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La mer, la fin...

mercoledì 6 agosto 2008

Energia. Rinnovabili anche a destra.


Abbiamo tratto il seguente articolo dal sito del movimento ambientalista di destra "Fare Verde". mv



Notizia del 02-08-2008


In ritardo nello sviluppo delle fonti rinnovabili, l’Italia punti sul risparmio energetico ma anche sul nucleare per affrontare la crisi petrolifera e ridurre le emissioni di CO2. E’ questa, in estrema sintesi, la conclusione cui si giunge leggendo il Rapporto Energia e Ambiente 2007, pubblicato dall’ENEA, che sollecita maggiori investimenti e ricerca.
Il settore delle fonti d’energia rinnovabile (FER), secondo l’ENEA, può contribuire per il 23% alla riduzione, entro il 2020, delle emissioni di gas serra. L’Italia, tuttavia, è in ritardo, sia nella produzione di energia pulita (nel 2007 peraltro giunta ai minimi storici), sia nello sviluppo di tecnologia nel settore.
Il Rapporto sottolinea l’inadeguatezza dell’attuale sistema di promozione, fondato sui certificati verdi, con una quota d’obbligo che non tiene conto degli obiettivi nazionali di sviluppo delle fonti rinnovabili. Se non si arriva a nuovi e più efficaci strumenti di incentivazione, l’obiettivo di sviluppo delle rinnovabili fissato dal Ministero dello Sviluppo per il 2020 (100 TWh) sarà mancato del 30%. Eppure si tratta di un settore in enorme crescita, che nel 2007 ha registrato, a livello mondiale, oltre 148 miliardi di dollari di investimenti in più rispetto al 2006 (+ 60%). Il Rapporto denuncia anche i ritardi nella riqualificazione tecnologica e la scarsa competitività dell’Italia nel settore delle FER, a differenza di paesi come la Germania e la Danimarca, che grazie alle rinnovabili di seconda generazione (eolico e solare) hanno sviluppato tecnologia, fatturato e occupazione.
E’ comunque il settore dell’efficienza energetica quello che può dare i maggiori risultati nella riduzione delle emissioni di CO2. Il Rapporto dell’ENEA prevede una riduzione del 45% (scenario al 2020), soprattutto nei settori residenziale (14%) e dei servizi (11%), un po’ meno nell’industria e nei trasporti. Il miglioramento dell’efficienza negli usi finali consentirebbe inoltre un risparmio di 5 miliardi di euro all’anno sulla bolletta.
Ben più ridotto è invece l’apporto del nucleare, con un contributo alla riduzione dell’emissioni dell’appena il 6% nel 2020 e del 10% nel 2040.
In relazione al nucleare, il rapporto ne sposa la causa (alla cui costosa ricerca del resto l’ENEA partecipa). Ma lo studio stesso non riesce a nasconderne i punti critici. Intanto conferma che gli impianti non entreranno in funzione prima del 2020, contro le superficiali previsioni del Governo che parla di 7-8 anni: ancora 12 anni, quindi, nei quali bisognerà trovare altre soluzioni per ridurre le emissioni ed affrancarsi dal petrolio. La tecnologia utilizzata nel 2020, inoltre, sarà ancora quella dei reattori di cd. III generazione; per gli impianti di IV, di cui si promette una maggior efficienza e sicurezza, nonché la possibilità di recuperare le stesse scorie radioattive, i tempi sono ancora lunghi (almeno 25-35 anni), sempreché ne valga la pena: il rapporto evidenzia, infatti, la tendenza ad allungare la durata degli impianti (fino a 50/60 anni) anziché costruirne di nuovi, per realizzare il massimo beneficio dell’investimento.
Perplessità vengono anche sul fronte dei costi. Per quanto l’ENEA ne sostenga la convenienza, viene omessa qualunque indicazione sui costi del decommissioning (lo smantellamento degli impianti) e della costruzione del deposito permanente, di cui si riconosce però la criticità.
E’ allora il caso di ricordare che il deposito di Yucca Mountain, destinato a raccogliere le scorie prodotte negli Stati Uniti, è costato, solo per il progetto, 7 miliardi, ed altri 58 ne richiederebbe la sua realizzazione. In tema di costi, si rileva ancora come essi si abbattano a seguito dell’aumento del numero degli impianti (il che costituisce un chiaro incentivo alla proliferazione, anziché al contenimento).

Anche alla luce di tale confronto, appare una scelta sbagliata quella del ritorno al nucleare.
Si tratta di una tecnologia non solo rischiosa, ma dai tempi lunghi, dai costi alti e imprevedibili, comunque limitata nel tempo a causa della limitatezza delle riserve di uranio. E che potrà incidere solo limitatamente alla riduzione delle emissioni, pur assorbendo enormi costi nella ricerca e negli investimenti.
Il 45% di riduzione delle emissioni entro il 2020 ottenibile grazie all’incremento dell’efficienza energetica mostra invece la via prioritaria da seguire, su cui conviene concentrare i massimi sforzi in termini di ricerca, investimenti, contributi.

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