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La mer, la fin...

venerdì 29 maggio 2009

Prato verso le amministrative. Riflessi condizionati del PDL - 1


Riprendendo il leitmotive berlusconiano, il PDL parte subito alla carica parlando di "giustizia ad orologeria"... Fossimo in loro, ripenseremmo seriamente a come la scelta sia caduta su Cennincina, e non sia stato appurato che potevano esserci sorprese... Ma si sa, il PDL ormai ragiona solo in questi termini...

MV

da il Tirreno del 29/05/09

«Questa è una giustizia a orologeria»
L’onorevole Mazzoni all’attacco, ma il candidato Cenni smorza i toni
Due stili a confronto: l’uomo di partito parla come il Capo, l’imprenditore evita con cura di calcare la mano
PRATO. La giustizia? A orologeria. Le toghe? Rosse, naturalmente. Gli ispettori in Tribunale? Arriveranno presto, è già in viaggio un’interrogazione urgente del deputato Riccardo Mazzoni al ministro della Giustizia Angelino Alfano.
Era prevedibile, ma non proprio scontato, che il Popolo delle libertà se la prendesse con la magistratura dopo la notizia del rinvio a giudizio di Antonio Rosati, presidente del cda della Sasch, l’azienda del candidato sindaco Roberto Cenni, di cui è anche cognato, con l’accusa di aver usato false fatture per evadere l’Iva (oltre due milioni di euro).
Cenni ha sfogliato il giornale ieri mattina e dopo un veloce consulto coi dirigenti del partito e con l’avvocato dell’indagato, Gaetano Berni, ha convocato una conferenza stampa al Cristall, il quartier generale del Pdl.
Ma non è stato lui a scagliarsi contro la magistratura. Ci ha pensato il deputato Mazzoni, coi toni a cui ci hanno ormai abituato i vari Bondi, Cicchitto o Capezzone, per non parlare del Capo: «E’ una vergogna, un agguato. Gran parte della magistratura è asservita alla sinistra. Chiederò al ministro Alfano di indagare su queste strane coincidenze». Che poi sarebbero il fatto di aver rinviato a giudizio il signor Rosati alla vigilia delle elezioni, mettendo in cattiva luce il candidato Cenni. E ancora: «L’avvocato difensore aveva un legittimo impedimento e dunque la difesa non ha potuto esercitare i suoi diritti». E infine: «Si ripete il circuito politico-mediatico-giudiziario: si passa la notizia al giornale più lontano dalla “vittima” per interferire con la politica».
Il diretto interessato sembra parlare proprio un’altra lingua. Roberto Cenni evita accuratamente le bordate contro i magistrati: «Vittima è un parolone. Mi limito a notare che l’avvocato ha chiesto un rinvio e siccome la cosa era pendente dal 2004, forse potevano accontentarlo. L’informazione fa il suo mestiere. Mi dispiace soltanto che a pochi giorni dalle elezioni, anziché parlare dei problemi della città, ci tocchi parlare della Sasch. Per quanto ci riguarda, faremo valere i nostri diritti nelle sedi opportune. Abbiamo rifiutato un patteggiamento con una pena pecuniaria compresa nei diecimila euro proprio perché siamo convinti di essere nel giusto. Altrimenti oggi non saremmo qui a parlarne».
Insomma, se serviva una conferma che Cenni non è uno dei tanti berluscones ma qualcosa di più vicino alla società civile, eccola qui.
«Da quando mi sono candidato sono successi alcuni fatti strani - dice - Prima ero descritto come un imprenditore illuminato, ora sono diventato un delocalizzatore. In realtà la Sasch ha tre piattaforme produttive, in Cina, Indocina e Messico, e ha aperto 350 punti vendita nel mondo. Io questa la chiamo globalizzazione. Ma se mi chiedete se sono pentito, vi dico di no. Sono sceso in campo perché questo territorio mi ha dato molto e voglio rendere qualcosa».
Quanto all’udienza contestata di mercoledì, l’avvocato Berni, difensore di Antonio Rosati, fa sapere che «l’udienza è stata trattata in assenza del difensore legittimamente e seriamente impedito». Dice Berni di aver «supplicato» un rinvio, anche di pochi giorni, «in quanto impegnato nella difesa di persone detenute che avevano ricevuto avviso in materia di riciclaggio pluriaggravato». Il giudice ha tirato dritto e Berni conclude che «il tutto fa pensare che non si abbia a che fare con una corretta applicazione delle leggi in materia». Parla anche Antonio Rosati, che di fatto è l’unico imputato, per assicurare che «la società da me rappresentata ha agito sempre in maniera assolutamente corretta e trasparente». Ma nemmeno il cognato di Cenni spara sulle “toghe rosse”, limitandosi a far notare che del processo «è stata data pubblicità con tempismo sorprendente».
Paolo Nencioni

Commenti e riflessi condizionati
L’onorevole Riccardo Mazzoni, coordinatore pratese del Pdl, va sul sicuro. Dovendo commentare all’Ansa il caso Sasch vede naturalmente un complotto, parla di «giustizia a orologeria», addirittura di «agguato» a Cenni e di «violento attacco giornalistico».
Come insegna Berlusconi, la giustizia è sempre a orologeria e il circuito è sempre politico-mediatico-giudiziario (un tempo il complotto era pluto-giudaico-massonico: si sa, i tempi cambiano). E Mazzoni, nel suo piccolo, disciplinatamente ripete la formuletta e la applica al “caso” Cenni di cui “Il Tirreno” ha parlato. Dove abbia visto Mazzoni il «violento attacco» resta un insondabile mistero. Per noi parlano i modi pacati (testi, titoli, locandina) usati nel dare la notizia; la stessa pacatezza con cui Cenni l’ha commentata.
Nell’ottica di Mazzoni un semplice e onesto lavoro giornalistico diventa un «attacco» che deve avere un mandante. Viene il sospetto che Mazzoni (ex direttore del Giornale della Toscana) attribuisca a tutti gli altri una sua personale visione del mestiere. Per quanto ci riguarda è tutto molto semplice. Il cronista cerca i fatti, li verifica e li pubblica nell’interesse dei lettori che possono liberamente farsi un’opinione. Certo, un bel complotto sarebbe più affascinante, ma purtroppo questo ci tocca fare.
Così alla fin fine, in questa visione militarizzata della politica, si può ben dire che tutto è a orologeria. Anche i commenti fuori luogo. (p.t.)



Il procuratore Tony: vengano pure gli ispettori di Alfano
La tesi del complotto smontata in cinque mosse
PRATO. Smontare la tesi del complotto o dell’agguato, come direbbe l’onorevole Mazzoni, è più facile di quanto si potrebbe pensare.
Basta mettere in fila cinque date e qualche considerazione di elementare buon senso. Le date le snocciola Piero Tony, procuratore capo della Repubblica, dopo aver appreso un riassunto delle dichiarazioni fatte dagli esponenti del Pdl sul processo che vede imputato il presidente del cda della Sasch. Tony sgombra subito il campo da una prima dietrologia: la richiesta di rinvio a giudizio di Antonio Rosati porta la data del 21 gennaio ed è all’ufficio del gip dal 5 febbraio, dunque ben prima del 6 marzo, quando Roberto Cenni si è candidato per il Pdl.
L’altro punto da chiarire riguarda l’iter del procedimento. Ed è abbastanza sorprendente scoprire che quello di giovedì non era il primo, non era il secondo ma addirittura il quarto rinvio chiesto dalla difesa. L’udienza preliminare era stata fissata per il 25 marzo. La Procura riferisce che l’avvocato difensore Gaetano Berni ottenne un primo rinvio per un legittimo impedimento. L’udienza fu dunque rifissata l’8 aprile e il difensore ottenne un rinvio per valutare l’ipotesi di un patteggiamento. Altra udienza il 15 maggio e nuovo breve rinvio al 27 su richiesta della difesa. Quando mercoledì il gup Anna Liguori si è trovata di fronte all’ennesima richiesta di slittamento, ha voluto vederci chiaro e ha valutato che l’udienza delle 9 al Tribunale del riesame di Firenze nella quale era impegnato l’avvocato era compatibile con la sua presenza a Prato (dove l’udienza si è tenuta dopo le 13, presente comunque un avvocato dello studio Berni). Ergo: nessun legittimo impedimento.
«Parlare di giustizia a orologeria - taglia corto il procuratore Tony - è una cosa che fa ridere chiunque conosca la Procura di Prato. Voglio ricordare che il candidato sindaco non è indagato, e comunque ben vengano gli ispettori se il ministro deciderà di mandarli qui: chiederemo loro che mandino anche qualche rinforzo. Quanto alla questione del rinvio a giudizio, dico solo che per provare che certe fatture non sono false serve un processo, e ancora prima serve un’udienza preliminare. Tutto qui».
P.N.

da la Nazione del 29/05/09
Sasch a giudizio.

«Agguato elettorale» False fatture: imputato il presidente Rosati. Fatti del 2000, l’udienza proprio ora
di ANNA BELTRAME
UN FULMINE sulla campagna elettorale. Mercoledì mattina Antonio Rosati, il presidente della Sasch di cui il candidato sindaco Roberto Cenni è co-proprietario, è stato rinviato a giudizio con l’accusa di false fatturazioni Iva: l’udienza era stata fissata il 15 maggio scorso, il difensore di Rosati, l’avvocato Gaetano Berni, non ha potuto essere presente perché impegnato nella difesa di un detenuto (tecnicamente, un legittimo impedimento) e quindi è stato chiesto un rinvio, che il gip Anna Liguori non ha accordato. Ieri mattina Cenni, in una conferenza stampa con i leader di tutti i partiti che sostengono la sua candidatura, ha così commentato: «In questa vicenda ci sono molte anomalie, ho l’impressione che mi sia stato teso un agguato...».

I FATTI risalgono al 2000-2002, anni per i quali la Finanza aveva ipotizzato una presunta evasione fiscale di circa due milioni; nel 2004 la Sasch aveva però già chiuso i conti con il fisco: l’agenzia delle entrate aveva accolto in buona parte le obiezioni sollevate da Sasch rispetto alle conclusioni della Finanza e aveva chiesto alla società il pagamento di 200mila euro, per alcune irregolarità formali. Il procedimento penale era nel frattempo andato avanti con i tempi lenti della giustizia italiana: nei mesi scorsi la procura aveva proposto al presidente della Sasch di definire il processo con una pena pecuniaria inferiore ai 10mila euro ma, ha spiegato ieri l’avvocato Berni, «Rosati ha rifiutato questa proposta ritenendo di aver agito correttamente». Così ora, proprio alla vigilia del voto, l’udienza preliminare e il rinvio a giudizio. Un fulmine, appunto. «Un agguato», dicono al quartier generale di Cenni.

«NON è stato permesso all’avvocato del presidente della Sasch di sostenere le ragioni della difesa — ha detto ieri il candidato sindaco —. Non solo. Si tratta di una vicenda vecchia, già sanata dal punto di vista fiscale, con l’agenzia delle entrate che accolto quasi tutte le obiezioni della società rispetto alle conclusioni della Finanza. Il presidente avrebbe potuto patteggiare e risolvere tutto, pagando meno di 10mila euro. Non lo ha fatto, perché convinto delle sue ragioni. E’ però singolare che l’udienza preliminare sia stata fissata proprio ora, a pochi giorni dalle elezioni: dall’accertamento della Finanza sono passati tanti anni, aspettare qualche settimana in più non credo sarebbe stato un grande problema. Così ora, invece di parlare dei grandi problemi della nostra città e delle soluzioni possibili, perché su questo ci si dovrebbe confrontare in questa campagna elettorale, c’è chi preferisce spostare l’attenzione sulla Sasch. Fino a qualche mese fa io ero l’imprenditore illuminato, perché aveva capito la necessità di allungare la filiera tessile alla distribuzione. Ora sono il delocalizzatore, ora si tira fuori questa vicenda».

IL COORDINATORE provinciale del Pdl Riccardo Mazzoni è ancora più duro: «Cenni è al centro di un agguato elettorale e chi lo ha messo in atto ha evidentemente paura di lui. Presenterò un’interrogazione al ministro della Giustizia Alfano su quanto è accaduto. Potremmo anche ritenerla una sfortunata coincidenza, ma l’esperienza di questi anni ci induce a dire che non è così: si ripete il ‘circuito politico - mediatico - giudiziario’ già visto in azione troppe volte in questi anni alla vigilia delle elezioni. Si sceglie il giornale che si ritiene più ‘amico’ e si fa filtrare la ‘notizia’. Uno spettacolo già visto, che però non ha portato grande fortuna a chi lo ha allestito. È l’ennesimo vergognoso episodio di uso politico della giustizia, che si trasformerà in un boomerang e che dimostra quanto il sistema di potere che controlla Prato da decenni sia alla disperazione e abbia paura di perdere le elezioni».

MA non è finita qui. «Da quando ho deciso di candidarmi — aggiunge Cenni — sono stato il bersaglio almeno di una decina di lettere anonime, arrivate a me, alla mia famiglia, alla Sasch, ad amici e al comitato elettorale. Non entro nel merito dei loro contenuti diffamatori e ricattatori, perché è in corso un’indagine dei carabinieri, ma anche questo è un brutto segnale. Non solo. Più di un dipendente del Comune o di società partecipate dal Comune si è rivolto a me, spiegandomi di essere vittima di atteggiamenti in qualche modo discriminatori per aver fatto sapere di essere un mio sostenitore. Mi dispiace, perché io posso difendermi e queste persone no. Avrei voluto una campagna elettorale all’insegna della correttezza e dei contenuti. Prato di questo ha bisogno, che si affrontino i problemi che ha, con spirito costruttivo e non ideologico. Da parte mia continuerò ad avere questa impostazione — aggiunge —, ad esempio dicendo che è importante che finalmente i problemi di Prato abbiano raggiunto la ribalta nazionale, grazie all’impegno del governo, ma anche al lavoro dell’opposizione. E’ questo di cui Prato ha bisogno».

LE CONCLUSIONI, taglienti, sono di Mazzoni: «Dopo 60 anni è arrivato il momento di cambiare. Il sistema di potere della sinistra si è sclerotizzato ed è al capolinea. Anche alla sinistra stare all’opposizione farebbe bene. Farebbe bene soprattutto alla città».

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