TANTI INTERESSI PRIVATI NON FANNO UNA CITTA'!

La mer, la fin...

lunedì 10 novembre 2008

Prato. Quando i cinesi servono...

E' quindi appurato che "pecunia non olet", e che se non ci fossero i cinesi tanti capannoni industriali sarebbero vuoti, con relativo danno economico per proprietari.
Però... a noi risultava che i proprietari degli immobili hanno tranquillamente tutto il diritto di verifcare cosa viene fatto nei locali - ovviamente concordando le visite con gli affittuari...
Verificheremo...
MV

da la Nazione del 09/11/08
‘Ho affittato ad aziende cinesi perché non c’era alternativa’
Il proprietario di via S.Paolo: «Non sono ditte abusive»
OPERAI CLANDESTINI sì, abusi edilizi anche, ma che fossero abusive le tre ditte di confezioni cinesi che avevano sede nel suo capannone proprio no. «Sono il primo ad essere rimasto male delle violazioni riscontrate dalla questura e dalla polizia municipale nell’edificio — spiega E.N., proprietario dello stabile di via San Paolo 256 dove hanno sede le confezioni Micky, Tom e Emiliano, oggetto del blitz della squadra interforze nella notte fra mercoledì e giovedì — ma ci tengo che venga detto che quelle aziende cinesi avevano tutte un regolare contratto, che io avevo depositato in questura. Io sono uno che sta alle regole e so che una volta affittato non posso infilarmi dentro i miei locali per controllare cosa ne viene fatto. Non è proprio possibile per i proprietari, questo genere di controllo. E sono il primo a dispiacermene: hanno fatto degli abusi edilizi che ora andranno demoliti e ne faccio le spese anch’io. Fosse stato per me...».
Com’e’ che capannoni con proprietari italiani finiscono in mano ad imprenditori cinesi che a suon di tramezzi e pareti di compensato li trasformano in «formicai», dove operai orientali lavorano e vivono in promiscuità estrema? Evidentemente non c’è solo la volontà di speculare, come talvolta viene frettolosamente e superficialmente sostenuto. Il proprietario di via San Paolo spiega bene che talvolta — per esempio nel suo caso — non è stato per niente così: la vicenda del suo capannone è emblematica. «Vuol sapere perché ho affittato a ditte cinesi? — spiega — Diciamo che mi sono dovuto rassegnare. Quell’immobile è rimasto vuoto cinque anni: lo volevano in affitto soltanto stranieri e imprenditori cinesi in particolare. Ma io ero contrario ed ho resistito un bel po’».
La crisi era evidentemente già iniziata, affiancata dal decentramento scelto da molte aziende italiane. «Poi trovai da affittare ad un’azienda italiana che si occupava di elettromeccanica — prosegue — Parlo al passato perché fallì e l’immobile tornò libero. Ho provato a vendere, ma non c’è stato verso. Così sono passati altri sei mesi e alla fine, considerando che le uniche proposte arrivavano da ditte di confezioni cinesi, ho ceduto. Tenere un capannone vuoto è una grossa perdita economica, questo lo capiscono tutti. Per cui mi sono dovuto rassegnare. Però le tre aziende hanno regolari contratti, tutto depositato nero su bianco. Sulla manodopera clandestina, chiaramente non mi esprimo. Sugli abusi edilizi dico che la prossima volta, con i futuri affittuari, mi cautelerò ancora di più, in modo da vincolarli a non toccare la struttura, ma nessuno mi venga a dire che è situazione facile da gestire...».

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