TANTI INTERESSI PRIVATI NON FANNO UNA CITTA'!

La mer, la fin...

sabato 27 dicembre 2008

Umanità. Il Natale e il senso profondo della politica.

Enzo Mazzi

L' altra faccia del Natale
da il Manifesto del 24.12.'08


Il dolore dell'umanità partoriente, gemito generativo del mondo, che ha dato nei secoli anima e senso alla gioia festosa del Natale ha abbandonato da tempo il teatrino insulso della nostra ritualità natalizia, sia sacra che profana. Ma l'immane potenza simbolica del Natale ha alimentato sempre i sogni del riscatto. Vale ancora la pena di guardare a quest'altra faccia, quella vitale e generativa? Interessa a qualcuno? Oppure è solo archeologia? Ma si può abbandonare completamente la presa su una simbologia così potente? Forse conviene rischiare senza abbandonare la fiducia. Come le primitive comunità cristiane Anche nella nostra «notte», come nella notte fatidica di due millenni fa, c'è tanta gente che veglia fuori dai palazzi del potere. E c'è anche tanta gente, che dorme, da svegliare.

Le comunità cristiane del primo secolo, piccole, sparute e povere, da cui sono nati i vangeli, più che di Gesù parlano si se stesse. O meglio, parlano di sé raccontando di Gesù. Il miracolo natalizio, vero e palpabile, è la loro esistenza e resistenza in un mondo in cui nulla può essere concepito, nascere e vivere se non per decisione e concessione del potere. Le primitive comunità cristiane dalle quali i vangeli della nascita di Gesù sono usciti esprimevano una visione dell'esistenza opposta a quella dominante e cioè vedevano e vivevano la storia come unico grande processo, fecondato e animato dallo Spirito, proteso alla nascita e alla vita senza fine: la morte non finisce nulla. Lo facevano con molte contraddizioni ma il succo era quello.

Che queste donne e uomini delle prime comunità cristiane fossero ispirati da Dio è questione di fede, ma la loro visione della storia e della vita, il loro coniugare memoria e presente è cosa che può interessare tutti e che si rivela di grande attualità. Ricostruire la memoria storica e intrecciarla col presente può significare individuare i segni di valori che non sono mai scomparsi, far emergere le tracce di un movimento sotterraneo, vedere l'inquieto lavorio di semi interrati, scoprire la nascita come unico grande evento generativo non solo della storia umana ma del cosmo intero.

E' la nascita come resurrezione perenne e anche come incessante riscatto da ogni alienazione. Oggi, come venti secoli fa, quando nacquero le prime comunità cristiane. La storia umana vista e vissuta come una parto, come una tensione continua verso la liberazione, la giustizia, l'uguaglianza, la fraternità.

Quest'anno si celebrano ovunque i sessant'anni della dichiarazione dei diritti umani universali. Ma qualcuno, ad esempio, Gustavo Zagrebleski, ci avverte che i diritti si possono vedere e vivere in due modi: come feticcio o come tensione costante cioè come forza generativa: «A chi parla di diritti è giustificata la domanda: da che parte stai, degli inermi o dei potenti? Ritrovare il significato autentico dei 'diritti' è possibile solo nella comune tensione all'uguaglianza. Senza uguaglianza i diritti cambiano natura: per coloro che stanno in alto diventano privilegi per quelli che stanno in basso, concessioni o carità. Senza uguaglianza, ciò che è giustizia per i potenti è ingiustizia per i senza potere; la libertà è garanzia di prepotenza dei forti e destino di oppressione dei deboli; la solidarietà si trasforma in carità e la carità serve a sancire l'ingiustizia; le istituzioni, da luoghi di protezione e integrazione, diventano strumenti di oppressione e divisione; il merito viene sostituito dal clientelismo, le capacità dal conformismo e dalla sottomissione; la dignità dalla prostituzione. Senza uguaglianza le forme della democrazia, (il voto, i partiti, l'informazione, la discussione, ecc.) possono non scomparire ma diventano armi nelle mani di gruppi potere» (la Repubblica 26 novembre 2008).

E' la fotografia della crisi politica che stiamo vivendo. Non è solo «questione morale» interna al mondo del privilegio, è un problema di senso profondo della politica. Senso che abbiamo perso.

«Chiediamo alla città, al suo corpo sociale, ai suoi cittadini, alle sue associazioni e alla sua classe politica una reazione, un gesto d'indignazione profonda, una volontà di rinascita». E' una citazione dell'appello di un gruppo di fiorentini, fra cui chi scrive, variamente impegnati nella società e nella cultura. L'appello sta ricevendo molte adesioni. E' certamente un buon segno. La veglia dell'Isolotto

Ma dov'eravamo quando l'assessore Graziano Cioni e il sindaco Leonardo Domenici facevano quelle orride ordinanze e regolamenti contro la parte più debole della città, lavavetri, senza dimora, accattoni, venditori spontanei? E quando si spendevano somme enormi per le grandi opere e non si trovava una soluzione abitativa per gli sfrattati, per i senza casa o per l'accoglienza notturna dei senza dimora? Non era già lì evidente la questione morale? Ci voleva la magistratura per fermare la giunta comunale?

L'allontanamento della politica dalla vita, la degenerazione della politica in gestione privatistica e clientelare della cosa pubblica è un po' anche responsabilità della base che da un lato si è ritirata nel privato frustrata e nauseata e dall'altro ha pensato di rinnovare la politica con ottime intenzioni ma sempre all'interno di strutture partitiche che al momento sono più potenti di ogni buona intenzione di cambiamento.

«I diritti o sono di tutti o sono privilegio»: è questo io credo il fondamento di ogni questione morale. E è su questo che si snoderà la Veglia che faremo la notte di Natale all'Isolotto. Desideriamo vivere la quarantesima veglia dopo il '68, a sessanta anni dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, scoprendo e vivendo i diritti come nascita perenne. Con testimonianze di tensione comune, per non dire lotta, verso l'uguaglianza e la fraternità, provenienti dai movimenti attualmente più vivi e generatori di speranza di cambiamento: il movimento per il diritto al lavoro, alla scuola di tutti per tutti, alla salute oltre le mercificazioni della sanità, a una carcerazione meno inumana, per l'abolizione dell'ergastolo, a un'accoglienza dignitosa del «diverso» sia per etnia, cultura, religione sia per orientamento sessuale.

L'augurio che ci facciamo è che tutte le energie spese a profusione da questa umanità in movimento siano come lo sforzo della partoriente.

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