TANTI INTERESSI PRIVATI NON FANNO UNA CITTA'!

La mer, la fin...

mercoledì 29 ottobre 2008

Prato. Basta concorrenza sleale

Ci sono tanti modi di fare concorrenza sleale...
Altro che "comportamenti non sempre virtuosi"! Qui l'elenco sarebbe molto più lungo, e forse anche più cattivo, di quello fatto dai tre industriali pratesi...
MV

da la Nazione del 29/10/08
«Pratesi, basta concorrenza sleale»

Bellucci, Maselli e Cecchi puntano il dito su chi lavora «a rimessa»
di ROBERTO DAVIDE PAPINI

UNA CRISI dovuta a fattori esterni (la globalizzazione, il dollaro, la crisi finanziaria) o anche a limiti del distretto, errori, comportamenti non sempre virtuosi? Proprio mentre il distretto chiede aiuto per andare avanti, cresce il dibattito sulla concorrenza sleale all’interno del sistema produttivo pratese, sul “dumping” interno che mette in difficoltà tante realtà del tessile pratese, e sulla mancanza di un governo del distretto stesso. Un dibattito rilanciato dall’incontro organizzato lunedì da CariPrato con la presenza del Ct della nazionale italiana di calcio, Marcello Lippi.
«Qui tutti danno la colpa della crisi alla globalizzazione, ma il problema di Prato in realtà sono i pratesi stessi». Come sempe pirotecnico e diretto è Piero Bellucci, uno dei nomi storici del distretto pratese. I pratesi verso i quali Bellucci (nella foto in alto) polemizza «sono quelli che in questi ultimi anni hanno preso gli ordini a rimessa, a prezzi a volte addirittura sotto i costi industriali e poi quando vanno in crisi chiedono aiuti, ma andrebbero aiutate solo le aziende che lo meritano, che hanno la forza per salvarsi». Secondo Bellucci sono stati questi comportamenti a mettere in ginocchio il distretto o comunque ad accentuarne la crisi. «Tutto questo — continua l’imprenditore — perché manca una vera e propria governance del distretto, una guida da parte delle forze operative e produttive dell’economia pratese, ovvero industriali, artigiani, banche e Camera di commercio». Una governance che, secondo Bellucci, non è quella del tavolo di distretto con le istituzioni pubbliche: «No, che c’entrano Comune, Provincia, Regione? Io intendo un tavolo fatto da chi opera sul campo».
Secondo Bellucci, questa governance «dovrebbe dettare regole precise e mettere ai margini chi è scorretto, perché con questo continuo abbassamento dei prezzi si affossa il terzismo».

L’IDEA di una “governance”, ovvero di una guida che dia una linea al distretto, piace in via teorica anche a Mario Maselli, altra voce storica del tessile pratese, che alcuni mesi fa aveva sollevato il tema delle aziende decotte che vengono tenute in piedi dalle banche e che finiscono per danneggiare tutto il comparto produttivo pratese. Per Maselli, però, non è facile l’attuazione di regole e direttive. «È vero che il distretto non soffre solo per i problemi internazionali e congiunturali — dice il titolare della Emmetex — ma anche per comportamenti poco etici da parte di molte aziende che da tempo vendono a prezzi assurdi». Il problema, per Maselli, «è come determinare con certezza i comportamenti scorretti, quali siano i prezzi che possono rientrare sotto la fattispecie di concorrenza sleale, con una diversificazione produttiva come abbiamo nel distretto potrebbe non essere facile. Certo, qualcosa va fatta». Anche Maselli, quindi, auspica un intervento: «Non è più possibile andare avanti così, l’idea di Bellucci è buona, ma purtroppo è di difficile attuazione. Ci vorrebbe una forte volontà di tutti».

SULLA stessa linea anche Renato Cecchi, che in estate aveva “strigliato” il distretto invitando i vari spoggetti del tessile pratese a fare squadra. «Il problema — dice Cecchi — è che ci mangiamo a vicenda e io non capisco che senso abbia lavorare sotto costo, fare un sacco di debitio con le banche e poi chiudere. Che soddisfazione c’è? Credo anche io che gli aiuti non dovrebbero andare alle aziende decotte, ma a quelle sane». Anche Cecchi se la prende con «chi lavora a rimessa, ci vorrebbe dell’etica nelle persone, ci si dovrebbe vergognare, io da tempo dico certe cose ma mi pare di essere sempre inascoltato. Spero che l’intervento della politica possa in qualche modo correggere questa situazione». Poi una proposta: «Se un’azienda va in crisi perché ha lavorato sotto costo, dovrebbe essere chiamato a risponderne chi ci ha lavorato a tariffe assurde. Una corresponsabilità del committente, insomma».

Nessun commento: