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La mer, la fin...

venerdì 30 gennaio 2009

Prato. Ai commercianti piace il razzismo culinario lucchese?


Tra la tutela delle produzioni locali e di qualità e il "razzismo culinario" messo in piedi a Lucca, il passo è lungo!
Il "kebab" non è simbolo di "bassa qualità", così come non lo è il cibo cinese o quello indiano: se vogliamo parlare di qualità, sarebbe interessante fare una bella inchiesta su quella di tanti esercizi italiani, e sui prezzi applicati. Forse ne vedremmo delle belle...
MV

da il Tirreno del 30/01/09
«A Lucca? Per noi hanno fatto bene»

I commercianti chiedono più qualità e meno kebab e Mc Donald’s

PRATO. I kebab nel mirino del Comune di Lucca, insieme ai locali etnici che vendono alimenti “mordi e fuggi”, da mangiare per strada per intendersi, hanno rinfocolato a Prato la polemica sulla qualità degli esercizi commerciali nel centro storico. Querelle che neppure il recente regolamento comunale per l’apertura di bar, ristoranti, tavole calde, insomma di tutto ciò che riguarda “la somministrazione di alimenti e bevande”, è riuscito a placare, malgrado abbia fissato una lunga serie di criteri e requisiti qualitativi.
Le associazioni di categoria chiedono di più, insieme a una soluzione che abbracci tutte le attività commerciali. Prima di passare la parola all’accusa, però, citiamo la posizione del Comune, attraverso il capogruppo democratico Luca Roti. «Il nuovo regolamento passa da un sistema di contingentamento numerico degli esercizi ad un sistema che premia la qualità - spiega - In pratica inserisce una serie di requisiti che stabiliscono uno standard minimo a cui ogni esercizio deve attenersi nel tempo. E senza odiose discriminazioni. Perchè un conto è contrastare il degrado, far valere le regole, valorizzare il commercio e il centro storico, e un conto è impedire a uno straniero, anche quando rispetta questi standard, di svolgere la propria attività».
Dal canto suo il presidente della Confesercenti di Prato, Alessandro Giacomelli, pur non bocciando in toto il nuovo regolamento del Comune di Prato, ritiene che quanto ha deciso Lucca non vada giudicato solo sulla base di posizioni ideologiche e preconcette. «Il regolamento da poco varato dal Comune di Prato - dice - seppur un primo passo non esaustivo di tutte le problematiche, pone già dei paletti per l’apertura di nuovi esercizi commerciali. Il punto è che i negozi, ma anche i ristoranti, che caratterizzano il nostro centro vanno visti come un’attrattiva turistica e culturale, oltre che come valore civile ed economico per Prato». La tutela della qualità per Giacomelli passa da molte strade, quanto a quella percorsa dal Comune di Lucca commenta: «Non può essere liquidata come razzista, perchè Confesercenti non vedrebbe di buon occhio un Mc Donald’s in centro. Il punto non sono i kebab, ma la tutela delle produzioni di qualità del nostro territorio, che in centro deve trovare un’ attenzione privilegiata. Il suggerimento di Confesercenti è quello di meditare se non sia il caso di prendere in seria considerazione la proposta lucchese». Ancora più critica è l’Unione Commercianti, che accusa il Comune di Prato di immobilismo, riferendosi alla mancanza di pianificazione e controllo negli anni sull’offerta commerciale del centro storico, «completamente stravolto dai tanti negozi etnici». Il nuovo regolamento per Unione Commercianti non basta, perchè lascia fuori tutti gli eserci commerciali che non hanno a che fare con la ristorazione. «Nessuno ha mai dato risposte alla nostra proposta di istituire un bollino blu sulle attività commerciali - si lamenta - un bollino che sia garanzia di qualità per la nostra categoria e per i consumatori». Infine Unione Commercianti lancia un appello: «Almeno le norme che ci sono debbano essere fatte rispettare, dunque orari, aperture e chiusure, listino prezzi».
Me.Ma.

da la Nazione del 30/01/09
I commercianti: ‘Più rigore sulla qualità dei negozi in centro’ L’Unione: «Comune immobile, si cambi rotta»

KEBAB della discordia, anche le associazioni dei commercianti si schierano. L’Unione per attaccare l’«immobilismo del Comune» e chiedere misure più efficaci per il centro, la Confesercenti per sollecitare una riflessione sull’opportunità di imitare il Comune di Lucca, che com’è noto, ha vietato in centro l’apertura di locali pubblici di tipo etnico. Ma ecco le due posizioni.

«SI PUÒ condividere o non condividere l’ordinanza di Lucca — dice una nota dell’Unione commercianti —, ma almeno lì davanti ad un problema il Comune ha lavorato e ha cercato una soluzione. Qui a Prato, invece, ci sono stati anni di totale anarchia durante i quali l’offerta commerciale del centro è stata stravolta dai tanti negozi etnici sui quali non c’è stato il minimo di pianificazione e controllo. Chiediamo serietà su questo tema e soprattutto che non ci si riempia la bocca col nuovo regolamento: quello è uno strumento che disciplina solo i pubblici esercizi, il resto rimane fuori». L’Unione ricorda la proposta di istituire un bollino blu sui negozi, a garanzia dei consumatori, a cui il Comune non ha risposto. «Chiediamo da anni — ricorda — un regolamento che incentivi il commercio di qualità e disincentivi quello che non risponde a determinati canoni. La qualità è un valore per tutti, italiani e stranieri. Almeno le norme che ci sono vengano fatte rispettare, su orari, aperture e chiusure, listino prezzi».

PER IL presidente della Confesercenti Alessandro Giacomelli, sul provvedimento di Lucca «è necessario riflettere profondamente». Riconosce che il regolamento per i pubblici esercizi appena varato dal Comune «seppur un primo passo non esaustivo di tutte problematiche», pone dei paletti per l’apertura di nuovi locali. «Il punto è — aggiunge — che i negozi, ma anche i ristoranti, che caratterizzano il nostro centro devono essere tutetali, perché se e quando chiudono rappresentano ogni volta una ferita per la qualità della vita di quella porzione speciale di città. La tutela passa attraverso molte strade. Quella pensata a Lucca non crediamo possa essere bollata e liquidata come razzista perché Confesercenti non vedrebbe di buon occhio un McDonald’s in centro. Il punto è la tutela delle produzioni di qualità del nostro territorio che in centro può e deve trovare un terreno di attenzione particolare e privilegiata».

da il Tirreno del 30/01/09
Lampredotto e cibi etnici vanno a braccetto

Venturi di Slow Food: «Tutti i piatti devono essere presenti»

PRATO. I giovani cinesi vanno ghiotti per il panino al lampredotto, molti ragazzi italiani pranzano o cenano volentieri con un kebab. Lo scambio culturale passa anche dal cibo, soprattutto di quello che si può gustare in piedi o camminando. Ne è convinto Alessandro Venturi, presidente di Slow Food a Prato, che tra l’altro si è impegnato nella promozione della tradizione del cibo di strada di Prato e della Toscana, attraversp l’iniziativa del 2008 “I sapori del viandante”.
Il Comune di Lucca intende salvaguardare i prodotti del territorio limitando la vendita delle specialità etniche da mangiare in strada. E’una scelta giusta?».
«La tutela della nostra identità culturale, attraverso dalla valorizzazione dei prodotti legati alla nostra tradizione, non è alternativa alla diffusione di esercizi commerciali che propongono specialità etniche. Le due cose non si escludono a vicenda, anzi è bene che le due realtà siano entrambe presenti».
Dunque la cucina etnica non è un pericolo per la nostra identità?
«La storia della cucina è una storia di conaminazioni. Inoltre la cucina etnica è sempre esistita, non rappresenta assolutamente un problema, tanto più che oggi si inquadra nello scenario attuale di villaggio globale».
Quindi la preoccupazione del Comune di Lucca per la dequalificazione del centro storico ad opera dei venditori di kebab è eccessiva?
«L’unica cosa che deve preoccupare è la scarsa qualità dei prodotti. Che non si vendano insomma cibi scadenti e che possano far male. Per il resto nella vendita di cibo da strada di cultura etnica non vedo niente di scandaloso».
Me.Ma.


1 commento:

Anonimo ha detto...

Dopo aver letto e commentato "Prato. Il dibattito sul razzismo culinario", mi sono accorto che nello stesso messaggio "Novità" di MV c'era anche, sullo stesso argomento, "Prato. Ai commercianti piace il razzismo culinario lucchese?"
Vorrei far conoscere il mio pensiero anche a chi legge questo articolo, per cui qui di seguito incollo il mio commento.
Simone Puggelli
"Penso che nel Comune di Prato il commercio in generale sia disciplinato da regole e che queste regole, risultato di decenni di vita collettiva, siano quelle più giuste (non ho esperienza, mi fido).
Penso che l'osservanza di tali regole sia sufficiente per l'apertura di un esercizio commerciale, qualunque esso sia. Che poi siano in crecita i kebab e in calo i negozi di specialità tradizionali pratesi, è un fatto che dipende molto dai consumatori: ora è il momento in cui a tanti piacciono i prodotti venduti dai kebab.
Personalmente non gradisco molti prodotti non tradizionali pratesi (oltre a ciò che si vende nei kebab, quello che si vende nei Mac Donald, e via e via, fino alla banana e al panettone), anzi, a parità di gusto, preferisco un prodotto tradizionale locale proprio per il legame che sento con la mia terra.
Ma divieti speciali per motivi culturali non si possono mettere (semmai ai MacDonald per motivi sociali e ambientali ...). Piuttosto, il Comune potrebbe offrire opportunità ed incentivi a favore delle produzioni a carattere tradizionale pratese".