Perché il vero dato - ed è una questione che chi segue le questioni migratorie sa benissimo che si trascina da anni ed è "connaturata" alla clandestinità - è la difficoltà di procedere alle identificazioni in accordo con i presunti paesi di origine dell'immigrato. Essendo infatti spesso sprovvisti di documento, l'espulsione verso il paese di origine - in quanto non si può semplicemente "mandarli" fuori dai confini - è ostacolato dalle stesse autorità consolari, che ovviamente non possono riconoscere immediatamente come loro cittadino una persona senza un documento che lo comprovi. Il ché produce una serie di "lungaggini" burocratico-diplomatiche che rendono inutile il "fermo" nei CPT/CIE.
Nei fatti, quindi, se il governo si impegnasse di più nella costruzione di quegli accordi bilaterali che permetterebbero una migliore gestione della situazione, e un po' meno nell'improvvisazione di provvedimenti di facciata ma di poca sostanza, molto probabilmente cadrebbe anche la necessità di avere dei centri di detenzione (perché altro non sono) a cielo aperto!
MV
da la NAzione del 15/03/09
1300 clandestini, solo 22 a casa
Come si arena la pressante e costante opera di identificazione della polizia
I NUMERI sono importanti perché, si dice, parlano da soli. Per farlo devono essere veritieri: ecco perché la questura ieri ha voluto presentare, nel corso di una conferenza stampa, il suo «bilancio» in materia di immigrazione. Sono infatti 1332, gli extracomunitari clandestini individuati nel corso del 2008 a Prato e non poco più di novecento come riferito dal sottosegretario Alfredo Mantovano la scorsa settimana in consiglio comunale. Non c’è evidentemente intento polemico nella sottolineatura voluta da via Migliore di Cino, anche perché, come precisato dal questore Domenico Savi (nella foto), «le quattrocento unità in più non spostano né contraddicono il senso delle valutazioni complessive effettuate dal sottosegretario Mantovano». Ovvero, innanzitutto, la necessità per la Toscana di avere un suo centro di identificazione ed espulsione. Semmai i quattrocento irregolari in più potrebbero rafforzare questa conclusione, tanto più che a fronte dei 1332 provvedimenti presi lo scorso anno, gli accompagnamenti alla frontiera sono stati 22, mentre 876 sono stati gli ordini del questore, 42 i provvedimenti di trasferimento nei Cie, 41 le intimazioni a lasciare il territorio italiano per omesso rinnovo dei permessi di soggiorno nel periodo prescritto, 352 i decreti di espulsione firmati dal prefetto Eleonora Maffei e non eseguiti appunto per mancanza di posti liberi nei centri o di nullaosta da parte dell’autorità giudiziaria. «Tutto il nostro lavoro di identificazione è finalizzato all’allontanamento degli irregolari — ha precisato il questore — Senza posti disponibili nelle strutture per immigrati, questo discorso va a cadere. Un esempio? Pochi giorni fa non abbiamo trovato posto per i 10-12 transessuali controllati la sera precedente: di solito li indirizziamo su Milano ma il centro stavolta era in ristrutturazione».
Lavoro sprecato? Non proprio: le identificazioni creano comunque delle «quasi-certezze» che nell’aleatorio mondo dell’immigrazione extracomunitaria prima o poi torna utile. Allo stesso modo però non risulta verificata l’equazione «più Cie, più espulsioni effettive». Fra il fermo di un clandestino e il suo ritorno effettivo in patria c’è quasi sempre di mezzo la necessità di un’identità certa e di un accordo bilaterale con il Paese di provenienza. Condizioni necessarie e non scontate. Attualmente — dicono gli addetti ai lavori — avviene solo con l’Albania e la sua compagnia aerea. «Era così anche con la Romania, prima che entrasse nell’Unione Europea — ha aggiunto il questore — E difatti proprio quest’ultimo cambiamento ha determinato il calo sensibile delle espulsioni coattive. Resta però il fatto che Prato da sola assorbe il 35 per cento dell’attività espulsiva regionale e che effettua circa il doppio degli allontanamenti dal territorio italiano rispetto a Firenze: sono dati riportati nella relazione della conferenza dei prefetti della Toscana».
Dei ventidue espulsi dello scorso anno, solo due erano cittadini cinesi (a fronte di quasi 780 ordini del questore) e altrettanti i marocchini. Tutti gli altri erano albanesi e, pochi, brasiliani. Il problema si amplifica quando gli stranieri irregolari hanno precedenti penali. «Da tempo abbiamo intrapreso la strada di tentare di arrivare ad identificazione e provenienza certa dei detenuti che si avvicinano alla scarcerazione, in modo da allontanarli subito — ha confermato la dirigente dell’ufficio immigrazione, vicequestore Lina Iervasi — Già tre mesi prima che escano dalla prigione avviamo questa procedura e spesso non è sufficiente. Gli Stati del Maghreb hanno tempi di risposta molto lenti. Anche con la Cina la tempistica è lunghissima». Come dimostrano i due soli espulsi del 2008. Con queste premesse, potrebbe non essere sufficiente nemmeno il prolungamento della permanenza nei Cie fino a 180 giorni, come previsto dal pacchetto sicurezza. Tanto più che il trend 2009 non si annuncia per niente positivo. A ieri mattina erano 283 i provvedimenti presi dall’inizio dell’anno nei confronti di extracomunitari irregolari: 174 ordini del questore, nove provvedimenti di espulsione con trasferimento negli appositi centri, due allontanamenti coattivi, sette intimazioni a lasciare l’Italia entro 15 giorni e 87 decreti firmati dal prefetto e rimqsti senza provvedimento esecutivo per mancanza di posti nei Cie o di nullaosta della procura.
Il governo ha promesso una struttura entro alcuni mesi, ma la speranza è che cambi qualcosa a livello internazionale. «E’ importante l’operato della diplomazia, di chi lavora sui trattati internazionali», conferma il questore. In questa ottica l’ufficio immigrazione pratese ha avviato da tempo rapporti sempre più stretti con le autorità consolari. «Non solo per i clandestini — ha specificato il vicequestore Iervasi — Gli stranieri regolari in città sono circa 25mila». E difatti sono allo studio vari progetti per migliorare il rapporto con loro. Un esempio? Al massimo fra un paio di mesi, il posto polifunzionale di via Puccini avrà una sua postazione, oltre alla presenza di mediatori culturali e interpreti, per l’acquisizione delle pratiche per i permessi di soggiorno.
laura gianni
da il Tirreno del 15/03/09
Espellere i clandestini è un’impresa
Le cifre della Questura: 22 accompagnamenti su 1.332 pratiche
Difficile identificarli e i consolati stranieri non collaborano: solo due cinesi sono stati messi sui voli per Pechino nel corso del 2008
PRATO. Per misurare la distanza tra la lettera della legge Bossi Fini e i suoi effetti pratici conviene riflettere sui numeri snocciolati ieri dal questore Domenico Savi e relativi all’attività dell’Ufficio immigrazione nel 2008 e nei primi due mesi e mezzo del 2009. Una cifra in particolare: a fronte di 1.332 pratiche di espulsione trattate dall’ufficio nel 2008, gli stranieri clandestini effettivamente espulsi sono stati 22. Di questi, due terzi sono albanesi e appena due cinesi. Tutti gli altri sono rimasti a Prato perché non è stato possibile identificarli compiutamente e i loro paesi non li riconoscono come connazionali.
L’occasione per fare il punto sulle pratiche di espulsione della Questura sono state le affermazioni fatte la scorsa settimana in consiglio comunale dal sottosegretario agli Interni Alfredo Mantovano, che aveva parlato di 930 clandestini rintracciati e 22 espulsi, facendo notare che nel 2006 erano stati trovati meno clandestini (586), ma di questi ne erano stati effettivamente espulsi di più (74). «Senza voler far polemica - ha spiegato il questore Savi - questo si spiega col fatto che la Romania è entrata nell’Unione europea. In precedenza venivano portati alla frontiera molti rumeni perché c’è un accordo con quel paese e l’espulsione effettiva era più facile». La differenza tra i 980 clandestini citati dal sottosegretario e le 1.332 pratiche che risultano alla polizia (il 35% di tutte quelle gestite in Toscana) è dovuta al fatto che Mantovano ha omesso di citare tutti i provvedimenti di espulsione non eseguiti perché manca il nulla osta. Anche se la sostanza non cambia. Anzi, è ancora minore la percentuale di quelli effettivamente espulsi.
I motivi sono ben conosciuti dagli addetti ai lavori. Il caso più ricorrente è il clandestino cinese che viene trovato senza documenti (e si guarda bene dall’esibirli). Fino all’anno scorso poteva essere mandato in un Centro di permanenza temporanea dove poteva restare non più di due mesi, trascorsi i quali senza che fosse identificato, veniva rimesso in libertà con l’intimazione a lasciare l’Italia entro 5 giorni. In realtà quasi tutti i clandestini venivano semplicemente intimati per mancanza di posti nei Cpt. Ora nei Centri di identificazione ed espulsione i clandestini possono stare fino a sei mesi, ma il problema della scarsità di posti è uguale a prima, così come la difficoltà di identificarli compiutamente. Non basta. Il vice questore Lina Iervasi, dirigente dell’Ufficio immigrazione, conferma che i rapporti con i consolati di Cina, Tunisia, Algeria e Marocco sono freddini, per usare un eufemismo. Nel senso che difficilmente le autorità consolari riconoscono i clandestini come propri connazionali. Se manca il loro nulla osta l’espulsione diventa impossibile. E così nella maggioranza dei casi ai clandestini vengono consegnati Ordini del questore a lasciare il paese entro 5 giorni (nel 2008 sono stati 876, quasi sempre disattesi), oppure un decreto di espulsione del prefetto, non eseguito per mancanza di posti nei Cie o di nulla osta delle autorità consolari (352 nel 2008). Solo 42 stranieri sono stati accompagnati ai Cie e 41 sono stati intimati a lasciare l’Italia entro 15 giorni perché non avevano rinnovato in tempo utile il permesso di soggiorno.
Attualmente la priorità nelle espulsioni viene data ai detenuti prossimi alla scarcerazione. L’Ufficio immigrazione si muove tre mesi prima dell’uscita dal carcere, ma spesso la non collaborazione dei consolati rende tutto inutile. I tempi di rilascio dei permessi a chi soggiorna regolarmente (attualmente gli stranieri sono 25.000) sarebbero anche veloci, se non ci fosse un “imbuto” a Roma che li fa lievitare fino a 6 mesi.
Il questore Savi ha parlato anche dei tagli alle dotazioni delle forze dell’ordine. «Che ci siano meno soldi l’ha detto anche il sottosegretario - dice Savi - ma è un trend che va avanti da alcuni anni. E’ fatale che generi sofferenze, però ho ricevuto la promessa di avere un incremento di mezzi».
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