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La mer, la fin...

mercoledì 24 dicembre 2008

Storia. Ligresti, Rapisarda e co. a Milano nel 1993.

Bongianino Piero amministratore delegato della Banca Popolare di Novara coinvolto nella bancarotta della SASEA di Fiorini Florio
Nuovo mandato di cattura per Ligresti, Bongianino torchiato 8 ore,
il costruttore milanese sotto inchiesta per la supertangente miliardaria sull' accordo assicurativo fra la sua compagnia SAI e l ' ENI
Nuovo mandato di cattura per Ligresti, Bongianino torchiato 8 ore


MILANO . Il re dei mattoni questa volta finisce nei guai per i giochi della finanza. E, un anno dopo, si prepara a un nuovo soggiorno estivo a San Vittore. Contro di lui sei giorni fa il giudice per le indagini preliminari Maurizio Grigo ha firmato un mandato di cattura. L' accusa e' di corruzione aggravata per la supertangente sull' accordo assicurativo fra la sua compagnia Sai e l' Eni. Secondo il sostituto procuratore Fabio De Pasquale sarebbero stati pagati oltre 12 miliardi alla Dc, al Psi e ai vertici del gruppo petrolifero. In cambio l' assicurazione di Ligresti ha ottenuto l' "esclusiva" sulle polizze dei 140 mila dipendenti dell' Eni. L' ingegnere di Paterno' e' ricercato senza successo da alcuni giorni. I suoi legali hanno detto che e' impegnato nella conclusione di una delicata trattativa con Mediobanca, proprio per la Sai. Ma in ambienti giudiziari c' e' il sospetto che sia all' estero.

L'idea di Ligresti e di suo nipote Fausto Rapisarda poteva garantire alla Sai un colpo senza precedenti. Nell' aprile 1992 per procurarsi una riserva di caccia nell' Eni veniva creata una societa' mista tra la Sai e l' Eni, chiamata Padana Vita. Ai due partner spettava il 40 per cento delle quote, il resto andava alla merchant bank statunitense Salomon Brothers. L' operazione era costata alla Sai 40 miliardi per l' acquisto delle azioni della collegata Serfi dall' Eni, un' altra quindicina per comprare una piccola assicurazione controllata dal gruppo petrolifero alle isole Cayman e infine altri tredici per rilevare quote di una minuscola societa' dall' avvocato napoletano Aldo Molino, molto vicino alla Dc. Proprio una perquisizione negli uffici di Molino, ordinata dal pm De Pasquale per l' istruttoria sui contributi alle acciaierie, ha permesso di scoprire l' intrigo. La Finanza ha trovato la documentazione sulla nascita della joint venture e in particolare sulla vendita delle azioni: per il magistrato le quote erano state pagate 13 miliardi contro un valore reale di circa 500 milioni. Il resto della cifra sarebbe finito in mazzette consegnate attraverso banche straniere. All' inizio di giugno la prima raffica di mandati ha colpito Molino, l' ex direttore finanziario dell' Eni Enrico Ferranti, l' ex presidente del gruppo Gabriele Cagliari e l' amministratore delegato della Sai Fausto Rapisarda, tutti inquisiti per corruzione. Molino e' negli Stati Uniti: contro di lui c' e' un ordine di cattura internazionale. Cagliari si trovava gia' in cella per Mani pulite e ha respinto le accuse. Invece Rapisarda si e' costituito dopo alcuni giorni e avrebbe ammesso la reale natura del versamento a Molino: una tangente per la Dc, per il Psi e per i vertici dell' Eni. In questa maniera Rapisarda ha evitato il carcere ed e' potuto tornare subito al timone della Sai. Rapisarda non aveva parlato ai giudici del coinvolgimento di Ligresti. Ma sin dal primo giorno in procura c' era il sospetto che il grande costruttore non potesse ignorare i retroscena dell' operazione "Padana Vita". Troppi i miliardi in ballo e troppi i contatti politici da muovere. E dopo un mese di indagini i magistrati hanno messo le mani su una serie di documenti che proverebbero il ruolo dell' ingegnere in tutta la vicenda. Ed ecco arrivare il nuovo ordine di cattura, il quarto in poco meno di un anno. Per Ligresti e' un ostacolo in piu' sulla strada del salvataggio del suo impero. La cura imposta da Enrico Cuccia e da Mediobanca lo ha gia' costretto a sborsare 500 miliardi. "Mi hanno spiumato . aveva commentato . Pazienza. Ma io non sono il tipo da ritirarmi nei mari del Sud e vivere di rendita. Voglio rilanciare il gruppo". I dispiaceri giudiziari da mattone sembravano finiti. Quattro mesi di cella per ordine di Antonio Di Pietro parevano aver fatto espiare le bustarelle edilizie. Era rimasto solo un avviso di garanzia per vicende di urbanistica. E ora invece la mazzata arriva dalla finanza. Non solo. Nei prossimi giorni e' prevista anche una trasferta londinese dei giudici per ascoltare i vertici europei della Salomon Brothers e saperne di piu' sul venti per cento di azioni in loro possesso. C'è il sospetto che la quota sia custodita per conto di un cliente italiano. E per i magistrati potrebbe trattarsi dello stesso gruppo Ligresti che cosi' avrebbe occultato il controllo della maggioranza della Padana Vita. Intanto ieri e' stato interrogato come indagato per otto ore l' amministratore delegato della Banca Popolare di Novara, Piero Bongianino. Il giudice Luigi Orsi ha ipotizzato una responsabilita' del banchiere nella bancarotta fraudolenta dalla holding Sasea di Florio Fiorini.

Gianluca Di Feo

Dario Di Vico
Pagina 3

(6 luglio 1993)

Corriere della Sera

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