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La mer, la fin...

domenica 8 febbraio 2009

Prato. Uno sguardo diverso su via Pistoiese

Un modo per sfatare certi "luoghi comuni", per i quali la comunità cinese sarebbe costantemente ripiegata in se stessa, è anche far vedere come questa comunità, come tutte le altre, vive la città anche nelle piccole cose, come il comprare il pesce nel negozio "di quartiere"...
MV

da la Nazione del 08/02/09
«Le norme siano uguali per tutti»

CON IL suo negozio nel cuore di Chinatown ha assecondato forse più il palato di molti cinesi che dei pratesi.
Da lui si riforniscono i gestori dei ristoranti della zona, quelli che sono soliti cucinare piatti a base di pesce secondo la tradizione orientale: rappresentano l’80% della sua clientela abituale. Una scelta azzeccata quella di Valter Brandini, in tasca una laurea in ingegneria, che otto anni fa decise di aprire un punto vendita in via Pistoiese, proprio nel piazzale davanti all’Unicredit, uno degli angoli di Chinatown dove la concentrazione orientale è più massiccia. «Sono stato dirigente informatico per venti anni — racconta Valter — ma volevo lasciare qualcosa in eredità a mio figlio: di qui la decisione di passare al commercio con la scommessa di aprire un negozio e lavorare a stretto contatto col mercato cinese».
Certo non mancano i problemi legati alla convivenza con i cittadini orientali. «Vorrei soltanto che i negozianti cinesi seguissero le stesse norme igieniche e sanitarie dei commercianti italiani — auspica Valter —: dopodiché, mi piacerebbe che Prato fosse una città più integrata e dalla vocazione cosmopolita, sull’esempio delle grandi realtà metropolitane europee». Vista con gli occhi di questo commerciante italiano, Chinatown ha l’aria di essere un cantiere in continua trasformazione. Capita ultimamente nel pomeriggio di vedere nel piazzale davanti all’Unicredit più cinesi di un tempo. «Va bene contrastare l’illegalità con i controlli nelle aziende fuori regola — sottolinea il titolare della “Panapesca” — ma interroghiamoci sulle conseguenze di queste azioni. Parliamo di gente che improvvisamente si ritrova senza nulla da fare, senza una casa e senza un lavoro, con tutti i rischi di emarginazione sociale che una tale situazione comporta».
M.L.

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