TANTI INTERESSI PRIVATI NON FANNO UNA CITTA'!

La mer, la fin...

martedì 31 marzo 2009

Toscana. Paesaggio: un altro Piano.

Non sarà solo nuova burocrazia? Perchè i fatti smentiscono sempre i buoni propositi?

mv

Piano paesaggistico della Toscana: la regione in 38 schede dalla Lunigiana alla Valdorcia

Martedì 31 marzo 2009, 14:05 da Nove.Firenze.it

Firenze– Un atlante del paesaggio con 38 schede, dalla Lunigiana alla Valdorcia passando per Garfagnana, Casentino, Valdinievole, Valdarno, Valdichiana, Versilia, Maremma, Val di Cornia, Argentario, Chianti, Crete senesi, Amiata: è questa la Toscana disegnata dal Piano paesaggistico regionale, presentato oggi a Palazzo Panciatichi in un seminario organizzato dalla commissione Territorio e ambiente del Consiglio regionale, presieduta da Erasmo D’Angelis. “Un piano che esprime la migliore cultura di governo del territorio del nostro Paese, e non sono parole di rito – commenta D’Angelis (PD) – La tutela del paesaggio è la nostra priorità, e queste norme sono l’evoluzione di un quadro di riferimento che qui da noi è stato più robusto che altrove”. Il Piano del paesaggio integra e completa il PIT (Piano di indirizzo territoriale), e sarà a breve discusso prima in commissione e quindi in Aula. Per ognuna delle 38 schede vengono delineati caratteri strutturali, valori e obiettivi di qualità paesaggistica, fino alla formulazione delle azioni prioritarie per il conseguimento degli obiettivi di qualità e all’attribuzione di ruoli a Province e Comuni. “Oggi rendiamo più efficace la nostra normativa incardinando gli strumenti urbanistici locali su posizioni più chiare e in linea con le finalità di coerenza e sostenibilità e garantendo procedimenti più snelli, aumentando gli anticorpi contro il consumo delle risorse ambientali, contenendo quelle fortissime pressioni speculative di chi guarda alla Toscana solo come a un territorio da conquistare o da lottizzare”. “Noi non siamo signornò, né vogliamo stare fermi – spiega D’Angelis – ma una cosa chiara il Piano paesaggistico la dice: qui non c’è un metro quadrato di spazio disponibile per abusi, illegalità, edilizia selvaggia e fuori da ogni regola”. D’Angelis, che ha svolto la relazione introduttiva al seminario, ha ripercorso la storia del territorio toscano, ricordando l’evoluzione millenaria del paesaggio e la nascita delle prime regole per la conservazione e la tutela dell’ambiente, a partire dal lontano 1206 quando a Siena la Signoria impose l’obbligo di “sorveglianza, conservazione e rimboschimento” di Pian del Lago, istituendo anche gli “ufficiali di sorveglianza dei boschi”. “Ma a differenza che nel passato – aggiunge Andrea Agresti (An-PdL), vicepresidente della commissione - è oggi che la tutela del paesaggio si impone come una necessità, perché ai giorni nostri tutto si è velocizzato e i mutamenti territoriali non sempre garantiscono la tutela del paesaggio”. “Il territorio toscano è fra i più belli d’Italia – continua Agresti - Il nostro paesaggio ha subito metamorfosi lente ma continue grazie al lavoro dell’uomo. Dobbiamo molto alle generazioni passate, che hanno saputo adattare il paesaggio alle necessità delle attività umane, senza stravolgerlo. Viene da qui il nostro comune impegno a tutelare un patrimonio che è frutto del lavoro umano, e che ha reso la Toscana famosa in tutto il mondo”.
“Siamo davanti a un passaggio che porta a compimento il PIT (Piano di indirizzo territoriale) dandogli una valenza oltre che politico-istituzionale anche culturale – afferma Severino Saccardi (Pd), consigliere regionale membro della commissione Attività culturali e turismo, che ha introdotto e coordinato la prima parte del seminario – Il paesaggio va visto come elemento da custodire, sì, ma anche come dimensione soggetta a una metamorfosi continua, che va gestita: da questo punto di vista il Piano contribuisce a dare un quadro di riferimento che allo stesso tempo tutela e promuove lo sviluppo, la qualità della vita, il vivere civile, il senso dell’etica e dell’estetica che fa del paesaggio toscano una realtà del tutto peculiare”. Sono stati Riccardo Baracco e Marco Gamberini, della Direzione generale Politiche territoriali e ambientali della Regione, ad illustrare nel dettaglio gli aspetti normativi e le caratteristiche delle schede dei 38 paesaggi toscani. Al seminario sono intervenuti quindi Mario Lolli Ghetti (Direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici della Toscana – Ministero per i Beni e le attività culturali), Felicia Bottino (Università IUAV di Benezia) e Luciano Piazza (INU Toscana). A seguire si è svolto un dibattito coordinato da Andrea Agresti e intorodotto da Massimo Morisi, Garante regionale della comunicazione nel governo del territorio. Numerosi i presenti al seminario tra i quali anche altri consiglieri regionali, membri della commissione Territorio e ambiente. “Le odierne vicende hanno restituito grande attualità al tema della disciplina del paesaggio, un argomento spesso marginale e specialistico – ha commentato l’assessore regionale al Territorio, Riccardo Conti – Volutamente il Piano ribadisce il ruolo del paesaggio come leva essenziale per le politiche orientate alla competitività del territorio, come fattore qualificante rispetto alla capacità di attrrarre investimenti da parte di imprese portatrici di reddito, e non di rendita. Il piano infatti non è solo uno strumento che mantiene un grande patrimonio collettivo: è anche uno strumento di semplificazione, resa possibile proprio grazie al quadro di certezze di cui oggi siamo dotati”.

(ab)

Immigrazione. Colare a picco.

2009-03-31 21:38 ANSA
LIBIA: CENTINAIA I MIGRANTI DISPERSI

ROMA - C'é chi parla di un centinaio di persone disperse nelle acque davanti alla Libia e chi sostiene che siano addirittura duecento; fonti che affermano che almeno due imbarcazioni sono naufragate e chi dice, invece, che a ribaltarsi è stata una sola carretta del mare con 253 migranti a bordo: una delle poche certezze è che un altro barcone, con oltre 350 clandestini, è tornato in porto solo grazie all'intervento di una nave italiana. E che in questa ennesima strage di disperati tra l'Africa e l'Italia sono finora 23 i vivi recuperati e 20 i cadaveri. Le primissime ricostruzioni parlavano di tre barconi colati a picco nella notte tra sabato e domenica a poche decine di miglia dalla costa della Libia, a causa del forte vento. Ma secondo le informazioni dell'Organizzazione mondiale per le migrazioni (Oim), in parte confermate dalle autorità libiche, a naufragare sarebbe stata invece un'unica imbarcazione partita da Said Bilal Janzur, un sobborgo di Tripoli, nella notte tra sabato e domenica.
A bordo ci sarebbero state 253 persone: 23 sono state recuperate vive e 21 sono invece i cadaveri trovati in mare. Le restanti duecento sarebbero disperse, anche se per la Libia sarebbero un centinaio quelli che mancano all'appello. Quanto alle altre due imbarcazioni di cui si era parlato in un primo momento, non si tratterebbe di carrette del mare cariche di immigrati ma di due pescherecci di cui effettivamente non si hanno più notizie. "Ma potrebbero essere lontani, in zona di pesca - ha detto il responsabile dell'Oim a Tripoli, Laurence Hart - oppure potrebbe essere successo qualcos'altro. Ma nessuno è in grado di dirlo con certezza". Non ci sono dubbi, invece, sul ruolo svolto dalla Asso 22, il rimorchiatore italiano che sabato notte è stato chiamato dalla Guardia Costiera libica per riportare a Tripoli un peschereccio in avaria con 363 immigrati a bordo provenienti da Siria, Bangladesh, India e da diversi paesi dell'Africa. "Era pieno zeppo, non c'era uno spazio libero in coperta - racconta il comandante Francesco Barraco -. Ogni angolo era occupato da immigrati e anche all'interno c'erano decine di persone, sembrava una scena di quelle che si vedono soltanto in televisione". La Asso 22 ha raggiunto il porto di Tripoli domenica alle 14, con a bordo tre ufficiali libici.
Alle autorità italiane la vicenda è stata comunicata questa mattina: l'Asso 22 ha infatti spedito un telex alla società armatrice a Napoli domenica alle 8.48, dunque ad intervento ancora in corso. I contatti tra la società e le istituzioni italiane ci sono però stati soltanto stamani. L'Onu, attraverso l'Alto commissariato per i rifugiati (Unhcr) parla di "tragedia della disperazione", mentre il segretario generale del Consiglio d'Europa Terry Davis lancia un'appello ai governi dell'Unione affinché fermino "la trappola mortale creatasi ai confini dell'Europa", creando nei paesi d'origine "le opportunità economiche" per mettere un freno ai viaggi. E torna a farsi sentire anche la Conferenza episcopale italiana, ricordando che "chi sbarca sul territorio italiano" va sempre "accolto, accompagnato e rispettato come persona". E l'opposizione attacca il Governo. "E' evidente che qualcosa non funziona nell'accordo con la Libia" dice il presidente dell'Udc Rocco Buttiglione, mentre di "fallimento assoluto" parla l'Idv e di "politica inumana" Ferrero (Prc). Piero Fassino chiede una "riflessione seria e non propagandistica" su come affrontare il fenomeno e Marco Minniti ricorda che "l'immigrazione va governata, perché altre scorciatoie non esistono". Dal canto suo il ministro dell'Interno Roberto Maroni non raccoglie e parla di "tragedia immane".
"Noi - si limita a sottolineare - controlliamo e gestiamo quanti arrivano nelle acque di competenza italiana dando loro soccorso, sostegno e accoglienza e non possiamo che auspicare che lo stesso intervento venga fatto anche dalle altre autorità, in particolare dalla Libia, per evitare queste tragedie che addolorano e colpiscono tutti". Spesso le imbarcazioni italiane escono dalle nostre acque territoriali per prestare soccorso "quando vediamo che chi dovrebbe intervenire non lo fa e gira la testa dall'altra parte". E questo perché anteponiamo a trattati e confini territoriali la vita umana". Anche per questo, conclude Maroni, sono stati intensificati i rapporti con la Libia e il 15 maggio partiranno i pattugliamenti delle coste con le motovedette cedute dall'Italia.

No Dal Molin. La partecipazione negata!

27/03/2009 fonte: Presidio Permanente


Vietato esprimersi, vietato conoscere, vietato opporsi: di chi è la città? Appello alla partecipazione al convegno per la costruzione della Valutazione d'Impatto Ambientale dal basso

Pochi giorni fa, con l'ennesima sentenza imbarazzante, il Tar del Veneto ha tolto alle donne e agli uomini di Vicenza l'ennesimo diritto: quello di conoscere, attraverso una Valutazione d'Impatto Ambientale, i danni che produrrebbero le costruzioni progettate dagli statunitensi al Dal Molin.
La ragione adotta dai giudici non riguarda l'utilità della valutazione, bensì un banale scherzo del calendario o, più probabilmente, dell'Avvocatura di Stato che ha presentato una documentazione ingannevole sufficiente a giustificare l'ennesimo atto di ingiustizia: il progetto statunitense, infatti, sarebbe stato approvato 10 giorni prima dell'entrata in vigore della normativa europea sulla Valutazione d'Impatto Ambientale.
Non vogliamo soffermarci sul fatto che il progetto preso in considerazione dai giudici è quello vecchio, posizionato sul lato est del Dal Molin (mentre l'attuale ricade sul lato ovest); siamo convinti, del resto, che qualunque cavillo sarebbe stato valido per negare alla popolazione vicentina anche il diritto a conoscere le conseguenze della militarizzazione e dell'arroganza statunitense. In questi mesi, del resto, il commissario Costa ha lavorato sodo per impedire ai cittadini di esprimersi e ai suoi amministratori di rappresentare la volontà contraria della maggioranza della comunità locale.
Vogliamo, invece, denunciare l'ennesimo atto di ingiustizia che si abbatte sulla città patrimonio Unesco per le inestimabili tracce architettoniche lasciate da Andrea Palladio. Dopo che il governo ha rifiutato di tenere in considerazione la volontà di Vicenza, espressa in manifestazioni partecipate da centinaia di migliaia di persone; dopo che lo stesso Tar ha dovuto riconoscere l'illegalità e l'illegittimità di molti atti, sanati in seguito con una sentenza inqualificabile del Consiglio di Stato; dopo che ai vicentini è stato impedito anche di esprimersi, con il divieto, espresso tre giorni prima del voto, a svolgere una regolare consultazione democratica; dopo tutto ciò, ci mancava la ciliegina sulla torta confezionata dai promotori dell'installazione militare: negare una rigorosa Valutazione d'Impatto Ambientale, infatti, equivale a far calare il silenzio della censura sulle sorti del territorio vicentino e della più grande falda acquifera del nord Italia.
Non è possibile esprimersi, tanto meno conoscere: è questo il significato degli atti politici del governo e delle sentenze della magistratura sul Dal Molin. Ma una città è soprattutto il luogo dell'abitare, lo spazio della socialità, il centro del confronto e dello scambio di informazioni; rappresenta, dunque, non un contenitore vuoto che chiunque può riempire, bensì un aggregato di vita e di relazioni: è la nostra casa, la nostra quotidianità, il nostro lavoro, il nostro tempo libero; è, dunque, un luogo dei cittadini e per i cittadini.
Vicenza ha diritto di decidere e di conoscere. Di fronte all'imposizione e alla censura, Vicenza ha il diritto di opporsi e di approfondire. Per questo mercoledì 1 aprile organizzeremo un nuovo convegno. Vogliamo mettere insieme le intelligenze e le competenze della nostra città e di altri territori; vogliamo approfondire e analizzare, conoscere e informare.
Al Dal Molin non si costruirà una casa; al Dal Molin vorrebbero realizzare una base militare che consumerebbe gran parte delle risorse della città, inquinandone altre. La più grande area verde del capoluogo; la più grande falda acquifera del nord Italia; un fiume che costeggia l'area per poi scorrere sotto i ponti all'ombra della Basilica palladiana; un bosco urbano tutelato e siti archeologici di epoca romana. In gioco c'è tutto questo, ma anche la salute di quanti abitano questi borghi, la sicurezza di chi lavora in questi territori, il futuro di chi crescerà e nascerà in questa città.
A chi ci nega anche la conoscenza, risponderemo realizzando saperi e informazione. Ci appelliamo a coloro che amano questa città, a chi crede nella difesa della terra e dei beni comuni, a quanti si oppongono alla militarizzazione e alla guerra; ci rivolgiamo a ingegneri e architetti, geologi e urbanisti; a chi vuol difendere Vicenza e a coloro – gli amministratori locali – che hanno il dovere di difendere i propri cittadini.
Il 1 aprile troviamoci e diamo vita a un tavolo per la realizzazione collettiva e popolare di uno studio tecnico sui danni che produrrebbe la realizzazione del progetto statunitense. Vogliamo avere il diritto ad accedere agli atti e ai progetti; vogliamo poter effettuare sopralluoghi e studi nell'area di cantiere; vogliamo vedere garantita la possibilità, per tecnici e professionisti di valore accademico, di poter effettuare uno studio rigoroso e veritiero sulle conseguenze che potrebbero subire la falda acquifera e l'ambiente della nostra città.
L'informazione e la conoscenza sono un tassello irrinunciabile della democrazia; chi le nega vuol creare un'imposizione, chi le crea vuol favorire la partecipazione.

Prato. Toponomastica: Rosa Parks.

Con piacere diamo notizia di questa richiesta alla toponomastica del comune di intitolare una strada a Rosa Parks.
Ci associamo volentieri a Moreno Zazzeri.
MV

Prato, 17/03/2009

All’Ufficio Toponomastica
Richiesta intitolazione di strada o piazza pubblica a Rosa Parks

Con la presente vengo a richiederVi la possibilità di intitolare una strada o piazza pubblica a Rosa Parks, simbolo del movimento per i diritti civili statunitense, famosa per aver rifiutato nel 1955 di cedere il posto dell’autobus ad un bianco, dando così origine al boicottaggio degli autobus di Montgomery in Alabama, morta a Detroit il 25 ottobre 2005 all’età di 92 anni essendo nata il 4 febbraio 1913.
Il 1 dicembre 1955 Rosa Parks rientrava a lavoro, come tutte le sere, faceva la cucitrice. Siamo a Montgomery, nell’Alabama, dove vigeva, come altrove, il regime di segregazione tra neri e bianchi, in virtù del quale i neri avevano posti riservati negli autobus, nei cinema, nei ristoranti, a scuola.
Rosa salì sull’autobus per tornare a casa e si mise seduta in un posto libero, ma gli fu intimato di alzarsi perché non era un posto riservato ai neri; Rosa non si alzò, e non perché era anziana e stanca, come l’immaginario collettivo ne ha tracciato il ricordo, aveva solo 42 anni, ma era stanca, anzi stanchissima di subire l’ingiustizia continua. Vicino a lei altri tre passeggeri neri si alzarono subendo l’ennesima umiliazione quotidiana. Rosa rimase al suo posto, sfidò la legge, nonostante i ripetuti ordini dell’autista, finché non fu arrestata per violazione delle leggi segregazioniste e passò la notte in carcere, pagando anche una multa di 14 dollari. Ma il suo gesto non passò inosservato, ed un venticinquenne pastore della chiesa battista di Dexter Avenue a Montgomery, Martin Luther King, proclamò lo sciopero dei passeggeri degli autobus. Anche King fu arrestato insieme ad altre 90 persone di colore con l’accusa di aver intralciato un servizio pubblico, ma ricorrendo in appello vinse.
La protesta infatti, fu esplosiva perché la maggioranza dei pendolari che usava i mezzi pubblici erano cittadini neri (ma anche molti bianchi aderirono, molte le donne), e il boicottaggio e lo sciopero di 381 giorni misero in ginocchio le stesse compagnie degli autobus.
Da Montgomery la vicenda si diffuse a livello nazionale, fino a far dichiarare alla Corte Suprema Americana, il 13 novembre 1956, che la segregazione sugli autobus era illegale.
Tuttavia solo nel 1965 il presidente americano Johnson firmò la legge che vieta la discriminazione razziale.
Da questo gesto di Rosa ha inizio il movimento non violento per i diritti civili, guidato proprio da Martin Lother King.
Rosa Parks è morta all’età di 92 anni ma per il suo viaggio in quell’autobus di Montgomery ha pagato un prezzo che tutti dovrebbero essere in grado di pagare, il prezzo della dignità per un biglietto per un mondo più giusto.
Penso che la città di Prato, da sempre in prima linea contro le ingiustizie, le disuguaglianze e da sempre in difesa dei diritti umani, debba ricordare Rosa Parks intitolandole una strada o una piazza.

In base alla legge 23 giugno 1927 n. 1188 art. 4 sono a richiederVi di far richiesta al Ministro dell’Interno di consentire la deroga alle disposizioni di cui all’articolo 2 della suddetta legge (dieci anni dalla morte).
Sperando che questa richiesta venga accolta, porgo distinti saluti.
Zazzeri Moreno

Università. Nel Paese dei Baroni.

Dal Tirreno di oggi (31.03.'09) riportiamo tre articoli. Il Primo tratta delle disgrazie del cosiddetto riordino (!) che è poi solo un grande casino del quale fanno le spese gli studenti. Tagli è la parola giusta. Meno cultura e... se è possibile, ancora più baroni. A seguire due pezzi sul libro denuncia: "Un paese di Baroni", scritto da Davide Carlucci, per le edizioni Chiarelettere.
MV


Scienze politiche e beni culturali saranno i più colpiti dal riordino

In bilico anche lauree giuridiche e di economia
Il calcolo lo ha fatto il Sole 24 Ore. Le università si apprestano a sfoltire i corsi di laurea e a rischio cancellazione, tra le classi con il maggior numero di corsi da tagliare, c’è davvero un po’ di tutto, dai beni culturali alla comunicazione, dalle tecnologie farmaceutiche alla formazione. Ecco comunque la classifica nazionale stilata dal quotidiano della Confindustria con, appunto, la quantità dei corsi che finiranno sotto la mannaia: Scienze dei servizi giuridici 25; Scienze dei beni culturali 15; Scienze dell’economia e della gestione aziendale 12; Scienze della comunicazione 10; Scienze politiche e delle relazioni internazionali 10; Scienze e tecnologie delle arti figurative, della musica, dello spettacolo e della moda 10; Scienze dell’educazione e della formazione 9; Scienze e tecnologie farmaceutiche 9; Scienze economiche 9; Tecnologie per la conservazione e il restauro dei beni culturali 9.


Atenei specchio del paese dove il merito non conta
DAVIDE GUADAGNI
Il libro denuncia di Davide Carlucci e Antonio Castaldo - “Un paese di Baroni” - pubblicato da Chiarelettere, la casa editrice che pare essere diventata l’ecoscandaglio del nostro disastrato paese, viaggia nelle aule dove si dovrebbe formare la nuova classe dirigente italiana. Più di trecento pagine dove aleggiano le ombre del potere dinastico, della massoneria diffusa, della prepotenza, del ricatto. Dove si racconta che gli intoccabili baroni italiani non si fermano davanti a nulla, feudatari assoluti nelle loro torri d’avorio, se ne fregano delle denunce, delle sentenze, delle proteste, ma soprattutto del futuro dei loro allievi e del loro paese. Ma procediamo con ordine.
Metà laureati. Le università italiane tronfie di una gloria antica, oggi parcheggiano una quantità enorme di studenti, dei quali, meno della metà arriverà alla laurea. Gli studenti che si laureano sono il 45 per cento degli iscritti contro una media Ocse del 69. In rapporto alla popolazione i laureati italiani sono circa la metà degli altri paesi, il 17 per cento contro il 33.
Buste paga. I professori ordinari, circondati da stuoli di precari sottopagati e sfruttati, tutelano i loro compensi che variano dai 5mila agli 8mila 500 euro. Sopra la media europea che passa dai 4mila 500 euro dei tedeschi fino ai 6mila5 00 degli inglesi. Carriera costruita sul merito? Macché, qui si procede per anzianità, più sei vecchio e più ti pago, tanto per non sbagliare.
Orario di lavoro. Ma quant’è l’impegno medio di un ordinario? Tre ore e mezza al giorno per cinque giorni alla settimana. In pratica, per lavorare quanto lavora un operaio in un anno, sono necessari a un professore due anni e quattro mesi. Il dato, pubblicato nel maggio scorso dal Sole 24 ore, ha prodotto una sollevazione dei docenti che, in un documento indignato che ha raccolto 240 firme (gli ordinari italiani sono circa 20 mila), scrivevano che quel dato nulla ha a che fare con il reale stato delle cose. Già, ma qual è il “reale stato delle cose”.
Malcostume. Capitolo cospicuo. Uno dei casi più clamorosi riguarda colui che per lungo tempo è stato ritenuto il numero uno dell’università, Piero Tosi, magnifico rettore a Siena per sei mandati consecutivi e presidente della conferenza dei rettori (Crui). Dopo quattro anni di indagini, nel 2006, viene sospeso dall’incarico con un’ordinanza del gip di Siena.
La denuncia era partita da un precario che ambìva (e ne aveva merito) a un posto di ricercatore nella facoltà di medicina.
Sul filo di lana, era prevalso l’amor paterno e quel posto se l’era aggiudicato un giovane con meno esperienza, meno titoli, ma con un nome composto e un cognome noto: Gianmarco Tosi.
Che fa, non si ritira? Ma quando i concorsi sono a titoli e le commissioni non sono plasmabili, come si rimedia? Semplice, basta eliminare i concorrenti.
Scoraggiandoli, diciamo. Di questi e di altri spericolati artifici sono stati accusati nel 2004 un gruppo di cardiologi: Rizzon, Guazzi, Padelletti, Dei Cas, con il presidente del loro collegio, il pisano Mario Mariani.
Secondo l’accusa avrebbero truccato almeno 12 concorsi. Oggi, a sette anni dall’inizio delle indagini e cinque dagli arresti e dal rinvio a giudizio, nessun giudice si è pronunciato in merito. Insomma, fino a prova contraria, sono da ritenersi innocenti. Nelle intercettazioni dell’indagine, tra le mille smancerie, si può leggere una frase emblematica, rivolta da Mariani a un collega che lo informa che un suo allievo, già costretto a rinunciare a un concorso precedente, non è più disponibile a farsi da parte: «E vabbé, non si ritira più? Allora ti dirò che detto per detto, a me non piacciono questi atteggiamenti». E che diamine!
Nepotismi toscani. Il malcostume, dunque, ha spesso a che fare con gli affetti familiari. Si scopre ad esempio che due chirurghi del Policlinico Le Scotte di Siena, indagati per due successive operazioni sullo stesso paziente che non è sopravvissuto, hanno curiosamente lo stesso cognome: Setacci. Di nome fanno Carlo e Francesco. Sono padre e figlio.
Il figlio era diventato ricercatore prevalendo sul figlio di Gaetano Di Donato, primario napoletano, che però appena tre settimane dopo supererà il concorso con una commissione, presieduta da Setacci padre, che promuoverà ricercatore, in quello stesso concorso, anche Stefano Mancini figlio del chirurgo Sergio Mancini. E, di padre in figlio, analogo destino seguiranno, in Toscana, i Pessina, i Botta, i Brizzi, i Bertelli.
Che carriera. Fulgida carriera è anche quella di Luigi Berlinguer, già professore e preside a Sassari.
Diviene prima rettore a Siena e quindi presidente della Crui, poi deputato, poi senatore, poi ministro, poi ancora senatore poi membro del Consiglio superiore della magistratura. Un quotidiano senese attribuiva questa sua propensione all’ascesa e agli incarichi all’affiliazione massonica.
Chi se la suda. Il libro svela anche l’altra università, quella di chi lavora seriamente e per pochi soldi. Riporta le storie di chi si è ribellato ai concorsi truccati. Racconta di studenti, dottorandi e ricercatori che, dopo una vita di studio, esperienze all’estero e pubblicazioni, aspettano il loro turno con sempre minori speranze. Mostrando questo ennesimo aspetto della bancarotta della classe dirigente.
Non è tutto così. Il rischio di quest’inchiesta è il medesimo di altre meticolose opere di denuncia: fare d’un erba un fascio, estendere l’atteggiamento di alcuni all’intera categoria, favorire la sfiducia e la demagogia. Evitiamolo. Sforziamoci di distinguere. Chiunque abbia a che fare con l’università, però, sa che cattive abitudini, carriere fulminanti, cognomi uguali, consuetudini incresciose, precariato infinito sono costume radicato. Porsi il problema sarebbe doveroso.
da Davide Carlucci, Antonio Castaldo “Un paese di Baroni” (Chiarelettere, pagine 309, euro 14,60)

Il binomio vincente? Massoneria e parenti eccellenti

Ecco alcune citazioni dal libro, da noi titolate.
Massoni e pietruzze. «I rettori italiani? La metà di loro è iscritta alla massoneria» (Stefano Podestà, ex ministro dell’Università, 1996).
Nessuno, ti giuro nessuno. «Non ho mai conosciuto nessuno che sia diventato professore solo in base ai propri meriti» (Paolo Berinetti, preside, Torino).
Le due torri. «A Bologna ci sono due lobby, massoneria e Cl. Controllano la Sanità e la facoltà di Medicina. È sempre stato così». (Libero Mancuso, assessore comunale, Bologna).
Paragnosta. «Il giorno stesso che presentai domanda per quel concorso, prima che fosse nominata la commissione e fossero noti i partecipanti, scrissi due lettere in cui prevedevo i membri, chi l’avrebbe presieduta e i nomi dei vincitori, le spedii a me stesso e a un avvocato. È andata esattamente così». (Tommaso Gastaldi, professore associato di Statistica a Roma).
Invisibili. «Non mi sento neppure precario, sono un invisibile e temo delle rappresaglie. Ho paura» (Anonimo, Università di Genova).
Criteri di scelta. «Tra i criteri, quello assolutamente privilegiato è il favoritismo di tipo parentale» (Giuseppe De Benedictis, giudice, ordinanza d’arresto di docenti).
Talis pater. «Sfogliando l’annuario accademico, sembra di leggere le tavole di Mendel, tale è la regolarità con cui si succedono i nomi dei padri e dei figli» (Lino Jannuzzi, giornalista, 1965).
Saluti da Barcellona. «Non torno in Italia perché non è un paese democratico. Non è riuscito a far piazza pulita della partitocrazia e dei baroni» (Paolo Macchiarini, direttore di chirurgia toracica a

Le Mani sulla città. Town Meeting, la conferma della "partecipazione" che non c'è stata

Centoquattro persone fermate su centotrentacinque partecipanti al Town Meeting ufficiali (anche se di questo dato dovremo fare attenta verifica), novantatre interviste realizzate.
Solo questi numeri basterebbero ad indicare il successo del presidio svoltosi in occasione del “town meeting” di sabato 28 marzo.
E i risultati confermano pesantemente quello che i Comitati e i soggetti promotori della mobilitazione sostengono da tempo: nonostante il “town meeting” si dovesse collocare, proprio per esplicita dichiarazione dell’amministrazione comunale, come termine della seconda fase del processo partecipativo sullo Statuto del Territorio, quasi il novanta per cento degli intervistati o non era a conoscenza della prima parte (quella conclusasi il 19 dicembre) – o ne è venuta a conoscenza in un periodo che va dalle scorse due settimane fino a tre mesi fa, e che quindi tutto il processo è inficiato da carenze strutturali – informative, comunicative e metodologiche – che ne avrebbero dovuto consigliare un profondo ripensamento.
Il dato infatti smentisce clamorosamente – proprio perché ricavato da un campione di cittadini selezionati direttamente dall’amministrazione – la fantasiosa ricostruzione del capogruppo PD Luca Roti, - e pure della stessa giunta - che nei giorni scorsi parlava di “fatti” che avrebbero dimostrato un “vasto e diffuso ambito della discussione,”una vera prova di “ascolto” della città, che ha dato ottimi risultati” , e con buona pace dell’assessore Ciuoffo dimostrano che le nostre erano qualcosa di più che “teorie”.
Non solo è mancata questa “ampia” discussione che avrebbe dovuto elaborare gli elementi conoscitivi necessari, ma nello stesso svolgimento del town meeting si stanno rilevando, ad una prima sommaria analisi, elementi di criticità che saranno oggetti di una attenta valutazione. Elementi che saranno resi pubblici, insieme ai risultati del sondaggio, in occasione della conferenza stampa che terremo nei prossimi giorni e che costituiranno il nucleo delle osservazioni che invieremo all’Autorità Garante per la Partecipazione e al Garante per la comunicazione sul governo del territorio della Regione Toscana.

Il Coordinamento dei Comitati Cittadini di Prato, Municipio Verde, Lista civica Giovani e Famiglia, Lista Civica Per il Bene Comune, Lista Civica Prato 5 stelle Amici di Beppe Grillo, Primavera di Prato, Associazione per La Sinistra, Comitato delle Badie, Sinistra RossoVerde

Rifiuti. Il "boom" che non basta!

Nonostante il sensibile incremento della differenziazione, siamo ancora molto lontani da quel 55% che deve essere raggiunto nel 2010.
E' necessario passare, entro l'anno, ad un sistema di raccolta porta a porta per tutta la città di Prato! Quando ci sarà la volontà politica ed amministrativa?
MV

da il Tirreno del 31/03/09
Raccolta differenziata, un vero boom

Aumento del 4,3%, siamo oltre il 46. Cresce l’attenzione dei cittadini

La nuova impennata non sembra dovuta al servizio avviato nel centro storico

PRATO. Raccolta differenziata al 46,13 per cento nell’area pratese: è il risultato raggiunto nei primi due mesi del 2009. Rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, la percentuale è aumentata di 4,30 punti, mentre prendendo a riferimento tutto il 2008 l’aumento è del 3 per cento.
A crescere, in particolare, la frazione organica che segna +35,4 per cento.
Aumento anche per carta e cartone, +7,4 per cento, e vetro, plastica e lattine con +5,2 per cento.
Il raffronto tra i due bimestri evidenzia una riduzione della quantità di rifiuti indifferenziati (1.388 tonnellate in meno a gennaio-febbraio 2009), a favore di quelli raccolti in modo differenziato (circa 1.150 tonnellate in più): ciò dimostra l’attitudine sempre più marcata dei cittadini a gestire correttamente le diverse tipologie, dividendo carta, cartone, vetro, plastica, lattine, frazione organica.
L’aumento della raccolta differenziata è riconducibile alle strategie di ASM messe in atto per raggiungere le soglie indicate a livello regionale (55 per cento entro il 2010) e nazionale (65 per cento nel 2012). Due obiettivi che di questo passo sembrano tutt’altro che irragiungibili.
Raccolta dei rifiuti porta a porta in alcune aree della provincia (comune di Vaiano), raccolta integrale dei rifiuti porta a porta con cassonetto personale nelle zone industriali e artigianali, progetto “Raccogli meglio”, ovvero ottimizzazione delle piazzole ecologiche per incrementare la raccolta differenziata anche mantenendo il tradizionale sistema di conferimento.
Accanto a questi servizi, anche raccolte dei rifiuti personalizzate per le aziende, e gestione delle raccolte di pile, farmaci, toner, oli vegetali e ingombranti per le famiglie.
Non solo: agli utenti di tutta la provincia, contestualmente all’invio delle bollette Tia, arrivano - o sono arrivate - brochure con informazioni dettagliate sulle raccolte differenziate.
Nel 46 per cento di raccolta differenziata, il servizio di raccolta porta a porta nel centro storico di Prato, avviato il 16 febbraio, gioca ovviamente un ruolo molto marginale e ciò significa che la percentuale è destinata ad aumentare con i prossimi bilanci periodici.

Prato. Economia: i cinesi che investono a Prato

Pensiamo bastino le parole di Zhang... senza commenti...
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da il Tirreno del 31/03/09
Un’alleanza tra cucina toscana e cinese

Euroingro si allarga, accanto agli stand di vestiti aprirà un maxi ristorante

A portare avanti l’iniziativa è l’imprenditore Valerio Zhang

PRATO. Non più solo affari e shopping all’ingrosso nei capannoni di Euroingro. Tra poco nel centro del Macrolotto si potrà anche gustare una bistecca alla fiorentina o un piatto di involtini primavera. La novità del ristorante multietnico fa parte dell’ultima scommessa di Valerio Zhang, il 30enne imprenditore che con altri due soci gestisce il colosso espositivo nel cuore della zona industriale.
Anche se ancora non è stato messo il cartello dei lavori in corso (in attesa dell’ok sulla variante urbanistica), se tutto filerà liscio come l’olio il progetto di ampliamento di Euroingro dovrebbe completarsi entro maggio. Con l’integrazione di 2.500 metri quadrati di superficie, che vanno ad aggiungersi ai 6.500 già esistenti, il polo espositivo del Macrolotto si candida a divenire un centro servizi all’avanguardia per il pronto moda dagli occhi a mandorla.
Ci sarà più spazio per le aziende, con 18 stand in più ricavati dal prolungamento dello stabile preesistente, mentre nello stabilimento di 1.600 metri quadrati che sorgerà a due passi (con ingresso indipendente da via Gora dal Pero) saranno installate altre 20 postazioni espositive, oltre a tre angoli disponibili per altre realtà di pronto moda. «In questi giorni ci stanno arrivando le richieste delle aziende - fa sapere Valerio Zhang - che saranno valutate privilegiando il prodotto di fascia medio alta. Non sarebbe male se in questa occasione si proponessero anche i pratesi, a dimostrazione della nostra volontà di collaborare per creare nuove sinergie nel distretto». Nel frattempo un primo contatto con i pratesi Valerio l’ha già avuto, ma per la gestione del bar ristorante che vedrà la luce al primo piano dello stabile ancora da costruire.«Un po’ di tempo fa - racconta Zhang - mi aveva telefonato un commerciante pratese, del quale mi sfugge il nome, interessato a gestire il servizio di ristorazione. Ben volentieri avrei accettato la sua offerta, se non fosse che avevo già preso accordi con un catering cinese». E il ristorante cui si riferisce il titolare di Euroingro è la trattoria”Lu Chen” di via Filzi. Sarà davvero un’impresa per il cuoco cimentarsi nella cucina di piatti cinesi e toscani per la variegata clientela che ogni giorno si fa vedere in quel del Macrolotto. Qui si fermano i commercianti di abbigliamento provenienti da molte zone dell’Europa dell’Est, in primis Polonia e Ungheria, pronti a fare rifornimento di merce nei loro furgoni sempre zeppi di vestiti e articoli all’ultima moda. «In realtà gli ordinativi che arrivano da questi paesi sono in calo, per effetto della svalutazione della nostra moneta su quei mercati», fa notare Zhang. Che però non si dà per vinto, nonostante i venti di crisi che soffiano anche sulle ditte di pronto moda cinese. E lo dimostra la volontà di buttare capitali (ancora top secret il valore economico dell’investimento) nel progetto di Euroingro. «Per questo mi viene da sorridere quando sento dire che i cinesi si disinteressano del territorio in cui lavorano sulla base delle rimesse in denaro che mandano in Cina. Personalmente non la vedo così. Il mio futuro è qui a Prato, dove voglio investire le mie risorse per dare un’opportunità ai miei figli».
La crisi insomma non fa paura a Valerio Zhang, che ha scelto di investire in un periodo non proprio felice per fare affari sul distretto.«L’ampliamento degli spazi produttivi - precisa l’imprenditore - rientrava negli accordi stabiliti con la proprietà del terreno che è quella dell’ex lanificio Nello Gori. Mi auguro comunque che i ritorni economici siano sufficienti a compensare queste scelte coraggiose».
Maria Lardara

Prato. Economia: chi ha investito negli immobili...

Trenta milioni di euro di esposizione per investimenti immobiliari...
Immobiliari???
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da il Tirreno del 31/03/09
«Anche noi in crisi di liquidità»

Miliotti venderà degli immobili per rispondere alle esigenze del Gruppo

«L’esposizione per 30 milioni di euro deriva da investimenti immobiliari fatti e quindi ai debiti corrisponde un valore»

PRATO. Sono i Gruppi più strutturati in questa fase della crisi a vivere il momento peggiore. Carichi di maggiori costi fissi e meno veloci a cambiare le carte in tavola delle realtà meno strutturate hanno più difficoltà a far fronte alle difficoltà finanziarie. Anche se, alle spalle, possono contare su imprenditori con una solidità finanziaria al di là di ogni sospetto e comunque decisi a credere nel futuro del settore tessile. Anche Franco Miliotti, con il suo Gruppo (42 milioni di euro di fatturato solo per il tessile), è in una fase in cui deve tenere forte e ben saldo il timone.

Grossi investimenti immobiliari hanno determinato, nel 2007, un’esposizione di 30 milioni di euro e una conseguente necessità di iniettare nuova liquidità nelle sue aziende. E lo sta facendo trattando la vendita di alcune proprietà immobiliari.
La situazione di forte crisi, comune a numerose aziende di Prato, si dice che anche il suo Gruppo sia in una fase di sofferenza. Si parla di un’importante operazione di razionalizzazione dei costi
«La situazione è quella di tutte le aziende pratesi. Il mercato non ha dato le risposte immaginate e quindi si sta cercando di reagire minimizzando le spese, cercando di redistribuire le risorse umane e aggredendo il mercato come si può. Dal punto di vista degli ordini però questo periodo non è negativo: stiamo andando verso l’acquisizione delle stesse commesse dell’anno scorso. Il problema maggiore è quello dell’assicurazione dei crediti. Molti clienti hanno subito grosse riduzioni e quindi, ogni volta, c’è da scegliere se accettare le loro richiesto oppure se è preferibile perdere il lavoro. Tra i clienti che vivono la crisi ci sono anche quelli importanti e quindi fare delle scelte non è facile. Si dice che siamo tra quelli che più hanno crediti con Ittierre invece abbiamo una cifra piuttosto bassa. E l’abbiamo perché l’abbiamo voluto: l’obiettivo era continuare a lavorare anche con i commissari».
Il suo Gruppo ha però una situazione debitoria molto elevata. 30.000.000 di euro nel 2007.
«E’ una cifra che appare in bilancio e che colpisce ma che è determinata da importanti investimenti immobiliari fatti. Abbiamo acquistato lo stabilimento della Giunti nel Macrolotto, altri immobili occupati da Telecom. La contropartità è quindi un’importante valore all’interno del Gruppo. Non a caso stiamo mettendo a punto delle partite immobiliare per realizzare e rendere più liquida la situazione aziendale».
Si spieghi meglio.
«Stiamo vendendo degli immobili. Non voglio entrare nel merito né sulle cose in vendita né sui numeri ma in tempi molto brevi, nel giro di un mese, arriveremo a concludere».
Quindi ha deciso di scommettere ancora sul tessile.
«Ci dobbiamo scommettere. Si deve partire dal presupposto che non tutti, per sempre, vorranno vestire abiti cinesi. Ora si tende a risparmiare ma appena rispunta il sole la richiesta di prodotti italiani riprenderà. Credo che lo spazio per noi ci sia. Per la qualità di quello che facciamo e per i tempi, ancora lunghi, che loro hanno nel rispondere alle richieste».
Non si può presupporre però dai costi di produzione. A fronte di un impegno del tessile ci sarà anche una razionalizzazione del personale?
«Adesso, come primo passo, stiamo riadattando un po’ i ruoli. Va detto però che non si può essere stoici. Siamo rimasti gli ultimi a non aver fatto dei tagli e il rischio, continuando a subire i costi alti, è quello di rimanere impiccati. Visti gli scenari credo che dovremo anche noi alleggerire. Snellire non significa però tagliare tutti: si devono fare scelte che vanno verso la qualità e il servizio alla clientela. Presupposti per lavorare domani».
Ilenia Reali

Archeoambiente. Gonfienti: sarà mai fruibile?

dal blog di Primavera di Prato

L'Interporto sta recintando l'area degli scavi e, probabilmente d'accordo con la Soprintendenza, li sta blindando. Primavera di Prato si dichiara preoccupata di quanto avviene e chiede:
A quando una fruizione della città etrusca?
A quando la ripresa degli scavi?
A QUESTO PUNTO sarà davvero possibile includere la città etrusca sul Bisenzio nel Parco della Piana o ci stanno raccontando le solite favole?
Recintando pensano di impedire altre riprese? Lo scandalo è cosa pubblica, che ormai è stato registrato e diffuso.
"Primavera di Prato" organizzerà per sabato 18 aprile 2009 una giornata dedicata ai video su Prato.
Saranno proiettati i seguenti video:
"Gonfienti muore"
"Gonfienti è morta (Il Requiem)"
"Periferia smarrita, centro mancato", (una sorta di percorso dantesco nella città di Prato, con sguardo particolare alla periferia sconosciuta della città, come la zona delle Pantanelle, ecc.).
La proiezione avrà luogo al Teatro la Baracca con ingresso libero. Comunicheremo a tempo debito gli orari esatti delle singole proiezioni.

lunedì 30 marzo 2009

Politica. Non avevano capito nulla. Come adesso.

Qualche cenno storico di Violante dal Corriere, commentato da Robecchi sul Manifesto. Si narra della lungimiranza di alcuni importanti uomini politici dell'attuale PD.
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Alessandro Robecchi
Quando Berlusconi faceva ridere
da il Manifesto 28.03.09

Che il pensiero unico del leader unico si trasformi in partito unico non può stupire. Che la cerimonia diventi una cosuccia imperiale sospesa tra Bokassa e «Ok il prezzo è giusto» nemmeno, perché la sostanza culturale è quella, e lo sappiamo. E dunque nel giorno dell'incoronazione del monarca della libertà (la sua), ciò che fa veramente stupore e ci annichilisce è il candore disarmante di chi poteva impedire tutto questo, e non lo fece. Di chi ricorda oggi senza rabbia e senza vergogna, con immutato candore, errori di dimensione storica, però raccontati e stigmatizzati con la leggerezza dell'aneddoto curioso.E si parla dunque qui, come avrete capito, di George W. Violante, il prestigioso dirigente democratico (Pci, Pds, Pd, e succ. mod.) che si comporta esattamente come l'originale, quel poveretto di George W. Bush.Bush, l'uomo che dopo aver devastato il devastabile e fallito tutto il fallibile disse... ops, mi sono sbagliato. Ecco, in una gustosa intervista pubblicata ieri dal Corriere della Sera, George W. Violante dice proprio questo: perdindirindina! Non capimmo, non vedemmo! La prendemmo a ridere! Quando il cumenda della tivù scese in campo noi pensammo: «Come si permette di irrompere nella nostra politica in modo così sgrammaticato?». Mette oggi una discreta rabbia questo insulso fatalismo di George W. Violante, rivela dosi di imperizia, incapacità di lettura della realtà, ignoranza dei fenomeni sociali, e in sostanza di incapacità politica che potrebbero ammazzare un cavallo. E pure un paese. Nessuno capì. Nessuno vide. Ci racconta Violante che «Pecchioli qualcosa intuì», che forse D'Alema vagamente annusò. Tutto qui: nessuna delle grandi menti luminose e progressive del grande Pci seppe prevedere quel che sarebbe seguito: 15 anni di rovinose sconfitte, il cambiare degli equilibri in senso storico, un'egemonia culturale fatta di Grandi Fratelli e Marie De Filippi. Ed è solo l'inizio. Ops!... mi sono sbagliato, dice George W. Violante. E insieme a lui tutti gli altri. Si sbagliarono quelli dei patti scellerati che promettevano l'intangibilità della fabbrica del consenso berlusconiano (le tivù non saranno toccate, sempre Violante). Si sbagliarono i George W. D'Alema che andarono a Canossa, provincia di Cologno Monzese, a tranquillizzare i boss del Biscione che la loro azienda era comunque una «risorsa per il paese» (e quelli, geniali, li ricevettero negli studi di Stranamore!). Si sbagliò, più volte e più di tutti, George W. Veltroni, la cui sconfitta ha dimensioni che solo gli storici - forse - avranno il coraggio di affrontare. E insieme si sbagliarono tutti gli altri, uniti (salvo i defunti) da un unico, indissolubile e innegabile filo resistentissimo che ne lega i destini: stanno ancora tutti lì. Cioè, per capirci: quelli che, come racconta George W. Violante, «pensammo a una cosa poco seria», quelli che «noi ironizzavamo», quelli che «ci credevamo poco», dopo un errore così spaventoso che costa al paese una ventina d'anni di peronismo per gli acquisti, stanno ancora tutti lì. Al loro posto, in Parlamento, in ruoli di altissima responsabilità, dirigenti, padri nobili, osannati, citati e letti (e pubblicati quasi sempre dalle case editrici di proprietà di Berlusconi, peraltro). Dopo un errore così monumentale, che ci è costato tanto, che ci perseguiterà ancora per anni, e dopo la sua così candida ammissione, che fare di tutti questi George W.? Non siamo in Giappone, il suicidio rituale non ci piace. Ma almeno andarsene in silenzio, tacere, vergognarsi un po' della propria incapacità - anziché trasformare in aneddoto la propria dabbenaggine - sarebbe consigliabile. Ops, ci siamo sbagliati! Pure noi, tutti, a non farli sloggiare quindici anni fa. Una prece.



27 marzo 2009 da il Corriere della Sera
«Berlusconi? Non avevamo capito nulla»
ROMA - «L’inizio di tutto? Ho un ricordo netto, visivo, e quasi fisico: ero nel mio ufficio di presidente della commissione Antimafia, a Palazzo San Macuto, e stavo guardando i tigì di mezza sera. All’improvviso sentii dare questa notizia: "L’imprenditore Silvio Berlusconi ha deciso di appoggiare il leader dell’Msi Gianfranco Fini che, nella corsa a sindaco di Roma, è impegnato contro Francesco Rutelli, candidato del centrosinistra"... Beh: mai, prima di quel momento, c’era stato qualcuno così sfrontato nell’appoggiare un esponente di destra, e di una destra vera, autentica... che anno era?».
Era il 23 novembre 1993.
(Luciano Violante ha 68 anni ed è nato a Dire Daua: il padre, giornalista comunista, fu costretto dal regime fascista ad emigrare in Etiopia. Ma su questo non indugiamo: è pomeriggio tardi, dalle finestre del suo ufficio al terzo piano di via Uffici del Vicario si vede il sole venire giù su Roma. È un ufficio bello ed elegante come il rango di ex presidente della Camera impone. Naturalmente di Violante, ora nel Pd, occorre ricordare che fu anche magistrato di spicco e alto dirigente del Pci, e poi, ma questo è in molti libri di storia, uno dei pochi e sinceri amici di Giovanni Falcone). Berlusconi—all’epoca padrone di tv e strepitoso presidente del Milan — decide di mettersi a fare politica: voi del Pds cosa pensaste?
«Pensammo ciò che pensò buona parte della classe politica italiana sopravvissuta a Tangentopoli: ma chi è questo? Cosa vuole? Come si permette di irrompere nella nostra politica in modo così sgrammaticato?».
Tutti sorpresi.
«No... forse non tutti. Ugo Pecchioli, che era presidente della commissione per i Servizi, qualcosa intuì».
Tipo?
«Lui era un politico assai rigido, rigoroso. Di pura cultura comunista. Ma ricordo che un giorno mi disse: "Attenti, le cose nuove, in politica, nascono così"...».
E i diccì? E i socialisti?
«Erano provati dalle vicende di Tangentopoli... Ma tipi come Martinazzoli e Cabras... e anche come Gargani...».
Cosa dicevano?
«Mah, è probabile che loro qualcosa, delle potenzialità di Berlusconi, intuissero. In fondo loro avevano frequentato Bettino Craxi, erano stati suoi alleati e perciò lo avevano incontrato in privato, con lui avevano trattato...».
E quindi?
«Beh, credo che una certa sua capacità di rompere gli schemi, in fondo, la ritrovassero anche in Berlusconi».
Voi, invece, rigidi.
«Non capimmo che cominciava una nuova era».
Perché?
«Aneddoto. Pranzo di Pasqua, a casa mia, in montagna, a Cogne: tra gli ospiti una signora che era funzionaria di Publitalia. La quale, ad un certo punto, fa: "Io ve lo dico... guardate che quello sta fondando un partito"...».
E voi?
«Scettici. Pensando: e che un partito si fonda così?». Ingenui. «Ci credevamo poco. Mentre lui tesseva alleanze, stringeva patti con la Lega, con la destra... noi ironizzavamo».
Per esempio, quando?
«Quando si seppe che ai suoi adepti forniva un kit di ordini: lasciare i bagni puliti, essere sempre sbarbati...».
E quando, il 26 gennaio del 1994, Berlusconi registrò il suo primo messaggio televisivo, mettendo una calza da donna davanti all’obiettivo della telecamera per garantirsi così un effetto visivo più fascinoso?
«Pensammo fosse una roba poco seria. E sbagliammo. Perché lui, invece, aveva già intuito come la nuova società italiana stesse cambiando e, alla verità del merito, tipica della nostra storia comunista, si stesse sovrapponendo la verità della forma».
Achille Occhetto, avversario designato.
«All’ultimo match televisivo si presentò con un abito marrone in stoffa "occhio di pernice" piuttosto triste... Berlusconi, di fronte, come un manichino lucente...».
Ma lo sottovalutaste davvero a lungo. Veltroni, all’epoca direttore dell’«Unità », gli consentì addirittura di scrivere un editoriale in prima pagina per spiegare l’uso delle sue tivù. Vittorio Foa lo definì una «bolla di sapone»...
«Davvero Foa disse questo?... Se posso aggiungere, però, ricordo che D’Alema, almeno lui, non fu tenero. La verità è che Berlusconi, dopo che i suoi tigì avevano cavalcato Tangentopoli, si presentò dicendo "io sono il nuovo". Noi, automaticamente, diventammo il vecchio».
Eppure voi, fino all’ultimo, pensaste di vincere. Occhetto definì la vostra armata elettorale una «gioiosa macchina da guerra».
«Propaganda. Io dico che se ci fossimo alleati con i popolari di Martinazzoli avremmo vinto. Comunque, negli ultimi due giorni di comizi, capii che avremmo perso.
A Palermo, a Caltanissetta.... Ci fu un suo incidente con Marcello Dell’Utri.
«Il quotidiano La Stampa mi attribuì frasi che io non avevo mai pronunciato. Occhetto mi costrinse alle dimissioni da presidente dell’Antimafia, seguì una querela... acqua passata, direi». Oggi comincia il congresso di fondazione del Pdl.
«Il segreto di Berlusconi è che è sempre rinato. Ha vinto, perso, rivinto, riperso, e ancora rivinto. Ogni volta cambiando gioco e regole».
E stavolta?
«Stavolta, con il Pdl, l’obiettivo è quello di dare un nuovo ordine alla società italiana...».

Fabrizio Roncone

Le Mani sulla città. Istituzionalizzare la partecipazione

dal blog di Primavera di Prato


Istituzionalizzare la partecipazione
Scrivo questa nota a margine della mia partecipazione al presidio di controinformazione che si svolto ieri mattina per il Town Meeting organizzato dal Comune di Prato.
La sensazione che ho avuto, sottoponendo le persone al questionario che Lanfranco Nosi di Municipio Verde aveva pazientemente redatto, al fine stabilire con quale grado di informazione e consapevolezza i partecipanti invitati dal Comune si recassero al Town Meeting, è stato quella di cogliere, al di là dei dati statistici, smarrimento in quasi tutte le persone con cui ho avuto modo di parlare.
Essere ufficialmente chiamati a partecipare: già questo mi appare come una anomalia, un contraddizione della partecipazione stessa che sì, deve essere caratterizzata da regole condivise, ma la ‘chiamata’ non può venire dall’alto, dal potere organizzato in forma di cooptazione.
Se ciò avviene, è sempre lecito sospettare, dietro la parola-vernice 'democrazia', l’inganno.
Maila Ermini

Prato. Gli emarginati "di ritorno"

Significativi segnali di una crisi che dura da tempo...
Oltre duecento senza dimora, e in aumento il numero dei pratesi, che devono affidarsi alle cure della Pubblica Assistenza e della Caritas.
Non commentiamo ulteriormente...
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da il Tirreno del 29/03/09
La discesa all’inferno del manager

Erano imprenditori e professionisti, ora vivono sotto i ponti

Emarginati “di ritorno” il numero è in aumento La Pubblica assistenza vara la “ronda della solidarietà” seguendo l’esempio della Caritas

PRATO. Imprenditori di successo o professionisti in carriera fino a ieri, oggi si ritrovano a dormire sotto i ponti e a rannicchiarsi in mucchi di scatole per non soffrire il freddo. Li chiamano gli emarginati “di ritorno”, vittime di quella crisi che nel giro di qualche mese li ha privati della casa e dello stipendio per campare. E a Prato sono in aumento, secondo i volontari della Pubblica assistenza L’Avvenire che da qualche giorno stanno sperimentando un nuovo servizio di ascolto per dare una mano ai barboni e senzatetto che trascorrono la notte senza un riparo in città.
Una “ronda della solidarietà”, un’esperienza umana forte che a Giacomo, Gabriele, Enrico e Annabella, così si chiamano i volontari che si alternano nel turno delle operazioni, ha aperto un mondo sotterraneo, fatto di sofferenze, storie dolorose di uomini e donne che mai avrebbero immaginato.
Un servizio analogo viene già erogato da tempo dalla Caritas con cui la Pubblica assistenza ha tutta la volontà di collaborare. «Non intendiamo sostituirci al loro lavoro, ma semmai affiancarli nell’iniziativa di tendere una mano a queste persone che vivono sulla strada, sopperendo alla carenza di volontari, soprattutto giovani», chiarisce il direttore della Pubblica assistenza Alberto Gallo.
Non è poi così strano, del resto, che questa associazione non si occupi solo di soccorso ed emergenza visto che, circa trent’anni fa, i locali di via San Jacopo ospitavano un dormitorio pubblico. La Pubblica assistenza lancia a questo proposito un appello: «Vorremmo coinvolgere nuovi giovani volontari pratesi per inserirli in una squadra d’ascolto e di sostegno psicologico in aiuto a queste persone». E anche se di ronde si tratta, seppur declinate in chiave solidale, il termine mutuato dal vocabolario leghista non piace ai volontari della Pubblica assistenza che in questa impresa sono partiti in sordina circa un mese e mezzo fa. «Ma l’obiettivo è quello di potenziare le squadre in modo da poter prestare ascolto ogni sera», spiega Giacomo Cellai, uno dei volontari più attivi, che grazie a questa esperienza ha potuto conoscere il volto vero del disagio in città. Eppure, lui non vuole sentirsi un”salvatore”. «Mi limito ad ascoltare queste persone, offrendo loro una coperta, un caffè e una pacca sulle spalle».
Sono circa 200, secondo la Pubblica assistenza, i senza dimora che popolano l’esercito dei nuovi emarginati di ritorno. Si fanno trovare nell’area dell’ospedale o delle poste di via Martini, in cerca di un riparo per passare meglio la notte.«Non sono più solo immigrati, oggi ci sono anche tanti pratesi che prima della crisi avevano una condizione economica dignitosa», spiega Enrico Gentile, un altro volontario.
E che l’emarginazione sociale a Prato abbia cambiato pelle per effetto della crisi lo dimostrano anche i contatti che ogni giorno riceve la Pubblica Assistenza.
«Non riguardano più solo l’emergenza e il pronto soccorso - fa notare Gabriele Alberti - spesso ci chiamano signore che non possono permettersi di fare la spesa e ci chiedono come fare per avere la tessera dell’Emporio».
Maria Lardara

Prato. Economia: l'UIP chiede la sospensione dei tributi

Veramente, non abbiamo parole...
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da il Tirreno del 29/03/09
«E ora sospendete Irap e tributi»

Industriali preoccupati per la mancanza di liquidità delle aziende

Il presidente Marini «Apprezziamo quanto fatto finora ma servono altri provvedimenti»
PRATO. Il bilancio delle misure a sostegno dell’economia pratese: qualche buon risultato, ma ancora molta strada da fare. Questa l’opinione del presidente dell’Unione industriale pratese Riccardo Marini. «E’ urgente individuare misure per trattenere liquidità in azienda; al tavolo di distretto la proposta di chiedere la sospensione di Irap e tributi». Bene le prime risorse poste a disposizione da Governo e Regione per la cassa integrazione che hanno consentito intanto di sbloccare alcune situazioni critiche.

L’auspicio degli industriali è che le risorse, 10 milioni di euro per la Toscana, vengano rese disponibili nei tempi e nei modi utili a garantire un’efficace azione di allentamento della crisi. Per il credito, i fondi di garanzia della Regione attivati attraverso Fiditoscana si stanno rivelando interessanti per varie imprese industriali. Rimangono, sempre in base a quanto fa sapere l’Unione, criticità per le imprese che viceversa non hanno parametri coerenti con quelli previsti, anche se per molte di esse c’è la preziosa risorsa del Confidi. Una parte dello stanziamento da 1,6 miliardi a garanzia dei fidi assicurato dal Governo a Confindustria sarà destinato alla Toscana e quindi anche a Prato. E sempre Prato sarà fra le pochissime aree a beneficiare del fondo di garanzia, per 10 milioni complessivi, riservato ai distretti virtuosi dal punto di vista ambientale. A Prato l’Unione industriale sta effettuando una seconda rilevazione presso le aziende socie per poter disporre, sull’andamento dei fidi e delle condizioni praticate, di dati aggiornati, nella prospettiva di un confronto con la Prefettura. Le misure adottate, cui si aggiungono i cosiddetti Tremonti-bond, dovrebbero effettivamente attenuare le difficoltà nell’accesso al credito. «Accanto ai due temi condivisi a livello di tavolo di distretto, ammortizzatori e credito, come Unione abbiamo sempre rimarcato l’importanza fondamentale di provvedimenti che servano a trattenere liquidità in azienda - commenta Riccardo Marini, presidente dell’Unione - e quindi sono essenziali interventi urgenti sul piano fiscale. Domani l’Unione sottoporrà al tavolo di distretto la proposta di chiedere per Prato un trattamento analogo a quello riservato alle aree dichiarate in stato di calamità. Si tratterebbe in sostanza di stabilire per l’anno 2009 la sospensione dal pagamento di tributi e contributi. La richiesta si fonda sul significativo calo, verificatosi a Prato dal 2001 in poi, dell’incidenza del contributo dell’industria manifatturiera alla creazione di valore aggiunto. La sospensione dei tributi potrebbe cominciare dall’Irap. La prima sede in cui potremmo presentare questa richiesta ufficialmente come tavolo di distretto, se condivisa dagli altri attori locali, è l’audizione del 1º aprile alla Commissione Attività produttive della Camera; poi, auspicabilmente, in altre sedi istituzionali». «E’ inoltre interessante il credito d’imposta sui costi dei campionari. - aggiunge Marini - Chiederemo tempi stretti per la circolare che dovrebbe rendere operativo il provvedimento anche per il tessile. Fa ben sperare l’apertura fatta da Scajola, nell’incontro che abbiamo avuto, sulle accise sull’energia: abbiamo compreso che vi è consapevolezza delle penalizzazioni in cui incorrono le piccole imprese».

Prato verso le amministrative. E i Comunisti Italiani?

Tutti li cercano, tutti li vogliono...
Da Rifondazione Comunista alla Sinistra e Libertà, sono tutti alla corte dei Comunisti Italiani pratesi - fulgido esempio, negli ultimi anni, di fedeltà incondizionata alla giunta del sindaco Romagnoli (pure dopo le defezioni del consigliere Zazzeri e dell'assessore Frattani, approdati ai lidi più sicuri del PD).
E allora, ecco l'appello a "mettersi a disposizione della città" e "di chi si candida a governarla"... Magari in cambio di un altro assessorato?

Il Sorcio Verde
per Municipio Verde



da il Tirreno del 30/03/09
Il Pdci a disposizione della città


E’ necessario che la crisi economica e finanziaria che coinvolge la città e i suoi cittadini, nessuno escluso, sia affrontata con serietà e capacità di analisi e che proposte credibili e realizzabili siano portate a sintesi.
Si deve ritrovare sintonia tra chi amministra la “cosa pubblica” e chi è amministrato riducendo le distanze tra la politica delle istituzioni ed i cittadini.
Dobbiamo essere capaci di coniugare le problematiche quotidiane dei cittadini con le prospettive di un nuovo sviluppo e indicare quel cambiamento necessario per restituire sicurezza nel futuro. E’ in questo complesso contesto che il PdCI di Prato si mette a “disposizione” della città e di chi si candida a governarla, con le proprie idee e proposte programmatiche rivendicando la propria identità ed autonomia sia nel contesto locale che in quello nazionale ed internazionale. Il PdCI si riconosce nelle istituzioni democratiche, repubblicane ed antifasciste e nelle assemblee che ne derivano come luoghi “deputati” alla risoluzione dei problemi dei cittadini, senza distinzione di razza, sesso credo politico o religioso e dove l’interesse comune deve tornare ad essere elemento primario. Su queste basi i comunisti pratesi auspicano un’ampia convergenza programmatica per una rinnovata coalizione di Centro-Sinistra che sia una scelta strategica e non solo elettorale.
Fulvio Castellani (segreteria Pdci)

Prato verso le amministrative. PDL, che ideona!

Insomma, la logistica (che sia "active" o che si lasci senza aggettivi) sembra dover essere la grande miniera d'oro di Prato. Lo sostengono tutti, da sinistra a destra, vista l'uscita dell'ormai ex coordinatore comunale di Forza Italia Silli.
A noi sembra che la logistica, a Prato, abbia già portato sufficienti problemi - vedi Interporto - ed è destinata a portarne, molto probabilmente, altri - vedi il prossimo centro logistico della Coop - anche solo in termini di spazi occupati. Se a questi ci aggiungiamo l'aumento del traffico veicolare nell'area, le problematiche strettamente legate al comparto (dai "falsi" padroncini sottopagati e sfruttati fino al midollo, alle "cooperative" che gestiscono gli hub), in tutta onestà tutte queste potenzialità non ce le vediamo...
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da il Tirreno del 30/03/09
Dalla logistica prospettive per l’economia

Prato fino a pochi anni fa movimentava centinaia di migliaia di tonnellate di merci, dove gli spedizionieri, di tutti i tipi, chi movimentava merci via mare, aria, gomma ecc. si sono moltiplicati negli anni arrivando ad offrire dei servizi impossibili da offrire in altri distretti. Per non parlare poi dei “padroncini”, i famosi artigiani del trasporto che con grande dedizione sono arrivati a consorziarsi, in alcuni casi, per migliorare se stessi, le proprie tariffe e le prestazioni rese.
Molti sono i casi di eccellenza qualitativa dei servizi ma purtroppo la crisi si fa sentire in maniera importante e quindi molte sono le case di spedizione che stanno soffrendo in questo momento. Credo che l’amministrazione comunale e provinciale dovrebbe sedersi ed analizzare seriamente la possibilita’ di fare diventare Prato la capitale Italiana della “Active logistic”, con interventi infrastrutturali adeguati e con una campagna di marketing territoriale mirata e costruita a tavolino con le associazioni di categoria. Una logistica che associ il trasporto internazionale e domestico al frazionamento delle quantità dei lotti delle merci, al magazzinaggio, alla consegna all’utente finale (azienda, negozio, privato o ufficio che sia) fino ad arrivare alla fatturazione e, in taluni casi al mantenimento dell’amministrazione del loro cliente.
Prato ha le caratteristiche necessarie per permettere tutto questo. Un altissima concentrazione di magazzini in una piccola area, uffici, know how, società di spedizioni, padroncini. Il graduale cambiamento verso l’activ logistic potrebbe apportare una serie di benefici: merci di tutti i tipi, anche extra tessile, dirottate a e immagazzinate a Prato, forte utilizzo di manodopera per la movimentazione e la gestione delle stesse, assunzione di impiegati per l’amministrazione ed il disimpegno delle pratiche, utili per le nostre imprese locali e di conseguenza ricchezza prodotta in loco.
Questo in sintesi un esempio di come potrebbe funzionare: ipotizziamo che una azienda di vendite via internet di materiale per ufficio decida di creare il proprio deposito a Prato. Lo spedizioniere provvederebbe all’importazione della merce made “out of Europe” e di quella fatta nella Cee e al magazzinaggio nel nostro distretto. L’azienda di vendite per corrispondenza non dovrebbe far altro che dirottare l’ordine che verrebbe interamente gestito ed evaso dallo spedizioniere pratese, il quale movimenterebbe la merce, farebbe preparare il lotto, lo fatturerebbe e lo consegnerebbe all’azienda o al privato del caso.
Prato ha bisogno di dare lavoro ai suoi cittadini. Ha bisogno di tornare ad essere la locomotiva economica della Toscana.
Giorgio Silli (coordinatore comunale Forza Italia-PdL)

Prato. Confesercenti tra Banci e Mercatale, con la chicca...

Che cosa sarà mai l'assemblea di una associazione di categoria? Eppure, ogni tanto, vengono fuori spunti interessanti di discussione...
E' il caso di quella di Confesercenti, durante la quale il presidente provinciale Giacomelli intanto continua indefessamente a difendere la strategia del polo "fieristico" (ma qualcuno prima o poi gli spiegherà pure che polo "fieristico" in senso proprio non potrà mai esserlo, salvo non cementificare tutto il perimetro del parco...), così come l'ormai salvifica "logistica" - quando il settore dei servizi e dei trasporti, in una situazione di crisi pesante, è stato il primo ad accusare forti cali in termini di fatturato e carico di lavoro.
Ma la vera chicca arriva dal sindaco, su piazza Mercatale: se l'amministrazione si è fermata non è per l'azione dei comitati, ma per la Sovrintendenza che vuole il recupero dell'ovale del Valentini... Peccato che se non ci fossero stati proprio i comitati, di questo famoso vincolo nemmeno se ne sarebbe parlato.
Insomma, Romagnoli, per l'ennesima volta dopo l'uscita di sabato 21 (durante la mostra del Piano strutturale aveva accusato i comitati di non volere l'applicazione della legge sulla partecipazione... una vera follia...) non ce la fa proprio a digerire le tante azioni civiche e civili dei comitati.
Speriamo vivamente che il suo successore faccia invece tesoro di quanto è successo, negli ultimi anni, a Prato.
MV

da la Nazione del 30/03/09

Infrastrutture, turismo cinese e Mercatale
RIPRESA ECONOMICA e sviluppo, la piccola e media impresa protagonista” è stato il tema dibattuto all’assemblea elettiva della Confesercenti. Il presidente provinciale Alessandro Giacomelli ha fatto la fotografia dell’associazione: “Confesercenti è una realtà solida che ha realizzato forti investimenti e che guarda al futuro dei propri associati. Contiamo più di 1.900 imprese e 1.600 iscritti al sindacato pensionati”. Sulla crisi ha detto che “il tessile è, e rimane, il marchio di Prato ma ha bisogno di un profondo rinnovamento”. Sulle infrastrutture ha sottolineato che «la creazione del polo fieristico, lo sviluppo della logistica e dei servizi, possono e debbono rappresentare importanti motori di sviluppo dove non dovrebbe mancare lo spazio per il turismo d’affari, coniugato alle risorse storico-artistiche, ambientali e alle produzioni di eccellenza dell’agroalimentare». Dagli interventi sono venuti fuori spunti interessanti. Ad esempio il presidente della Provincia Massimo Logli ha fatto riferimento al turismo cinese: «Abbiamo bisogno di azioni comuni e dobbiamo capire cosa vogliamo che Prato diventi fra dieci anni, senza pensare troppo a come eravamo vent’anni fa. Ad esempio: sembra che tutto il turismo cinese che viene in Toscana fa riferimento innanzitutto a Prato. E sappiamo che tutti guardano alla Cina come al più grande propulsore del turismo del prossimo futuro”. Su piazza Mercatale ha detto il sindaco «se ci siamo fermati non è a causa dei comitati, ma perché la Sovrintendenza vuole il recupero dell’ovale settecentesco del Valentini, non è contraria al taglio degli alberi». Prima della chiusura dell’incontro Confesercenti ha consegnato un premio di riconoscimento alle aziende: La Fattoressa, Pasticceria Peruzzi, OB Stock e a Roberto Marradi, ex presidente degli ambulanti, nominato presidente onorario di Confesercenti

da il Tirreno del 30/03/09
Giacomelli riconfermato presidente

«I consumi sono al minimo storico. Servono le nuove infrastrutture»
Il sindaco su Stefan «Capaci di sfruttare gli interstizi della legge»
PRATO. Alessandro Giacomelli è stato confermato presidente provinciale dei commercianti pratesi, ieri, dall’assemblea della Confesercenti. L’occasione del rinnovo delle cariche è stato momento anche per aprire un dibattito sulla ripresa economica e lo sviluppo della piccola impresa in un momento, come ha fatto notare Giacomelli, di «consumi ai minimi storici».
Le nuove cariche. E’ stato il direttore della Confesercenti Lorenzi a sottolineare come «il nuovo gruppo dirigente sia formato da energie nuove che vanno ad affiancarsi alle migliori esperienze». Il presidente provinciale Alessandro Giacomelli ha toccato gran parte dei temi caldi legati alle categorie che l’associazione rappresenta. «Oggi presentiamo un gruppo dirigente nuovo e motivato - ha detto - che vuol far bene nell’interesse dei nostri soci e che si impegnerà per dare un contributo ai tanti problemi presenti nella nostra città, duramente colpita dalla pesante crisi del tessile». Crisi economica. Giacomelli ha parlato anche della crisi economica, dei consumi che sono ai minimi storici in una città che già soffriva per la crisi del tessile: «il tessile è, e rimane, il marchio di Prato ma ha bisogno di un profondo rinnovamento e di una diversificazione dell’offerta per tentare un dribbling».
Altro tema centrale per le Pmi è l’accesso al credito. «Su questo fronte - ha continuato Giacomelli - non possiamo non rilevare forti difficoltà. Confesercenti non può che confermare tutto il suo sostegno alle imprese anche attraverso il Consorzio Toscana ComFidi».
Le infrastrutture. «La creazione del polo fieristico polivalente, lo sviluppo della logistica e dei servizi - ha detto il presidente - possono e debbono rappresentare importanti motori di un nuovo e diverso sviluppo dell’economia pratese, dove non dovrebbe mancare lo spazio per il turismo d’affari, coniugato alle risorse storico-artistiche, ambientali e alle produzioni di eccellenza dell’agroalimentare. Tutto questo non è realizzabile senza le infrastrutture e i collegamenti adeguati. Le istituzioni dovrebbero far sentire di più la loro voce con Trenitalia per far crescere il numero dei treni che si fermano a Prato; così come pensiamo ad un sistema aeroportuale toscano più coordinato ed efficiente. Senza contare la conclusione dei lavori sulla terza corsia dell’A1, la bretellina Prato-Signa e - al più presto - la realizzazione di una tramvia veloce Firenze-Prato-Pistoia e della terza corsia tra Prato e Firenze sulla A11».
Gli ospiti. Il presidente della Provincia Logli ha parlato di «un rapporto produttivo della Provincia con le associazioni negli ultimi anni» mentre il sindaco Romagnoli ha analizzato alcuni dei temi trattati ed ha dichiarato che il problema della sicurezza è in parte imputabile alla percezione diffusa di degrado. E il degrado è dato dalla povertà. Per questo dobbiamo contenere il più possibile tasse e tariffe, nonostante il continuo taglio dei fondi imposto dal governo. L’illegalità, inoltre, è molto diffusa nelle aziende cinesi, ma non sono le uniche. Servono strumenti nuovi per effettuare controlli sempre più efficaci. Altrimenti ci troveremo sempre a combattere contro situazioni già avvenute perché capaci di sfruttare gli interstizi della legge, e mi riferisco al caso del grande magazzino Stefan. Dobbiamo combattere la liberalizzazione selvaggia. «Quello che dobbiamo fare - ha affermato il vicepresidente della Camera di commercio Nenciarini - è passare dalle parole ai fatti. Non dobbiamo copiare gli altri, dobbiamo analizzare il valore intrinseco del nostro distretto». Infine le conclusioni del presidente regionale di Confesercenti Vivoli.

Prato verso le amministrative. Taiti, Milone e Apogeo

Letteralmente, per la vicenda Apogeo siamo alla resa dei conti... Anche politici, visto il "j'accuse", a nostro parere fondato, da parte di Taiti all'ex assessore allo Sport Milone, perlomeno dal punto di vista politico.
Perché centoquarantamila euro di debiti da ripianare non sono una bazzecola...
MV

da la Nazione del 30/03/09

Apogeo lascia un maxi buco E Taiti attacca Milone
Ecco gli importi richiesti alle associazioni
IL CONSIGLIERE comunale Massimo Taiti (nella foto) torna ad accendere i riflettori sulla questione Apogeo che «sta arrivando alla sua drammatica conclusione» sottolinea. Proprio in questi giorni i liquidatori di Apogeo hanno inviato le lettere che richiedono la rifusione delle perdite di bilancio accumulatesi durante la gestione delle piscine comunali. Si tratta di cifre pesanti «che sicuramente rischiano di mettere in difficoltà i soci di Apogeo».
Secondo Taiti sono stati richiesti: a Futura Nuoto 140mila euro per il ripiano del deficit più 60mila euro per l’utilizzo delle piscine comunali da parte della società; ad Aics, Csi, Uisp, Cgfs e Comune di Prato ciascuno 140mila.
«L’importo complessivo accertato del deficit di bilancio durante la gestione di Apogeo assommerebbe dunque a 840mila euro che conferma l’entità del “buco” che era stato ventilato negli anni scorsi» sottolinea Taiti. E punta il dito sull’ex assessore Milone: «Situazione diversa da quella che dichiarava l’allora assessore allo sport Aldo Milone che non pare imputabile alla “famosa” perdita d’acqua alla piscina di Via Roma, bensì, ad una gestione incapace di valutare costi e ricavi dell’attività».
E ancora: «Non può essere sottaciuto che la responsabilità principale del default di Apogeo è da attribuire, politicamente e amministrativamente, all’ex assessore allo Sport, Aldo Milone - continua Taiti - al quale deve essere imputato il mancato controllo sulla gestione di Apogeo, anche in considerazione che la presidenza della società era affidata ad un dirigente del settore Sport. Purtroppo è da addebitare a Milone anche il fallimento del Trofeo Città di Prato, storica agenzia per la promozione dello sport nella scuola che, per fortuna e per l’impegno di tutto lo sport pratese, oggi rinasce a nuova vita anche grazie al fattivo contributo del nuovo Assessore allo Sport Gerardina Cardillo. Dispiace dover constatare che un amministratore pubblico che ha causato questi grandi guai sportivi ed economici a Prato ed ai pratesi, abbia trovato il coraggio di porre la sua candidatura addirittura a sindaco della città. Davvero non osiamo pensare a quali altri danni e malestri potrebbero arrivare all’amministrazione della cosa pubblica pratese ove i cittadini volessero dare fiducia alla sua candidatura».

Prato. Nasce il mercato per la filiera corta

Dato che il tema è uno di quelli che ci sta a cuore (le filiere locali e corte di produzione/distribuzione), segnialiamo questa notizia.
MV

da notiziediprato.it
Nasce il mercato della filiera corta: avviso pubblico per le aziende

Un avviso pubblico per partecipare al mercato dei produttori o della filiera corta di Prato è stato pubblicato dal Servizio per le attività promozionali del Comune. Il mercato della filiera locale sarà riservato agli agricoltori con produzioni tipiche e di qualità provenienti dal territorio e ai piccoli artigiani di riconosciuta tradizionalità. In particolare i produttori agricoli dovranno essere specializzati in prodotti di agricoltura tradizionale, biologica, biodinamica, integrata o di viticoltura, o tipici DOP, IGP, STG o prodotti promossi da strutture associative quali “Le Strade del Vino” o “Presidi Slow Food” e Piccoli Artigiani di riconosciuta tradizionalità della filiera locale e si svolgerà ogni terzo sabato del mese.
Le aziende interessate, entro il 3 aprile prossimo, dovranno presentare la domanda in carta libera direttamente al Comune di Prato, Servizio Attività Promozionali (piazza del Comune 2, via fax al n. 0574/1837362, via e-mail (attivitapromozionali@comune.prato.it), oppure recapitandola, personalmente o tramite raccomandata, al protocollo generale del Comune di Prato. Le domande di partecipazione sono reperibili sul sito web del Comune di Prato (www.comune.prato.it), presso l’URP (piazza del Comune), presso l’associazione Slow Food Prato e le associazioni locali degli agricoltori.

domenica 29 marzo 2009

Terzo paesaggio. Il Giardino in Movimento.

Continuiamo la presentazione del pensiero e delle pratiche del filosofo-biologo Gilles Clement.
mv

Gilles Clément, paesaggista filosofo, lancia il suo messaggio rivoluzionario: il "terzo mondo" bio.
da Marie Claire
«Amo gli spazi incolti, non vi si trova nulla che abbia a che vedere con la morte. Una passeggiata nell’incolto è aperta a tutti gli interrogativi, quello che vi succede supera le speculazioni più avventurose». Un consiglio: rileggetevi con attenzione queste parole, l’autore è Gilles Clément, idolo degli ecologisti progressisti che negli ultimi anni ha ribaltato i concetti di paesaggio e giardino con una sorta di rivoluzione copernicana. Il suo credo? Guardare tra le crepe dei muri per guardare al futuro. Imparare la vita osservando le zone marginali, abbandonate dall’uomo. Ora la sua visione dell’ambiente sta per essere divulgata in Italia. E poi è primavera. Oggi arriva in Italia con due (grandi) libri e tre (piccoli) progetti. Il primo, Nove giardini planetari (22 Publishing), è un’antologia illustrata del suo lavoro. Ma la novità, attesa per marzo, è l’autobiografia La saggezza del giardiniere, stesso editore: dove narra esperienze e incontri (non solo umani… ci sono anche talpe, insetti e committenti vari) che hanno determinato il suo pensiero. Benvenuti nel Terzo Paesaggio di Clément, dunque, che non è fantascienza ma un possibile nuovo modo per rapportarsi con il mondo.
IL TERZO PAESAGGIO.
Cos’è in concreto?
Sono i palazzi decaduti, i terreni dove si deve ancora costruire, i ritagli di terra tra i marciapiedi, le aree urbane in stato di abbandono… Tutto ciò che in una città non è oggetto di progettazione e che diventa un rifugio di biodiversità. Un posto dove arrivano erbe e insetti e la vita si può espandere.
Perché “terzo”?
Ho lavorato nel Limousine, tra boschi e campi coltivati. Nel primo paesaggio, il bosco, l’impronta era l’ombra, l’oscurità, la densità. Nel secondo, i campi, c’è luce e vuoto. Ma la biodiversità non l’ho trovata in nessuno dei due, perché erano luoghi su cui l’uomo aveva già messo le mani. L’ho invece scoperta in un terzo spazio, una categoria appena visibile che ho battezzato Terzo Paesaggio: i margini di città e strade. Vere oasi di spontaneità.
Oasi che andrebbero mantenute nella pianificazione urbanistica?
Se i politici acquisissero consapevolezza dell’importanza della biodiversità, sarebbe doveroso prevedere in ogni città zone verdi dove non si fa niente, aree di non gestione…
Ma come si fa a “non fare”?
Le faccio un esempio: vicino alla stazione di Lille ho realizzato il parco Henri Matisse, con al centro un’isola di 3500 metri quadrati, sopraelevata di sette metri e mezzo rispetto al resto. Questo altopiano, costruito su un cumulo di detriti del cantiere Euralille, è un emblema del Terzo Paesaggio, perché lassù la natura fa quello che vuole. Ci si va infatti solo due volte l’anno, per registrare le osservazioni scientifiche.
Vietato agli umani, dunque?
In realtà no, era previsto un tunnel per salire sull’isola, ma sono mancati i fondi per farlo. Nella mia idea, il Terzo Paesaggio è uno spazio di cui l’uomo può usufruire, ma in cui non interviene. È un giardino a costo zero.
Non urta i comuni canoni estetici?
Di solito non accettiamo un luogo di abbandono, perché lo troviamo disordinato. Ma, una volta compresa la sua importanza, lo troveremo anche bello. Capire l’interazione tra diverse specie ci fa accettare un’altra estetica.
Difficile da tradurre in realtà…
Ho seguito l’esperimento fatto da una maestra che ha chiesto a ogni alunno di portare la terra del proprio giardino a scuola, metterla nei vasi e aspettare. I terreni erano lontani l’uno dall’altro, e così sono spuntate piante molto diverse. Intelligente. È bastato stare a osservare.
IL RAZZISMO VEGETALE.
Nei suoi libri parla di terreni senza frontiere. Dove specie arrivate da ogni continente, con il vento o sotto le suole delle scarpe, convivono senza divieti…
È il giardino meticcio, dove prosperano piante pioniere, che arrivano da sole e sono in grado di adattarsi. Robinie, ailanti, buddleie… Se una pianta viene da lontano e si trova bene lì, quello è il suo ecosistema!
Per alcuni ecologisti, le piante esotiche sono una minaccia per la biodiversità nostrana.
Una specie nuova all’inizio cresce a dismisura, ma poi si blocca perché l’ambiente-sistema reagisce con una controffensiva. Gli integralisti che demonizzano le piante esotiche fanno un ragionamento perverso, razzismo puro applicato al mondo vegetale. La diminuzione di quelle autoctone è dovuta al fatto che, causa inquinamento e concimi, abbiamo creato terreni troppo ricchi di azoto, perfetti per far attecchire piante nomadi. La verità è che abbiamo squalificato l’ecosistema, e che bisognerebbe andare all’origine e risanare il suolo e gli ambienti acquatici.
Si potrebbe dire lo stesso della società umana?
Esatto.
Le banlieue parigine sembrano calzare a pennello.
Infatti. Abbiamo squalificato le periferie costruendo paesaggi orrendi, con modi di vita insopportabili. Inoltre si sono create autentiche frontiere urbane, dando un enorme valore al centro della città e deprezzando l’esterno. Così facendo, le persone stesse si sono sentite svalutate.
Cos’è il Giardino Planetario?
È un unico terreno vivo sul quale uomini, piante e animali sono portati a incontrarsi e che si “riaggiusta” a seconda della capacità degli esseri di vivere qua o là. Gli ecosistemi non sono immutabili, in Francia c’erano solo querce, l’evoluzione successiva ha portato alle pinete. Bisogna allargare il punto di vista, pensare a un unico grande giardino planetario i cui confini sono i limiti della vita, la biosfera intera.
E il giardiniere planetario, chi potrebbe essere?
Io, tu, un sindaco, un dirigente, tutti quanti abbiano in carico il futuro della terra. Il giardiniere non è per forza colui che mette le mani nella terra. Il sindaco di Curitiba, in Brasile, ha gestito una città di tre milioni di abitanti in modo ecologico, riducendo lo smog, puntando sui trasporti in comune, riciclando i rifiuti. A Parigi, dall’arrivo del sindaco Delanoë, vari parchi sono curati con meno prodotti chimici e nuovi metodi ecologici. Per esempio, non si spargono più i diserbanti sui marciapiedi.
IL GIARDINO POLITICO.
Dopo l’elezione di Sarkozy, lei ha dichiarato di non voler più prendere parte a progetti pubblici nel suo paese. I giornali hanno parlato di “giardino politico”.
Per ora mi limito a lavorare in quelli che chiamo luoghi di resistenza, dove trovo gente d’accordo con me. A Nantes, Rennes, Grenoble, per esempio. Ho in corso tre progetti anche in Italia.
Quali?
Il Museo Diocesano della basilica di Sant’Eustorgio, nel cuore di Milano, dove partecipo a ridisegnare uno dei chiostri. Il parco urbano del Nuovo Gleno, a Bergamo, dove tornerò presto per definire i dettagli del verde. La collina di Tuvixeddu a Cagliari, dove è in corso una battaglia burocratica per cercare di destinare a parco circa trenta ettari di terreno di proprietà privata. È una zona di grande interesse naturalistico e archeologico.
Ha un messaggio per chi governa?
Abbandonare la coltivazione di biocombustibili e smettere di voler aumentare il parco auto, esattamente il contrario di quanto sta facendo il governo francese. È una politica che favorisce solo alcune lobby. Piantando palme da olio e soia per chilometri e chilometri di monocolture, non si fa che impoverire il suolo e impedire ogni biodiversità. Il costo di produzione di un litro di biocarburante, tra l’altro, alla fine equivale al costo di un litro di petrolio.
Il suo modello di sviluppo futuro prevede un “uomo simbiotico”: di cosa si tratta?
Di un uomo che restituisce al pianeta l’energia che ha preso.
Sta progettando una cintura verde per Tripoli con nuove tecnologie che trasformano l’umidità dell’aria in acqua per irrigare. L’hi-tech può essere un’alleata dell’ecologia?
La tecnologia prende molto dalla biotica. Per Tripoli ho in mente tessuti speciali che permettono di condensare l’umidità notturna. Penso, per esempio, alla rete costruita per catturare l’acqua delle nuvole nel deserto di Atacama, in Cile. Ha la stessa texture dei rami di un albero che cresce nelle isole Canarie, l’albero “che piove”, su cui il vapore si condensa e forma delle gocce. Un sistema che costa poco, non distrugge niente, è efficace e intelligente.
Che ne pensa delle biotecnologie?
Gli ogm sono esempi ridicoli in confronto a quello che la natura inventa già da sola, ma sono molto preoccupato per l’uso che se ne fa. Sono il mezzo con cui certe multinazionali vogliono obbligarci a consumare quello che hanno deciso loro.
IL GIARDINO IN MOVIMENTO. Torniamo ai giardini - quelli di erba e insetti - dov’è maturato il Clément-pensiero. Lei ha rivoluzionato il mondo del verde con la teoria del “giardino in movimento”. Cos’è?
Al contrario del Terzo Paesaggio, dove non c’è nessun tipo di intervento umano, nel Giardino in Movimento si agisce, ma poco e solo nel rispetto della dinamica delle varie specie e dei loro spostamenti. Ci sono delle erbe spontanee che muoiono dopo aver sparso i semi e riappaiono da altre parti a primavera, magari in una strada o in un prato dove di solito si cammina… Il Giardino in Movimento nasce dall’osservazione di queste specie vagabonde, che viaggiano di stagione in stagione, di generazione in generazione direi. Io di solito non le elimino, anche se crescono su un luogo di passaggio, preferisco rispettare il loro migrare e aspettare che completino il ciclo vitale. Si tratta di una scelta di gestione ecologica, dove il giardiniere lavora il più possibile “con” e non “contro” la vita.
E cioè?
Significa che il Giardino in Movimento segue le istruzioni della natura. In questo modo, ogni giorno può esserci qualcosa di nuovo, qualche stelo, delle fioriture. Non è un giardino che può essere disegnato su un foglio di carta, si fa sul campo.
Come si progetta?
Ci sono pochi elementi fissi, tipo sentieri e alberi che rimangono sempre allo stesso posto, e una maggioranza di spazi non organizzati, che cambiano nel tempo. E il giardiniere si interroga ogni volta su cosa lasciare e cosa togliere, perché il giardino è un essere vivente, non un decoro.
E le erbacce sono le benvenute…
Sì. Non c’è differenza tra piante ornamentali e spontanee, tra l’altro io le mescolo spesso. Nessuna pianta è inutile.
Mai strappate, davvero?
Le tolgo solo quando vedo che danno fastidio ad altre piante, ma non le elimino mai completamente. Se strappo un’erbaccia qua, sono sicuro di averla conservata da un’altra parte.
Il vero giardiniere, quindi, studia la biologia e non i concimi?
Certo. Servirebbe conoscere il comportamento delle specie piuttosto che i prodotti che arricchiscono l’industria chimica. Oggi i giardinieri raramente hanno una formazione completa. Ma, da almeno quattro anni, in una scuola agraria di Nantes si insegna come coltivare il Giardino in Movimento. E in alcuni licei francesi si inizia a parlare di gestione ecologica del verde.
Lezione di ecologia per chi legge Marie Claire?
Non intervenite in un posto che non conoscete. Prima di fare un giardino, state in osservazione per qualche mese, tra marzo e ottobre. Ammirate la vita, gli uccellini, le farfalle che si muovono in quell’ambiente... Agite solo dopo, a poco a poco, dolcemente, per preservare il massimo numero di specie.
Gaetano Zoccali