TANTI INTERESSI PRIVATI NON FANNO UNA CITTA'!

La mer, la fin...

martedì 24 febbraio 2009

Prato non deve chiudere... Ma che deve diventare?

Con toni sempre più accesi e improntati più alla (giusta) mobilitazione, piuttosto che alla (sacrosanta) riflessione, ci si sta avvicinando alla manifestazione del 28 febbraio, indetta da tutti gli enti ed associazioni possibili ed immaginabili.
Tutti a chiedere che Prato non chiuda, tutti - inclusa la stampa - a chiedere uno "scatto in avanti" per il "bene comune", ovviamente con l'ennesima tiritera del "senza colori e appartenenze specifiche".
Eppure, e non per fare sempre i "bastian contrari", manca in tutto questo una vera voce critica, che faccia notare come manchi, in assoluto, una visione prospettica, una idea forte del futuro della città: si continua a parlare di tessile, poi ci si mette sopra un po' di logistica (o meglio, si mette la logistica sopra un bene archeologico e lo si seppellisce definitivamente), e si finisce per parlare di "servizi", incluso il "polo degli eventi". E su queste strade, è da tempo che amministrazioni e associazioni imprenditoriali sono sulla stessa linea.
Non vorremmo, infatti, che con l'ennesimo "mantra" del "bene comune" si cercasse di rivestire d'oro quello che oro non è. Il "bene comune" di Prato è veramente una città ricostruita sull'asse Multisala/Polo espositivo? Il "bene comune" è l'utilizzo del territorio pratese come piattaforma logistica (dal nuovo deposito Coop all'Interporto)? Il "bene comune" è forse puntare alla sopravvivenza di un distretto tessile fino alla prossima inevitabile crisi?
E soprattutto, il "bene comune" può essere rappresentato dagli stessi attori e protagonisti del declino della città (questi si, paradossalmente, senza colore...)?
Forse lo "slogan" giusto per il 28 non era "Prato non deve chiudere" ma "Prato non SI deve chiudere". Perché il vero rischio è questo: una città che si richiude in se stessa, incapace di ripensarsi e protesa verso un passato considerato una vera "età dell'oro", e che forse andrebbe pure un po' smitizzato.
E allora, viene spontaneo chiedersi "perché" mobilitarsi il 28? Per sostenere le richieste prodotte dai vari "tavoli" e "tavolini", che non vanno oltre quelle legate agli ammortizzatori sociali e a provvedimenti "tappabuchi"? O per cercare di dare una "scossa" alla città?
In quest'ultima prospettiva, sarebbe allora fondamentale far sentire le voci dissonanti dai corifei del potere: perché, ricordiamocelo, sabato prossimo è il "potere" cittadino - è quell'aggregato politico-economico che ha governato, governa e governerà Prato - che "chiama" in piazza, per ridare a se stesso legittimazione e forza.

Kritias
per Municipio Verde


da la Nazione del 24/02/09
IN PIAZZA PER COSTRUIRE IL FUTURO

di Luigi Caroppo
E’ IN BALLO la storia della città, il destino del distretto, la vita di tante famiglie.
La crisi globale, la concorrenza dei mercati emergenti, il distretto parallelo illegale, il mancato rinnovo delle strategie imprenditoriali, la sonnolenza di quelle istituzionali: dal 2000 in poi si è abbattuto un ciclone su Prato e sul suo saper fare industria tessile. Sempre più in ginocchio con il segno meno davanti a tutte le cifre, sempre più a doppio numero. Ora non c’è più tempo da perdere perché l’emergenza è diventata anche sociale. Sabato la città chiama la città a raccolta per gridare all’Italia, con la forza della tradizione e delle idee (maxi striscione e super foto dall’alto; un vestito doc per il Presidente Napolitano), quanto l’allarme è grave. Tutti insieme (associazioni di categoria, enti locali con Provincia in testa, sindacati) in piazza per avere ancora fiducia nel domani e nella storia che ha fatto di Prato una terra di lavoro e produzione unica al mondo. E anche La Nazione, come negli appuntamenti importanti di questi 150 anni, c’è e ci sarà.
GIÀ da oggi e per tutta la settimana accompagneremo questo appuntamento con interventi, interviste, dati, analisi, commenti. Ma la partita per dare un futuro al distretto e di conseguenza dare fiato a tutte le attività del territorio e far girare di nuovo un po’ di soldi dal piccolo negozio all’impresa artiginale, dall’azienda techno all’idea di giovani imprenditori, si gioca già prima del 28 febbraio e subito dopo. Il 26, grazie all’impegno del governo, si apre un tavolo significativo al ministero delle Attività economiche che si occuperà del «caso Prato». Aspettiamo segnali significativi. E dopo sabato non si sarà raggiunto niente se allo striscione da record e alla foto da incorniciare non si faranno seguire all’unisono azione politica e spirito nuovo: una lobby istituzionale e di associazioni di categoria che si muova insieme, senza colori e appartanenze specifiche. Non per coltivare il proprio orticello di benefici e convenienze, ma per il bene collettivo. E uno spirito, come detto nuovo, davvero sinergico votato non alla guerra tra poveri per raccogliere le briciole che restano sul mercato, ma per tirare nuovamente fuori l’eccellenza, l’estro, la genialità, il sacrificio e la fatica che solo a Prato, dai tempi degli stracci, tutto il mondo ci invidia. E allora ci vuole davvero uno scatto in avanti, un passo diverso e una mentalità rinnovata, che per forza, deve venir fuori. Nessuno si senta fuori dalla partita a partire dalle cariche istituzionali (vorremmo ad esempio che il futuro sindaco fosse sempre e comunque fuori dal palazzo in mezzo a qualsiasi crisi aziendale, a fianco dei lavoratori); a partire dai partiti (il Pd pratese a pezzi, il Pdl in cerca di identità vedi candidato per il Comune), a partire ai vertici di categoria (Uip e artigiani) che dovrebbero essere più in mezzo ai loro soci e alla base che fa forte l’associazionismo.

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