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La mer, la fin...

venerdì 30 gennaio 2009

Prato verso le amministrative. Abati, cambiare tutto per non cambiare niente

Ieri sera è stata la grande serata di Abati, con i sostenitori ad aspettare il "verbo" sulle poltroncine del Politeama.
Non commentiamo, in questa sede, più di tanto (ne avremo modo in altre occasioni): abbiamo solo evidenziato una serie di passaggi che danno la cifra del programma del candidato alle primarie...
MV

da la Nazione del 30/01/09
‘Parole d’ordine: cambiare e crederci’
Oltre 800 persone al Politeama. Le prime proposte per una «città migliore»
EMOZIONATO, ma sicuro, Paolo Abati davanti a oltre 800 persine ieri sera al Politeama ha parlato della Prato che vorrebbe. «Ricca di idee che creano ricchezza, capace di fare “insieme”, bella, pulita e viva, rigorosa e sicura, rispettosa e accogliente, produttrice di cultura, capace di decidere velocemente»: uno striscione sul palco alle sue spalle sintetizzava così la «missione», come lui stesso l’ha definita, della sua candidatura.

«CAMBIARE è sempre difficile — ha esordito —, ma oggi indispensabile. Scegliere di cambiare il sindaco non è stato semplice, ma serve il coraggio di fare scelte così. Un coraggio che deve riguardare tutta la città. Non si deve chiedere cosa può fare Prato per noi, ma cosa ognuno di noi può fare per Prato. Non è uno slogan, ma quello in cui credo. Di slogan ne sentiamo fin troppi, ma così non si va in fondo ai problemi, la politica sta perdendo la sua funzione». La prima proposta, quindi: un Comune «aperto alle idee, alle intelligenze della città», con un blog per i cittadini — come quello aperto dal candidato alle primarie per questa campagna elettorale — e un confronto continuo sui problemi, come lo furono gli stati generali della giunta Mattei, di cui Abati ha fatto parte. E il primo problema di cui il candidato ha parlato è stato naturalmente la crisi.

«NON è pensabile che la Fiat ottenga subito gli aiuti e Prato, con le sue migliaia di lavoratori, non venga neppure ascoltata», ha detto. Quindi la battaglia da fare per gli ammortizzatori sociali e la proposta di un accordo con le banche, con il Comune garante, per l’anticipazione dei soldi della cassa, che pur stanziati arrivano sempre più in ritardo. Questo sul fronte dell’emergenza, ma poi c’è il futuro, Prato che deve continuare a innovare e non ripiegarsi su se stessa. E allora le nuove tecnologie, la città che è già cablata ma non sfrutta queste potenzialità; gli accordi e le alleanze avviate da Consiag — di cui Abati è presidente — in campo energetico, con le tariffe scontate già applicate a tante aziende del distretto, il fotovoltaico, che però costa, e l’eolico, che qui è difficile fare. E poi i rifiuti: «Si è perso troppo tempo, si rischia l’emergenza, se ci saranno ulteriori ritardi per il termovalorizzatore di Case Passerini, si dovrà riconsiderare l’ipotesi di fare a Prato un impianto: la differenziata è fondamentale, ma non basta, si deve avere il coraggio di scegliere e di fare».

HA poi parlato dell’ex Banci, annunciando che è stato affidato l’incarico per la progettazione attuativa e lo studio di fattibilità economica. «Come disse Fuksas — ha ricordato —, immagino un polo degli eventi e degli affari, un’architettura da ammirare, un posto bello e in mezzo al verde, un richiamo anche per i turisti. Ma prima le infrastrutture, perché è impensabile che i collegamenti con Firenze siano come sono, e le istituzioni superiori non possono continuare a ignorare il problema». Molto applaudito il passaggio sul decoro. «I primi duecento giorni di legislatura ha detto — serviranno a dare un volto nuovo alla città, perché abbiamo bisogno di luoghi più belli, più puliti, più curati. Ma serve anche più educazione nei cittadini, più rispetto per la città. E controlli: i vigili di questo si dovranno occupare, multare gli incivili, perché non sono un corpo di polizia». Soprattutto, la cura del centro: tra le priorità di Abati la riqualicazione di piazza San Domenico e piazza delle Carceri. E naturalmente di piazza Mercatale, ma con il parcheggio sotterraneo in via Arcivescovo Martini, la vecchia idea del sindaco Mattei. Applausi, anche qui. «Serve una svolta», ha detto, tante volte.
Anna Beltrame

da il Tirreno del 30/01/09
Abati, prova di forza al Politeama
Teatro gremito e prime idee: il Comune garantisca per gli operai No al parcheggio sotto il Mercatale Sì al termovalorizzatore se Firenze non lo farà alla svelta PAOLO NENCIONI

PRATO. Mancava solo il sindaco Romagnoli, ma forse era chiedere troppo a chi è stato scaricato quando già pensava al secondo mandato. Per il resto c’erano tutti o quasi quelli che contano nel Partito democratico, e dunque è stata una riuscita prova di forza, in un Teatro Politeama gremito, la presentazione del programma elettorale di Paolo Abati, il lizza alle primarie del Pd contro Massimo Carlesi che certo non può contare sul compatto sostegno dell’apparato.
Sono le 21,42 quando le note di “Seven nation army” lasciano il posto al “C’è da fare” di Giorgia, e chissà se è solo un caso quel ritornello («c’è da far andare avanti la baracca») o se è già un pezzo di programma elettorale.
Abati, completo blu e camicia bianca (i capelli coi colpi di sole sono solo un ricordo) dice che tutto avrebbe pensato fuorché di essere qui e che se perde ha un lavoro a cui tornare, ma di fatto parla già da sindaco. Parla quattro minuti a braccio e per altri 99 leggendo i fogli che poi butta sul palco, interrotto 22 volte dagli applausi.
E mette tanta carne al fuoco, forse troppa. Davanti a lui c’è uno striscione verde (“Paolo sei uno di noi, i giovani di Prato”), dietro uno schermo su cui dovrebbero scorrere 120 delle idee raccolte sul suo sito, ma che si guasta e rimane spento. Accanto sei sedie sulle quali chiamerà i suoi sponsor, l’industriale Renato Cecchi, l’operaia Paola Biagioni, lo scrittore Edoardo Nesi, lo studente Filippo Pelagatti, il presidente del Santa Rita Roberto Macrì, l’operatrice del Centro di solidarietà Nicoletta Ulivi. In platea la giunta quasi al completo, i parlamentari Giacomelli e Lulli, anche Giuseppe Nardini dell’Unione commercianti.
Abati parla all’inizio di speranze da ritrovare per evitare che la città si ripieghi su se stessa, cita Obama («Anche se qui non ne abbiamo bisogno, magari a Roma»), cita Kennedy senza citarlo («Chiedetevi che cosa potete fare voi per la città») e poi snocciola un lungo elenco di problemi e proposte. La prima non scalda, sono gli Stati generali permanenti per verificare l’attuazione del programma. La seconda molto di più: il Comune garantisca con le banche l’anticipo del credito Inps per pagare la cassa integrazione agli operai. Dice che servono ammortizzatori sociali per governare la crisi.
E ancora: bussare a denari a chi può darli (Ue, governo, Regione) e istituire un organismo che vagli i progetti, per non sprecare risorse. Si accalora quando parla di energia, l’argomento che conosce meglio. Rivela di essere presidente di una società che sta trattando un accordo decennale con la Russia. Propone di realizzare «un medio impianto a turbo-gas, a impatto quasi zero» per produrre energia e calore. E non gli fa difetto il coraggio quando prende di petto la questione rifiuti: «Qui non siamo messi bene. Serve al più preso un termovalorizzatore a Case Passerini, altrimenti va fatto a Prato». Parla del polo espositivo all’ex Banci come se fosse dietro l’angolo: «Dovrà convivere con la Fortezza da Basso ma dev’essere un progetto di qualità, anche per attirare il turismo». Si dilunga sulla riqualificazione del centro storico, anche facendo uscire la gente di sera e magari con uno sconto sulla Tosap a chi fa animazione. Non ha niente contro i kebab, a patto che siano decorosi. Non farà il parcheggio sotto piazza Mercatale e vorrebbe tenere aperta la biblioteca fino alle 23.
La questione immigrazione se la tiene per ultima. La ricetta è questa: stop ai nuovi arrivi, i militari non servono, rispetto delle regole, scritte (anche) in italiano nei negozi cinesi, «in modo che un giorno, uscendo di casa, non faremo più caso se il nostro vicino ha la pelle nera o gli occhi a mandorla».

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