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La mer, la fin...

lunedì 13 ottobre 2008

Prato. Lottare contro i pregiudizi

Anche a Prato c'è da lavorare, e molto, sulle questioni aperte dall'immigrazione. Pregiudizi e discriminazioni sono all'ordine del giorno: anche nei commenti, magari pure da persone che non ti aspetti, traspare una situazione problematica.
Chi fa politica ha, in questo, un compito fondamentale: cercare di creare le condizioni, gli spazi, la cultura, che possano essere la base di un vero dialogo interculturale - perché la cosiddetta "integrazione" non può risolversi nell'assimilazione tout court, come qualcuno vorrebbe, ma si realizza nella costruzione di una "casa comune".
MV

da La Nazione del 13/10/08
«Troppi pregiudizi»
Junyi Bai a Domenica in: «Ma non c’è razzismo»

UNA BUONA dose di pregiudizi e discriminazione sì, ma per favore non chiamatelo razzismo. Un concetto che Junyi Bai, coordinatore pratese di Associna, non ha voluto neanche accarezzare davanti alle telecamere di «Domenica In»: invitato da Massimo Giletti a partecipare al contenitore pomeridiano de «L’Arena», il giovane cinese residente a Prato è intervenuto durante un acceso dibattito sul rapporto tra italiani e razzismo.
Sullo sfondo, immagini raccapriccianti, quelle di Tong Hongsheng, il ragazzo cinese aggredito nel quartiere romano di Tor Bella Monaca, che hanno fatto discutere molti degli ospiti presenti in studio. «Probabilmente — ha affermato Junyi Bai — quel ragazzo sarebbe stato picchiato anche se non fosse stato di nazionalità cinese. Sono andato a trovare la famiglia di Tong dopo l’episodio dell’aggressione e i parenti stessi ignoravano il perché di quei fatti, ma di certo non l’hanno imputato a motivi di razzismo». Ieri pomeriggio Bai era l’unico rappresentante dagli occhi a mandorla del nutrito esercito di immigrati che vivono in Italia: oltre a lui, c’erano la modella africana Youma e la romena Ramona Badescu. E mentre per queste ultime suona più di un campanello d’allarme sul razzismo, il commento di Junyi Bai è stato piuttosto cauto: «Se dicessimo che gli italiani sono tutti razzisti, commetteremmo un errore fondato sul pregiudizio e sulla generalizzazione, lo stesso di chi ha paura dello straniero e agisce di conseguenza». Perché qualcuno che discrimina c’è sempre, ammette Bai. E neanche a Prato sono tutte rose e fiori sul versante dell’integrazione. «Vivo in Italia da 20 anni — racconta — e nella mia città ho sempre rispettato le regole. Mi sento un cittadino integrato a tutti gli effetti, eppure ogni giorno avverto nell’aria il pregiudizio e il senso di discriminazione. Pensiamo cosa vuol dire tutto questo per le seconde generazioni che, come me, a Prato studiano e lavorano». «Un conto — ha puntualizzato il giovane pratese, dopo aver raccolto una provocazione del giornalista Lamberto Sposini — è parlare di razzismo, come si sta facendo spesso a sproposito in quest’ultimo periodo, un conto è parlare di percezione di razzismo, che può essere un forte limite all’integrazione». Razzismo sì, razzismo no, razzismo forse. Ci ha pensato il sondaggio finale della trasmissione a sgomberare il campo da ogni dubbio: secondo il risultato, alla domanda se «gli italiani stanno diventando razzisti», il 64% degli italiani ha risposto sì, il restante 36% no. Un dato che merita riflessione, soprattutto in una realtà multietnica come Prato.
Maria Lardara

1 commento:

Anonimo ha detto...

Vi ringrazio per il vostro interessamento, vorrei fare una precisazione sul mio pensiero:

ritengo che sia sbagliato generalizzare dicendo che il popolo italiano sia razzista, sarebbe sbagliatissimo quanto l’accostare l’argomento degli migrati a quello della criminalità. Ciò però non esclude che ci siano criminali stranieri o atti di razzismo, e quello subito dal signor Tong è un ATTO RAZZISTA. Ritengo in oltre che l’allarme di una crescita di tali atti sia palpabile, sono testimoni proprio questi casi, e bisogna isolare queste persone razziste non rappresentative dell’Italia. Nell’articolo è poi riportato correttamente il mio pensiero sulle seconde generazioni, dove il fattore di freno alla tanta abusata parola integrazione non è dato dal volere di questi ragazzi nati o cresciuti in Italia, il loro vissuto in Italia testimonia la loro innegabile parte di italianità, ma dalla stessa società che li giudica con pregiudizi e li tratta con discriminazioni.

Il pensiero ufficiale di Associna lo trovate qui:
http://www.associna.com/modules.php?name=News&file=article&sid=680

Junyi Bai