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La mer, la fin...

martedì 24 febbraio 2009

Rifiuti. Piedi per terra


da sito del Movimento per la Decrescita Felice
Piedi per terra

di Roberto Pirani

Nonostante le sciocchezze che insistono a raccontarci a media unificati, i “rifiuti” non sono un problema tecnologico, bensì organizzativo e culturale. Oltre 2000 Comuni secondo i dati ufficiali del Rapporto Apat-ONR1, in Italia hanno superato il 50% di raccolta differenziata: con forme di selezione spinta. È il solo sistema per raggiungere risultati utili per l’ambiente e al tempo stesso avere tariffe sotto controllo, e viene comunemente definito sistema porta a porta.
Funziona benissimo anche a Colli Aniene, un popoloso quartiere di Roma, in pochi mesi stabilmente oltre il 60% di raccolta differenziata (non ci credeva nessuno).
Molti di questi Comuni stanno superando il 70% in uno, due anni di tempo, proprio i tempi che per la cosiddetta “emergenza” si vorrebbero spendere per aprire discariche e inceneritori in Campania, a costi neppure lontanamente paragonabili. Forse il problema è proprio questo. Evidenziamoli questi costi, e riflettiamo quando il prossimo servizio Rai o Mediaset cercherà di convincerci del contrario, utilizzando terminologia ingannevole come “termovalorizzatori”, e senza (mai) addurre motivazioni, dati, costi-benefici.

Uno studio dell’Università Bocconi del 2005 (noti idealisti quelli della Bocconi) ha dimostrato che il costo di 1 MWh prodotto da un medio impianto idroelettrico è pari a 66 euro, che scende a 63 se viene prodotto dall’eolico; sale a 121 se prodotto da biomasse e arriva a 280 se si tratta di fotovoltaico.
L’incenerimento di rifiuti solidi urbani con il cosiddetto “recupero energetico”, senza considerare il costo di gestione e trattamento dei rifiuti prima che arrivino all’inceneritore, è di 228 euro a MWh. (senza considerare i danni alla salute umana causati dalle nanoparticelle per le quali al mondo non esistono filtri al di sotto dei 2,5micron, tralasciando gli inquinanti organici come diossine furani e pcb che sono bioaccumulabili, ed entrano nella catena alimentare).

Gli “esperti-rassicuratori”, gli ultimi pervenuti, i tuttologi, i giornalisti che non verificano…coloro che vediamo in televisione quando parlano a favore di impianti di incenerimento, fanno confronti fra inceneritore e discarica tal quale: è un trucco troppo vecchio. E non parlano mai delle discariche per le ceneri di questi impianti. I raffronti che abbiano senso, vanno fatti fra inceneritore e riciclaggio/compostaggio. Valutati dalla Comunità europea, i soli Costi Esterni (che la collettività paga indirettamente come incidenti, impoverimento del suolo e costi sanitari) assommano a: 44 euro a tonnellata per incenerimento e da 13 a 21 euro a tonn per la discarica (a seconda se si recupera il biogas).

Un medio calcolo dei sussidi via Enel a inceneritori e processamento di scorie petrolifere, assomma a 40 euro a tonnellata. Altri arrivano a 70 addirittura. Come denunciato dalla X Commissione Attività Produttive della Camera già nel novembre del 2003. Per vedere dove finisce tuttora l’80% dei soldi richiestici in bolletta Enel col Comparto A3 per “sviluppare le energie rinnovabili”, calpestando la direttiva 2001/77/CE, vedasi questo informatissimo articolo.

I sussidi Conai utilizzati per la combustione degli imballaggi aggiungono a questi costi intollerabili 5 euro a tonnellata. Solo in Italia si è parificato il recupero di materia col recupero di energia, anche se per qualsiasi analisi del ciclo di vita dei prodotto, è una sciocchezza conclamata.
Ma non è tutto. C’è infatti un altro grande paradosso: secondo i dati ufficiali della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici, gli inceneritori emettono, a parità di energia prodotta, più anidride carbonica rispetto alla media delle altre fonti energetiche [vedasi tabella a seguire]. Questo significa che gli incentivi destinati in teoria alle fonti rinnovabili - che hanno emissioni nulle di CO2 - contribuiscono in realtà ad aumentare le emissioni, allontanandoci dal rispetto delle scadenze e degli impegni sulla carta del Protocollo di Kyoto.
Quanta Co2 si emette per produrre un Kwh?
940 grammi per incenerimento di Rsu
370 grammi per impianti a gas ciclo combinato
(0 grammi per eolico e fotovoltatico, proprio le energie derubate dei sussidi che spettano, stante l’assimilazione solo italiana di queste fonti all’incenerimento)
L’Italia sarà costretta a comprare crediti di emissione, che hanno raggiunto la media di 15-20 euro a tonnellata di Co2 equivalente.

Dopo questi dati ci sarà ancora qualcuno favorevole all’incenerimento, certo.
Peccato che per uscire dall’”emergenza” (consiglio a chi usa questo termine di consultare un vocabolario, se riferito alla Campania: il disastro perdura da 15 anni), l’incenerimento non serve assolutamente a nulla. La prima cosa da fare in Campania, è la separazione degli scarti organici dal resto, per farne compostaggio domestico o industriale. Gli scarti organici, i residui di cibo, gli sfalci del prato, sono almeno il 30% degli scarti di ogni persona. Molto di più per le attività produttive come supermercati, fruttivendoli, ristoranti, alberghi etc.
Chi agisce o parla a favore di una tecnologia insensata come l’incenerimento, o non sa di cosa parla, o è contiguo ad un sistema di potere che dal 1992, via Enel, ha derubato gli italiani per ottenere utili privati con sussidi pubblici per almeno 53 miliardi di euro.
Cosa fare di quanto avanza dalla raccolta differenziata allora?
È sostanza per almeno un altro articolo, ma in breve si può dire quanto segue.
Oltre ai trattamenti a freddo utilizzati in tutta Europa, in Italia opera il Centro di riciclo Vedelago, a Treviso, e raggiunge il 99% di recupero. Con lo “scarto secco” formato in gran parte da plastiche di vario genere, produce e vende una sabbiella per l’industria.
Nel mio sito alla sezione video trovate anche questo. Un solo centro del genere, è in grado di lavorare gli scarti (senza organico) di un milione di abitanti, prevenendo la creazione di combustibile destinato all’incenerimento (che per il Centro era un costo diretto, e indiretto per la collettività. Prima pagavano per smaltire, adesso vendono un prodotto)
Un altro impianto simile a Vedelago, con 14 Comuni partner di un investimento da pochi milioni di euro, poco più di 5 a seconda delle dimensioni, è in avvio nel nord della Sardegna, e un altro a sud di Roma (Colleferro).
Per vedere cosa si vuole fare in Campania, sprecando altre centinaia di milioni di euro e continuando a devastare una regione già martoriata, non avete che da accendere la televisione.

Roberto Pirani,
esperto in gestione e riduzione materiali post utilizzo - www.buonsenso.info

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