo dire tranquillamente che, pù dei commentatori dei media nazionali, chi ha "fatto confusione", volontariamente, sulle cause della crisi è stato il senatore Gasparri. Ma la presa di posizione dell'Unione Industriali è di quelle memorabili: la crisi del tessile pratese non dipende dai cinesi!
Finalmente parole chiare... e pure, incredibile dictu, condivisibili!
MV

Prato, la crisi ed i cinesi: molta confusione che rischia di compromettere il messaggio della città.
“L’Unione Industriale Pratese è molto soddisfatta dell’esito della mobilitazione di sabato scorso. Ora siamo in attesa di risposte: da Regione e Governo nazionale aspettiamo riscontri puntuali a quanto abbiamo chiesto. Confidiamo che qualche segnale non tarderà troppo: diversamente, sarebbe uno schiaffo al distretto dalle conseguenze disastrose.
Intanto però riscontriamo che taluni commentatori dei media nazionali, poco pratici di questioni pratesi, hanno in buona fede contribuito a generare confusione circa le cause della crisi. E' stato fatto in qualche caso un mix improprio fra la crisi del distretto e l'illegalità della Chinatown: risultato, la tesi che i problemi del tessile pratese nascerebbero dalla concorrenza sleale delle imprese cinesi del territorio.
Non dobbiamo far passare questo messaggio, che è sbagliato e fuorviante. Né io né l’associazione che presiedo siamo sospetti di disattenzione rispetto al problema dell’illegalità diffusa nelle aziende cinesi del distretto: lanciavamo allarmi quando eravamo quasi i soli a farlo. E continuiamo ancor oggi a dire, con fermezza, che l’illegalità imperante fra le imprese cinesi di Prato va combattuta con la massima determinazione. Occorre farlo per ragioni economiche e sociali, per non sviluppare derive generalizzate prodotte dal virus del cattivo esempio e, non ultimo, per disinnescare meccanismi di intolleranza che si alimentano del malumore di chi percepisce un “doppio regime” di vigilanza su cinesi e italiani. Tutto questo rimane per l’Unione una priorità assoluta, l’unica strada per giungere ad una reale integrazione economica e sociale di questa come di altre comunità di immigrati.
Però non dobbiamo permettere che si diffonda l’idea che il tessile di Prato è in crisi a causa della concorrenza delle confezioni cinesi del distretto. Le imprese di confezione non possono fare concorrenza a loro potenziali subfornitori di prodotti tessili. Chi sa come funziona la filiera del tessile-abbigliamento comprende bene questi concetti. Per le imprese tessili di Prato le confezioni cinesi non sono una minaccia. Potrebbero in teoria essere un’opportunità: ma non saranno nemmeno questo finché non si avrà una diffusa emersione dall’illegalità.
La crisi nasce da altro: dalla concorrenza del tessile di paesi terzi, soprattutto di quello prodotto in Cina, lo stesso che rifornisce le confezioni cinesi di Prato e di gran parte del mondo praticando una concorrenza resa sleale dagli aiuti di stato e dal dumping sociale, ambientale e valutario; da un’Europa che non ha voluto difendere il suo manifatturiero e che ha immolato sull’ara degli interessi degli importatori la reciprocità di accesso ai mercati e la trasparenza verso i consumatori, tanto che perfino una misura di civiltà come l’etichettatura di origine stenta ad essere introdotta; da profondi mutamenti dei mercati; da inefficienze e aggravi del sistema Italia, tanto più perniciosi per aziende con le caratteristiche di quelle pratesi; da complesse dinamiche interne alla filiera globalizzata, che hanno condotto ad una penalizzazione dei produttori di semilavorati rispetto a chi confeziona e distribuisce; anche da fattori endogeni, quali una non sufficiente disponibilità a rivedere modelli e asset aziendali che talora si riscontra nelle imprese pratesi; infine, da questa crisi mondiale che si è abbattuta come un flagello su un distretto che stava già affrontando con fatica una difficile riorganizzazione.
Per questo Prato chiede ammortizzatori sociali e accesso al credito, oltre che interventi sul piano fiscale. Come Unione chiediamo anche, con forza, che si lavori per la regolarizzazione delle imprese cinesi, ma per motivi che non c’entrano direttamente con la crisi. Non confondiamo i due piani, pena l’incomprensibilità del messaggio che vogliamo dare.”

Riccardo Marini, Presidente Unione Industriale Pratese

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