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La mer, la fin...

venerdì 10 ottobre 2008

Prato. La Cava di Pian di Gello.

Pubblichiamo integralmente il documento presentato dal Comitato ambientale di Figline alla Commissione Ambiente e territorio del Comune, in merito al recupero della ex cava di serpentino, contenente la richiesta di audizione.
Per noi si tratta di una questione nuova che cercheremo di conoscere meglio e di seguire per chi ci legge
MV

Al Sig. Presidente della Commissione Consiliare N. 4 TERRITORIO e AMBIENTE
Tommaso RINDI
Trasmetto le osservazioni del Comitato Ambientale di Figline al progetto di recupero della Cava di Pian di Gello. Vit



Ai signori componenti la Commissione
Andrea BALLINI
Filippo BERNOCCHI
Goffredo BORCHI
Fabio CAREGNATO
Gianni CENNI
Roberto DABIZZI
Aurelio DONZELLA
Giuseppe ESPOSITO
Luca ROTI
Massimo TAITI
Mauro VANNONI
E p.c. all’Assessore all’Urbanistica Stefano CIUOFFO
all’Assessore all’Ambiente Camilla CURCIO
all’Arch. Riccardo PECORARIO
al Dr. Sergio SPAGNESI
Loro Sedi

Egregio Presidente,
in relazione al progetto riguardante la proposta di sistemazione della ex Cava di Pian di Gello di Figline il Comitato Ambientale di Figline propone le seguenti osservazioni e considerazioni:
1.. Il recupero dell’ex cava di serpentino è all’ordine del giorno dell’Amministrazione Comunale almeno da 20 anni. Nel 1988, infatti, la Giunta Comunale conferì all’architetto paesaggista Lorenzo VALLERINI l’incarico di redigere un Piano di Recupero dell’ex cava.
L’area di Pian di Gello risultava abbandonata nello stato tal quale da parte dell’azienda proprietaria una volta conclusi i prelievi del pietrisco. L’architetto Vallerini, insieme agli allora Assessori comunali all’Ambiente Eliana Monarca ed all’Urbanistica Fabrizio Mattei presentò ufficialmente il suo progetto nell’autunno del 1989 anche con un incontro pubblico che si tenne presso i locali del Circolo 29 Martiri di Figline;
2.. Il progetto che viene presentato oggi, di cui abbiamo avuto conoscenza solo attraverso la stampa locale il 10 febbraio 2008, ricalca abbondantemente le previsioni del PdR redatto dall’architetto Vallerini;
3.. In sostanza l’iniziativa si prefigge lodevolmente di recuperare ad un uso pubblico la vasta area risultante dalle attività di coltivazione della cava. In particolare si propone di destinare a maneggio una parte dell’ex cava; di ricavarvi un parco giochi per bambini; di realizzare un’area destinata alla ristorazione (ristorante e bar); un’area relax attrezzata per pic-nic (con panche e tavoli fissi); 20 bungalows (da quattro posti ciascuno) destinati al soggiorno di ospiti che desiderano rimanere più di una giornata alle pendici del Monteferrato ; infine si propone di realizzare un anfiteatro, sfruttando la particolare conformazione di un tratto del fronte di cava, in grado di ospitare fino a 500 persone, da destinare a spettacoli e manifestazioni diverse.
Come dicevamo l’attuale prospettata soluzione progettuale ricalca largamente il Piano di Recupero definitivo nel 1989 dall’architetto Vallerini. Tale progetto, mai realizzato dall’Amministrazione, costò, all’epoca, la cifra di 250.000 milioni!!
L’architetto Vallerini fu anche il professionista che redasse il Piano per l’Area Protetta del Monteferrato e, pertanto, profondo conoscitore delle caratteristiche intime dell’area.
Proprio per questo non sarebbe male se la Commissione volesse, quanto meno a titolo informativo, farsi fornire dagli Uffici dell’Assessorato all’Ambiente tutti gli elaborati del Pdr Vallerini.
Il Comitato Ambientale di Figline (CAF) espresse le proprie osservazioni nei confronti della sistemazione dell’area dell’ex Cava di Pian di Gello in diverse occasioni ed, ovviamente, anche in quella pubblica di presentazione del Piano Vallerini a Figline.
Il CAF era molto interessato al recupero dell’area di Pian di Gello perché il PdR poteva diventare il volano di un equilibrato nuovo sviluppo del Paese di Figline.
Che nella sua storia ha la caratteristica assolutamente unica tra i borghi pratesi di non essere mai stato legato all’industria tessile dominante a Prato.
Le fortune del paese, di chiara origine etrusca, sono sempre state legate allo sfruttamento delle peculiarità naturali del proprio territorio.
Sin da epoca remota furono attive a Figline fornaci per la realizzazione di manufatti ceramici.
La disponibilità di una buona argilla e del legno per i forni dai boschi originari del Monteferrato permisero la continuazione di questa attività fino quasi ai nostri giorni.
L’ultima attività ceramica ha chiuso pochi anni orsono (Fornace Felici di Via Cantagallo).
Parallelamente a questa attività principale si imposero nel tempo anche le attività di estrazione e lavorazione del cosiddetto marmo verde di Prato; quelle dell’estrazione delle macine da molino; ed, in ultimo, l’estrazione di pietrisco per uso stradale (la realizzazione della massicciata per l’autostrada FI-Mare avvenne con l’impiego quasi esclusivo del pietrisco estratto dalla cava di Pian di Gello). Notevole fu anche la raccolta di argilla del Monteferrato per l’attività di follatura nell’industria tessile, così come la raccolta del cardo per l’utilizzo nella specifica fase della lavorazione dei tessuti pratesi e la produzione del cemento dalle rocce di alberese.
L’uomo ha sempre sfruttato, dunque, il territorio figlinese, anche con massicci ed irrispettosi prelievi e/o interventi manipolatori (i boschi di latifoglie e la stipa furono praticamente esauriti dall’attività delle fornaci).
L’attenzione che si veniva maturando in quegli anni per l’ambiente naturale e specificatamente per il territorio figlinese del Monteferrato ci parvero l’occasione giusta per porre la candidatura di Figline a piccola capitale del Parco che si andava delineando costituendone la porta d’accesso principale ed in grado di offrire le migliori sinergie per il successo dell’Area Protetta.
La vicinanza con il Centro di Scienze Naturali, caposaldo pratese della protezione ambientale;
la collocazione del paese all’interno di un territorio ancora quasi tutto naturale; le emergenze architettoniche, culturali ed artistiche presenti a Figline; la dimestichezza secolare della popolazione con il Monteferrato; gli storici sentieri che dal paese si inerpicano sulle pendici del monte; la contemporanea presenza di attività ludico-ricreativo-sportive già basate a Figline (ad esempio, la parete di roccia in sinistra della Bardena, divenuta una palestra d’allenamento per alpinisti principianti) facevano considerare naturale la scelta di Figline come località principale dell’intero Parco monteferratino.
E, dunque, il progetto dell’architetto Vallerini fu accolto con entusiasmo per le potenzialità che poteva esprimere. Le uniche eccezioni critiche che il CAF esplicitò, insieme a molti altri cittadini ed organizzazioni paesane, furono indirizzate al sistema dell’accesso all’area di Pian di Gello ed alla realizzazione dei parcheggi di sosta dei veicoli ai piedi dell’area.
Quelle critiche sono le medesime che offriamo alla riflessione della Commissione anche oggi.
L’individuazione progettuale di ampie aree destinate al parcheggio (simili, per dimensioni, a quelle previste nell’attuale iniziativa) venne criticata sostanzialmente per queste ragioni:
A.. La via d’accesso all’area di Pian di Gello è costituita unicamente dalla Via Cantagallo: questa strada già adesso risulta insufficiente a far fronte al normale traffico veicolare.
La ridotta carreggiata di Via Cantagallo non consente, ad esempio, all’interno dell’abitato di Figline, un agevole scambio in presenza del passaggio di autobus o camion costringendo i veicoli a manovrare e costituendo sovente motivo di ingorghi;
B.. La Via Cantagallo costituisce, nel contempo, un agente di inquinamento acustico e dell’aria per gli abitanti del paese. La maggioranza delle abitazioni figlinesi è situata lungo o in prossimità immediata di quella direttrice stradale. La previsione di una intensificazione del traffico così come risulterebbe dalla collocazione di 300 posti auto e 50 di bus a monte del paese costituirebbe un aggravamento sicuro della qualità dell’ambiente figlinese;
La collocazione delle due aree di parcheggio a monte dell’abitato appare criticabile anche da altri punti di vista:
C.. Il posizionamento dei parcheggi non consentirebbe al paese di intercettare positivamente le presenze degli escursionisti e dei turisti. La possibilità di arrivare direttamente all’interno dell’area con le auto ed i bus bypasserebbe completamente Figline. Al paese resterebbe solo nuovi flussi di traffico e nuovi inquinamenti. Ma la piccola economia paesana (botteghe, bar, ristori, musei ecc.) non avrebbe alcun beneficio diretto;
D.. L’area protetta del Monteferrato verrebbe violata da auto e bus (rumori, gas di scarico, inquinamento visivo ecc. ecc.). Occorrerebbero anche studi approfonditi sulle conseguenze del traffico immesso sulla strada sterrata d’arroccamento sia dal punto di vista delle polveri prodotte insieme agli scarichi dei veicoli, sia per gli effetti sulla flora e la fauna presenti in abbondanza all’interno dell’area.
I parcheggi all’interno dell’area di Pian di Gello sortirebbero anche un effetto diseducativo sui visitatori poiché gli costringerebbe a convivere anche in un’area naturale e/o rinaturalizzata con l’invasione degli autoveicoli e dei bus;
Rispetto a quanto era previsto nel 1989 dal Piano Vallerini occorre ricordare, inoltre, che adesso è stato realizzato il parcheggio collocato prima del paese (Piazzale Tintori).
Il parcheggio ha un’ampia possibilità di stalli che servono essenzialmente per la sosta delle auto degli abitanti le abitazioni prospicienti la Via di Cantagallo e che ha la peculiarità, pertanto, di essere utilizzato dalle 18 alle 9 del mattino. E, dunque, per tutto il resto della giornata potrebbe essere tranquillamente adibito a parcheggio di servizio per i visitatori del Parco di Pian di Gello e del Monteferrato.
I turisti dovrebbero pertanto attraversare a piedi il paese e, magari, visitarne le emergenze artistiche ed architettoniche, effettuare piccoli acquisiti, prima di salire (10 minuti di cammino) al Pian di Gello.
Rispetto alle osservazioni precedenti che già facevano parte di quelle avanzate per il PdR Vallerini questo Comitato ne aggiunge due nuove che 20 anni orsono non furono formulate.
Esse derivano dall’esperienza e dalle scoperte e consapevolezze che si sono nel frattempo palesate e consolidate.
E..La ex cava di Pian di Gello sfruttava un giacimento di ofiolite (serpentino). Questo tipo particolare di roccia contiene frazioni importanti di asbesto dal quale si ricava l’amianto.
Tutti gli studi scientifici concordano nel ritenere questo materiale altamente cancerogeno.
Osservazioni empiriche ed i racconti della popolazione fanno considerare probabile che anche i figlinesi abbiano pagato pesantemente il loro tributo di malattie e morti all’attività estrattiva del Pian di Gello ed al continuo passaggio dei camion carichi di pietrisco di serpentino per la Via Cantagallo. Da questo punto di vista è dunque preoccupante prevedere un intenso traffico veicolare sulla strada sterrata d’arroccamento alla cava costituita da una massicciata realizzata con il pietrisco locale. Vi sarebbe localmente una formazione di pulviscolo contenente particelle d’amianto che verrebbe successivamente a depositarsi anche sulla via Cantagallo al momento dell’uscita delle auto dai parcheggi.
F.. Il recupero dell’ex cava di Pian di Gello non potrebbe dispensare dalla messa in sicurezza del torrente Rio Balloni che percorre per qualche centinaio di metri il confine meridionale dell’area. Il Rio Balloni, superata la Via Cantagallo, si immette nel torrente Bardena.
Il Rio Balloni che ha la sorgente proprio in prossimità del fronte di cava ha la caratteristica di essere asciutto per quasi tutto l’anno. Solo in occasione di ingenti piogge si gonfia immediatamente e porta a valle importanti quantità d’acqua. E, purtroppo, insieme all’acqua trascina con sé molti metri cubi di pietrisco fuoriusciti dalla lavorazione di cava che ne saturano il letto e contribuiscono ad ostruire il breve tunnel che sottopassa la Via Cantagallo a sud del Cimitero. Da recenti sopralluoghi abbiamo verificato che la luce attuale del tunnel è quasi del tutto ostruita dai detriti costituenti il letto del Rio Balloni. La qualcosa costituisce un grave pericolo in caso di pioggia consistente. Il tunnel infatti, ormai pieno, ostacolerebbe il deflusso delle acque del Rio Balloni in Bardena deviandone la corsa in Via di Cantagallo. Mettendo così a repentaglio le abitazioni che vi si affacciano. Il fenomeno è già successo in due occasioni recenti.
Confidando in un esame tecnicamente approfondito delle questioni che abbiamo segnalato, richiediamo un’audizione presso codesta Commissione in modo da poter spiegare in maniera più puntuale le considerazioni critiche avanzate.
Cordiali saluti.


COMITATO AMBIENTALE DI FIGLINE (CAF)
Dr. Vittorio Giugni

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