TANTI INTERESSI PRIVATI NON FANNO UNA CITTA'!

La mer, la fin...

sabato 14 marzo 2009

Prato verso le amministrative. La parola a Cenni...

Cenni vuole far vincere Prato? beh... potrebbe iniziare riportando a Prato (a Prato!) quel settantacinque per cento della produzione che realizza all'estero- Una domanda che il caporedattore de La Nazione, Luigi Caroppo, avrebbe forse dovuto fargli!
Poi, si parte con la fiera delle banalità..."non bisogna dividersi" (e allora che ti candidi a fare per una parte politica???), "quando esco dal ristorante non so cosa devo aspettarmi. vedo delle facce brutte" (le abbiamo viste anche noi... durante le ronde leghiste...), "cosa ci sta a fare la nostra Europa se non riesce ad affrontare problemi veri" (veramente questo non sa di che cosa sta straparlando!!!). Poi, ovviamente, l'immigrazione letto solo come "problema", con la chicca che "non sparisce da solo" e che bisogna "circoscriverlo"... Non osiamo chiedere come, avesse ad arrivare una risposta!
Qui abbiamo di fronte uno "statista" coi fiocchi... Incluse alcune raffinatezze linguistiche... "Battaglia nel senso di sterzata"... ??? ... Vogliamo aprire un dizionario, please? ecco quindi "battaglia" e "sterzata"!
Mala tempora currunt!

Il Sorcio Verde
per Municipio Verde

da la Nazione del 14/03/09
Cenni: «Io voglio far vincere Prato»

Nostra intervista a mister Sasch: ecco perchè ho deciso di scendere in campo
di LUIGI CAROPPO
TRASVERSALE e bipartisan in nome dell’impegno per la città; imprenditore di successo che vuole incontrare, tra i primi interlocutori della sua campagna elettorale, operai e sindacati; sollecitato dall’emergenza che vive la città e il distretto, ma con la volontà di lasciare traccia nella Prato del 2020. Slogan preferito «Prato da cambiare», riferimento principale del suo impegno «la società civile» a cui vuol prestare il suo fare impresa con la logica dell’efficienza.
Roberto Cenni racconta a «La Nazione» la sua filosofia che sta dietro l’impegno di scendere in campo per la corsa a sindaco: ne viene fuori un ritratto di una persona decisa, svincolato dalle briglie degli schemi tradizionali dei partiti («se qualcuno mi vuole dare una mano è bene accetto qualsiasi sia la sua appartenenza»), innamorato della sua città («la Fondazione Cariprato è stata un’esperienza importantissima») tanto da dire che alla fine di giugno sarebbe contento se dalla sfida elettorale, comunque vada, «vinca Prato».
«Io con la mia decisione mi metto al servizio della città. Certo che si tratta di una competizione, ma è riduttivo vedere la mia scelta come sfida a Carlesi o a Milone o parlare di vittoria del centrodestra nella roccaforte rossa o dopo sessant’anni di predominio a sinistra. Ecco vorrei far capire in primo luogo questo: io che non ho implicazioni politiche, io che guido un’azienda voglio capire come posso dare una mano al mio Comune, visto come macchina organizzativa e decisionale».
Si vuole sganciare quindi da schemi tradizionali, da appartenenze definite e si presenta principalmente come Roberto Cenni?
«Parto da questa considerazione: la gente di Prato, sia che sia di destra che di sinistra, ha grandi qualità, lo dimostra la nostra storia. Ho stima di tante persone di sinistra: penso al sindacato, al sociale tanto per fare degli esempi. Ho l’imbarazzo di imbarazzarli, però li chiamerei con me».
Una visione nuova che mette da parte il potere fino a se stesso e occupazione di poltrone.
«Io non sono di quelli che se un giorno sono chiamato a guidare l’amministrazione dico via tutti quelli che ci sono e metto i miei. Anche perché sono convinto che anche adesso ci sono persone di valore nelle amministrazioni che fanno bene il loro compito».
Quindi se si parla di battaglia per la corsa a sindaco si sbaglia?
«Battaglia nel senso di sterzata sì, ecco io la vedo così. Ma nel nome del bene della città. Sarei contento se dal confronto con Carlesi e gli altri candidati ci fosse un risultato».
Cioè?
«Che si aprissero squarci nel buco nero che opprime la città, che si minasse la cappa che preme sul nostro territorio».
Prato subisce ormai da anni le conseguenze della crisi e sta perdendo identità. Che ne pensa?
«E’ vero. Perciò bisogna operare per far fronte da una parte all’emergenza e dall’altra pensare anche alla città del futuro. Cosa sarà di Prato tra 20 anni. Fin da adesso bisogna confrontarsi con la gente di Prato su realtà e futuro e non vedere ciò come scontro tra destra e sinistra. Sarebbe riduttivo e non si farebbe il bene della città che ha bisogno di riscoprirsi, ritrovare il vecchio spirito, non di dividersi. Bisogna pensare alla società, dare risposte ai bisogni: per questo ripeto che bisogna far vincere la città prima che Cenni o Carlesi».
La sua scelta di candidarsi non è stata immediata. Quali sono stati i fattori che l’hanno spinta dopo un iniziale rifiuto?
«Ho visto ottomila persone sfilare. Mi sono detto che avevano bisogno di essere ascoltate e mi sono sentito chiamato in causa come possibile interlocuore col governo. Sono stato sensibilizzato anche dall’incontro in Camera di commercio con le parti sociali, gli imprenditori, le associazioni di categoria e il governatore Martini. Mi è rimasto impresso il discorso di Marigolli che parlò della possibilità di avere su Prato altri 1200 cassintegrati o disoccupati in base all’arrivo o meno di finanziamenti. Poi ho scoperto che l’Unione europea dava risorse, ma solo per la formazione. Ho pensato: cosa ci sta a fare la nostra Europa se non riesce ad affrontare problemi immediati, veri, sulla pelle della gente?».
Convinto e sicuro quindi di quello che ha fatto.
«Diciamo di sì. Ho tacitato le mie crisi di coscienza, ma in azienda e famiglia non hanno preso tanto bene questa decisione».
Che idea si è fatto della crisi.
«Non è che nel 1990 eravamo i migliori e dal 2000 siamo dei coglioni. Ci sono fattori esterni che hanno influito evidentemente. Ne dico solo uno: sono stati fatti accordi sui flussi di merci e non si è fatto niente sul fronte dei cambi.
Noi abbiamo la migliore manodopera, bravi tecnici e imprenditori che sanno fare il loro lavoro. Dobbiamo prendere coscienza della realtà ed avere la consapevolezza che il distretto dovrà cambiare. E sul progetto di cambiamento mi voglio confrontare con le associazioni di categorie, con i sindacati e anche con gli operai».
Problema sicurezza.
«C’è. Io stesso quando esco da un ristorante non so cosa devo aspettarmi. Vedo facce brutte. E so di tante donne che alle 19,30 scappano dal centro. Anche se è percezione bisogna intervenire».
Immigrazione.
«Un fenomeno sottovalutato, non c’è dubbio. Il problema non sparisce da solo, va però circoscritto con rigore e rispetto della legalità. Prato non ha bisogno di risposte urlate, ma di risposte istituzionali: va chiesto al governo di occuparsi del caso Prato».

1 commento:

Anonimo ha detto...

Invece Carlesi è un vero statista, basta guardare la viabilità pratese...