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La mer, la fin...

domenica 9 novembre 2008

Sanità. Ospedale della Versilia: i fatti in mano alla magistratura

Continuiamo a seguire questa vicenda con molta attenzione. A quanto ne sappiamo., è la prima voltache la Regione interviene direttamente ad appurare fatti e scenari di malasanità a seguito di decessi. E subito se ne scoprono delle belle. Dietro il muro di gomma.

mv


Dal Corriere fiorentino.it
Versilia, minuto per minuto tutte le carenze in sala parto
Cosa ha appurato la commissione d'inchiesta dopo la morte dei tre neonati. Il presidente Commissione sanità Fabio Roggiolani: «Sarà la magistratura a stabilire se ci sono collegamenti coi decessi»


Il rapporto sulle morti dei tre neonati lo ha letto almeno cinque volte Fabio Roggiolani, presidente della Commissione sanità della Regione Toscana. Parola dopo parola, data dopo data, ricostruzione dopo ricostruzione. E alla fine, anche lui si è convinto che in quel reparto dell'ospedale Versilia ci sono state gravi inadempienze, procedure non adottate, esami non eseguiti, personale male organizzato. «Gli atti sono a disposizione della magistratura di Lucca, la sola a poter stabilire se ci sono collegamenti tra queste innegabili disfunzioni e le morti dei neonati - spiega Roggiolani - ma è chiaro che, al di là delle polemiche e dei veleni, l'inchiesta del Risk management della Regione ha prodotto dati che ci sembrano inconfutabili e a mio parere molto gravi».
E vediamoli da vicino queste ricostruzioni.
PRIMO CASO, 14 OTTOBRE. Un neonato muore durante un parto cesareo: quando viene estratto dal grembo materno non respira più. Ad ucciderlo, per i medici, è un distacco placentare. La donna (che è diabetica), secondo le indagini regionali, aspetta più di otto ore prima di essere sottoposta ad una visita (viene eseguito solo un controllo cardiotocografico alle 23,17 e quindi alle 7.55). Anche i tempi di attuazione del monitoraggio sono troppo lenti rispetto a quelli previsti e l'apparecchio è stato tolto alla paziente per quasi un' ora in un momento giudicato «topico ». Poi, quando viene riposizionato, sono presenti evidenti segni di sofferenza fetale. «Dalle indagini si evidenzia inoltre che non esistono in quel reparto procedure per le gravidanze a rischio - spiega Roggiolani - e che i soggetti a rischio non sono identificati per incrementare lo stato di allerta in caso di urgenza».
SECONDO CASO, 17 OTTOBRE. Una giovane donna dà alla luce con un parto spontaneo un bambino: è cianotico, non respira. I medici lo rianimano inutilmente per 12 minuti. La donna è una ventiseienne alla sua prima gravidanza. Il travaglio inizia alle 1.30. Alle 3 la paziente è trasferita in sala parto, ma il medico non è stato avvertito né del trasferimento, né delle condizioni della donna. Alle 3.45 la testa del bambino risulta impegnata e non respingibile il parto è ormai avviato, la sala parto non è stata allertata per il cesareo d'urgenza. Alle 4.20, quando la dottoressa di guardia si rende conto delle difficoltà di estrarre il bambino, chiama il secondo medico reperibile. Sconcertantante la risposta della dottoressa alla commissione regionale che le chiede quali strumenti di estrazione avete in ospedale (ventosa, forcipe)? «Abbiamo solo il forcipe e non lo so usare », risponde. «Secondo la commissione la professionista si è occupata prevalentemente di procreazione assistita - sottolinea Roggiolani - e per questo aveva chiesto la presenza di una sovra guardia durante il suo turno. Medico che però quella notte è arrivato mezz'ora dopo ed ha effettuato per 5 volte la manovra di Kristeller (pressioni ripetute sulla pancia), una procedura che il professor Marchionni descriverà poi come potenzialmente dannosa».
TERZO CASO, 31 OTTOBRE. Una donna di 26 anni, dà alla luce un bambino lievemente immaturo di 36 settimane. La mamma, dopo un distacco placentare, è sottoposta a parto cesareo. Il neonato muore un'ora e mezzo dopo la nascita. La donna è ricoverata alla 17.41 per rottura delle membrane. Viene effettuato il monitoraggio del battito cardiaco del feto: è regolare. Alle 20 visita anestesiologica. ll ginecologo di turno parla alle 20 ed alle 0.40 con la paziente. L'ostetrica di turno la controlla visivamente. La donna non viene visitata e le condizioni del feto non sono monitorate sino alle 3.45 quando l'ostetrica dà l'allarme per una perdita di sangue. Alle 4.12 è effettuato il cesareo ed estratto il bambino che presenta segni di grave sofferenza, nonostante una breve ripresa a seguito della rianimazione, muore per arresto cardiopolomonare 4 ore più tardi.
Marco Gasperetti
09 novembre 2008

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