Non lo diciamo noi...
Lo dicono loro...
MV
da il Tirreno del 10/02/09
Il tessile non basta più Così immaginiamo la città di domani
Abati: aree industriali usate per diversificare Carlesi: un’Agenzia per lo sviluppo Nincheri: il futuro sono le energie rinnovabili
PRATO. I tre candidati sindaci del Partito democratico, in corsa per le primarie del 15 febbraio, a confronto in redazione in un forum sui temi più caldi della campagna elettorale. Gli stessi che animeranno anche quella “vera” che inizierà dopo il voto di domenica. Paolo Abati, il candidato sostenuto da gran parte del gruppo dirigente Pd; Massimo Carlesi, l’outsider; Alessio Nincheri, rappresentante della Sinistra, alleata della coalizione di centrosinistra. Rispondono alle domande sulla crisi, sul distretto tessile, sull’immigrazione e sull’urbanistica. Molte valutazioni in sintonia, qualche divergenza, diversità nette sull’inceneritore e sulla composizione della giunta. Del resto lo dicono loro stessi: «Oggi siamo competitori ma la nostra appartenza è comune».
Carlesi: «Il tessile tradizionale avrà una riduzione stimata del 30%, resterà il tessile di qualità. C’è già un tessile che cerca di dare risposte con filati più preziosi e che lavora per il nord Italia e c’è il tessile tecnico per produzioni legate al mondo dell’auto o degli arredamenti. Ma credo che la diversificazione sia la strada da seguire. Alcune realtà esistono già, ma sono aziende numericamente limitate; soprattutto non hanno qui l’intera filiera e sono costrette a rivolgersi altrove per la componentistica. Noi dovremo impostare un lavoro serio sulla ricerca e sull’innovazione».
Abati: «Le cause della crisi sono internazionali, ma anche interne al distretto. Una riguarda le dimensioni piccole delle aziende: erano una risorsa, ora sono un limite. Un’azienda oggi ha bisogno di investimenti immateriali: conoscenza, ricerca, nuova managerialità. E questo è un altro limite: non c’è ricambio nella classe imprenditrice. Un altro problema è il completamento della filiera: noi curiamo la lavorazione del prodotto, ma non la commercializzazione. Quanto tessile resterà, quindi, dipende anche da alcune scelte da fare oggi: alcune dipendono dalle imprese, altre dal pubblico. Dipende sicuramente dal mondo dell’impresa rendere appetibili le nostre aree industriali che sono troppo care: per attirare investimenti e stimolare la diversificazione devono essere competitive anche sul mercato e non solo per le infrastrutture. Il pubblico invece può sostenere le imprese attraverso la ricerca. Buona l’iniziativa del Creaf, ma ora bisogna decidere cosa metterci e deve essere il mondo dell’impresa a chiarirlo. Un’altra iniziativa è quella dell’area Banci, perché abbiamo bisogno di più qualità nelle infrastrutture e non solo di quantità. Sul marchio “made in Prato” qualcosa si sta muovendo. Quanto alla diversificazione, ci sono già esempi vincenti, realtà imprenditoriali costruite su buone idee. Sono esempi da seguire».
Nincheri: «In prospettiva penso che qui rimarrà una produzione tessile di qualità. Che avrà bisogno di investimenti forti in ricerca e innovazione e di un marchio “made in” che tenga insieme il modello produttivo e anche le relazioni sindacali e ambientali della città. Vedo due possibili diversificazioni: le fonti energetiche rinnovabili e la cultura. Penso a cosa potrebbe essere costruito attorno al polo universitario anche in termini di servizi».
Da qui a qualche mese Prato potrebbe trovarsi a dover gestire un’altra massa di cassintegrati: cosa può fare il Comune per favorire la loro ricollocazione e per sostenere chi ha perso il lavoro?
Abati: «La proposta che lanciai al Politeama di un fondo che Comune e Provincia dovrebbero creare per garantire il rispetto dei tempi dei pagamenti della cassa integrazione è stata fatta propria dal tavolo del distretto. Questo è già un piccolo aiuto. Il Comune deve mettersi alla testa del disagio che la crisi porterà a Prato. La sua gestione dipenderà molto anche da quante risorse ci metteranno a disposizione la Regione e il governo (a cominciare dal rifinanziamento della cassa integrazione straordinaria). Il Comune potrà dare altri tipi di aiuti: un fondo, tra enti pubblici e altri enti cittadini, per dare sostegno alle famiglie che si trovano da un giorno all’altro senza un reddito in famiglia. Si potrà riorientare la spesa sociale del Comue sarà necessario incrementare la formazione di chi viene espulso dal processo produttivo del tessile. Penso, ad esempio, a una scuola dei mestieri anche per i giovani non troppo istruiti o a incentivare i lavori socialmente utili».
Nincheri: «La mancanza degli ammortizzatori sociali è un fatto drammatico. Bisognerà aprire una vera e propria vertenza con le istituzioni nazionali. Ci troviamo davanti a una situazione molto pesante che colpirà in particolare due categorie: le giovani generazioni già alle prese con la precarietà e le donne. Bisogna favorire l’accesso al credito per i giovani che vogliano iniziare un percorso lavorativo autonomo».
Carlesi: «Una risposta immediata alla crisi deve essere di carattere straordinario: non si può far riferimento al reddito Isee per dare risposte a chi è senza lavoro. Un provvedimento che riguardi anche chi non ha la copertura della cassa integrazione: penso a tutto il mondo del terziario che fa riferimento a contratti del commercio. Poi c’è un’altra questione: l’età delle persone. Ormai vengono espulsi dal processo produttivo i quarantenni che per ricollocarsi hanno bisogno di un percorso di riqualificazione. Quindi ci sarà bisogno di provvedimenti che garantiscano la tenuta sociale per coprire affitti, bollette, ma anche il costo dei nidi. La riqualificazione può essere uno strumento importante da accompagnare al periodo della cassa integrazione, un periodo in cui si imparano nuovi mestieri. L’idea è quella dell’Agenzia per lo sviluppo nella quale mettere fondi pubblici, fondi strutturali, ma anche le banche, i privati, andando a cercare i tanti soldi che a Prato ci sono ancora. L’indice di Bankitalia lo conferma: Firenze investe, Prato no, le banche fanno solo raccolta. Altra questione è la scuola: il Buzzi e il Marconi devono cominciare a pensare a uno scenario diverso. Non si possono più sfornare periti tessili o chimici tintori. Infine l’Università. Credo ci si debba investire tanto, sostenendo gli studenti con borse di studio ma facendo un patto con loro: ti garantisco il sostegno, ma poi dovrai riversare su Prato le conoscenze acquisite».
Controlli rigidi e integrazione
Abati: «E’ un problema di convivenza civile»
Carlesi: sulle aziende niente zone franche Nincheri: interventi mirati
Nincheri: «Una premessa: non esiste un abbinamento immigrazione-illegalità. Sulla legalità il Comune deve usare tutti gli strumenti a sua disposizione perchè bisogna essere inflessibili sulle modalità della competizione tra aziende, ma anche sui diritti del lavoratori e penso soprattutto ai minori. Ma il ragionamento deve essere generale e non per categorie etniche. La sicurezza: io credo si possa fare una mappatura delle zone più insicure della città e prevedere interventi mirati. Che è altra cosa da come declinano la sicurezza Milone o il centrodestra chiedendo i militari a Prato: non ne abbiamo bisogno. Sul tema dell’immigrazione invito tutti i medici a disobbedire all’invito di delazione del governo. E’ una cosa vergognosa e pericolosa. Da valorizzare la possibilità di trasferire il rilascio dei permessi di soggiorno dalla questura al Comune perchè sposta sul diritto di cittadinanza un problema oggi giudiziario».
Carlesi: «Diritti e doveri uguali per tutti: stesse regole da seguire, stesse opportunità. Questo come punto d’inizio. Secondo: l’abbinamento immigrazione-illegalità non può esistere. Non condivido la linea Milone. La questione aperta invece riguarda le aziende e le attività non legali: non è possibile consentire zone franche. Qui entrano in gioco i controlli, che vanno fatti in modo coordinato, ma con i ruoli previsti dalla legge: competenza dell’ordine pubblico allo Stato e non al Comune, vigili con compiti annonari, del controllo edilizio, della tutela ambientale. Terza cosa è quella che vede il Comune impegnato in una logica di integrazione e di scambio a livello culturale. E questa è una scommessa».
Abati: «Non mischiamo i problemi dell’immigrazione con quelli della sicurezza. E nemmeno le competenza. L’ordine pubblico è competenza delle forze di polizia, non del Comune. Sulla legalità invece si può fare di più. Dai cittadini emerge soprattutto un problema che io definisco di convivenza. E’ questo il terreno vero di sfida: ristabilire regole accettate da tutti. La cosa più brutta che possa succedere è che un cittadino di Prato non si senta più a casa sua. E’ su questo terreno che poi scoppiano i probemi veri: l’intolleranza, il razzismo, la violenza. Io mi vorrei fermare prima. Si possono fare controlli più marcati e imporre il rispetto degli usi e costumi locali. Per esempio bigliettini e insegne solo in cinese non devono esistere. La proposta che ho fatto di istituire un distretto straordinario di polizia nella zona problematica va in questa direzione: un controllo permanente sul territorio usando i vigili per il traffico, le soste, gli abusi edilizi, il rispetto delle regole del commercio. Per l’accoglienza il punto fondamentale è la scuola: coinvolgere le famiglie dei bambini immigrati. Si può lavorare sulla cultura e sullo sport: perchè quando vedremo dentro i cinema e a teatro o tra i calciatori o i rugbysti pratesi anche qualche volto di un altro colore e qualche occhio a mandorla, avremo fatto un gran passo verso l’integrazione».
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