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La mer, la fin...

sabato 27 dicembre 2008

Prato. Economia: la "filiera lunga"

Ma... non erano i cinesi quelli che, secondo una vulgata diffusa, rubavano il lavoro ai pratesi? E ora i pratesi vorrebbero rubare il lavoro ai cinesi?
Facezie a parte, certo che ci sono imprenditori pratesi che allungano la filiera... Peccato che l'allungamento avvenga spesso utilizzando façonisti con sede all'estero, quando non è la stessa azienda che apre degli impianti produttivi in contesti più vantaggiosi per costo del lavoro e tutele dei lavoratori (ovviamente vantaggiosi per le aziende, non per i lavoratori...).
Se non ricordiamo male, c'era proprio Marini nella famosa missione in Vietnam di qualche tempo fa... E le divise dei carabinieri i pratesi le faranno fare in Romania...
Meno male che almeno i cinesi vengono qui!
MV

da la Nazione del 27/12/08
Longo: «Filiera lunga anti-crisi» E il distretto imita i cinesi

di ROBERTO DAVIDE PAPINI
L’ANDAMENTO in netta controtendenza del tradizionale tessile pratese (che va male) rispetto a maglieria e abbigliamento (che vanno bene) fa certamente pensare a una possibile mutazione del distretto verso il tanto sospirato allungamento della filiera. Una soluzione anticipata dalle ditte cinesi e da alcune realtà importanti del “made in Prato” (a partire da Patrizia Pepe, per esempio) ma che adesso si sta allargando a un numero sempre più importante di aziende pratesi, come osserva il presidente della Camera di commercio, Carlo Longo (nella foto), analizzando i dati dell’indagine congiunturale.
Dunque, la strada per uscire dalla crisi la indicano i cinesi?
«In parte sì, anche se mi auguro che non si tratti solo di competitività che viene dall’illegalità, perché su questa strada non dobbiamo mai andare. Comunque, anche se nella maggioranza dei casi nell’abbigliamento operano imprenditori cinesi è anche vero che sono sempre più numerosi gli imprenditori pratesi che stanno allungando la filiera e si stanno affacciando nel mondo delle confezioni. Per questo dobbiamo essere in grado di disegnare un panorama chiaro di quello che sta accadendo anche in questo settore».
L’indagine congiunturale, nel complesso, fornisce un quadro pessimista e sconsolante per il distretto. Cosa occorre fare?
«Credo che mai come adesso sia necessario uno sforzo comune di tutti, dobbiamo ritrovare la coesione e immaginare il futuro del territorio dando vita ad iniziative di ampio respiro. Quello che possiamo fare a Prato è prezioso, ma adesso il destino del distretto passa da altre strade, per questo serve un’attenzione particolare dagli organi di governo, regionali e nazionali. Prato è una delle prime venti città d’Italia, uno dei distretti più importanti e deve avere la sua giusta attenzione in questa crisi che non ha precedenti per gravità e lunghezza».
Qualcosa si è cercato di fare, da parte del “tavolo” della Provincia e dei parlamentari pratesi..
«Infatti, sono state iniziative molto positive e importanti, bisogna continuare con più forza su questa strada. E tutti insieme, anche tenendo conto delle caratteristiche particolari di questo distretto».
In che senso?
«Da più parti si invoca un’attenzione particolare verso i precari, significativo è stato anche l’intervento del presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, su questo. Ecco, per la sua struttura di filiera il distretto di Prato è tutto precario, anche per questo merita misure particolari».
La crisi sembra avere un po’ sorpreso, forse è stata sottovalutata nel cercare di essere positivi e ottimisti a tutti i costi. Che ne dice?
«Dico che nel 2006 e nel 2007 c’erano effettivamente segnali di una piccola ripresa, col senno di poi si può dire che questa crisi andava prevista. Gli imprenditori risentono di una crisi finanziaria internazionale che li ha colti in un momento nel quale c’erano alcuni segnali che facevano sperare in una ripresa e non sanno immaginare quando il mercato riprenderà vigore. In questa situazione di incertezza ci sono forti timori per il futuro e si fa fatica a trovare una via d’uscita costruttiva e a spostare in avanti le proprie prospettive».
Cosa bisogna fare?
«La crisi prima o poi passerà. Lo sforzo deve essere quello di prepararsi ad agganciare al meglio la ripresa quando arriverà il momento. Per farci trovare vivi a quel momento servono sforzi sul credito, sull’innovazione e gli ammortizzatori sociali».

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