ESPERANTO, LINGUA VERDE.
di Leonardo Pampaloni
L’Esperanto è una lingua artificiale, nel senso che ha un autore ed un inizio preciso. L’autore è il medico polacco L.L. Zamenhof, la data di inizio è l’anno 1887, durante il quale venne stampato il primo libro. Da allora l’Esperanto ha raggiunto i 120 anni di vita, si è diffuso nel mondo, articolato in gruppi ed associazioni di tutti i tipi: secondo stime attendibili sono attualmente due milioni i locutori, a vario livello.
Non vogliamo qui discutere della struttura grammaticale e del vocabolario dell’Esperanto, della sua posizione all’interno della storia e del gruppo delle lingue cosiddette universali: ci sono tali e tanti studi, tali e tante fonti di informazione. Per gli italiani può essere utile, ad esempio, il testo di U. Eco "La ricerca della lingua perfetta nella cultura europea" e visitare il sito della Federazione Esperantista Italiana www.esperanto.it (contiene approfondimenti e corsi gratuiti in rete).
Neppure vogliamo dilungarci sulle applicazioni didattiche e pedagogiche dell’Esperanto e sul suo valore propedeutico in funzione dell’apprendimento delle lingue straniere. A proposito del rapporto Esperanto-Scuola esistono in Italia dei riferimenti legislativi piuttosto importanti: Circolare Segni 1952, Relazione Finale della Commissione Interministeriale 1993; durante le due ultime Legislature sono state presentate alla Camera tre proposte di legge per introdurre l’Esperanto nella scuola secondaria come seconda lingua straniera oltre all’inglese.
Vogliamo invece sottolineare il ruolo e l’importanza di una seconda lingua comune non appartenente a nessuno di coloro che stanno comunicando. Essendo per tutti seconda lingua, essa dovrebbe garantire dalla emarginazione (primo passo verso l’estinzione) delle lingue materne e fornire uno strumento paritario di "democrazia linguistica".
Nell’estate 2006 a Firenze si è svolto il 91° Congresso Mondiale di Esperanto, che ha riunito 2200 esperantisti provenienti da tutto il mondo. Il tema del Congresso era "Lingue, culture ed educazione per uno sviluppo sostenibile". Vari oratori si sono avvicendati per sostenere che la diversità culturale è una ricchezza dell’umanità, è l’humus da cui possono sbocciare nuove idee e nuove soluzioni per i problemi del mondo e che quindi, questa diversità, va preservata contro il rullo compressore di quanti tendono a considerare la globalizzazione un mezzo per esportare la propria lingua e la propria cultura.
L’Esperanto si pone in questo quadro come quella lingua che ha vantaggi tecnici e ideali. Dal punto di vista tecnico è molto meno costoso insegnare l’Esperanto rispetto alle altre lingue, essendo esso più semplice e regolare; dal punto di vista ideale protegge i vari idiomi e le varie culture perché non ha un retroterra nazionale e quindi non dovrebbe diventare strumento di omologazione culturale e fagocitazione delle altre lingue. Non a caso lo studioso che ha aperto il Congresso è stato il professor Francois Grin, dell’Università di Ginevra, autore di un rapporto al Ministero dell’Educazione francese, in cui mette a nudo i costi notevolissimi della generalizzazione dello studio del solo inglese nella scuola pubblica: il Regno Unito "guadagna" dai Paesi europei almeno 18 miliardi di euro all’anno per somme direttamente connesse a spese per l’insegnamento dell’inglese e ai viaggi di studio; senza tener conto del vantaggio di cui godono i locutori nativi in ogni situazione di negoziato o conflitto che si svolge nella loro lingua.
Contemporaneamente al Congresso Mondiale di Firenze si è svolto a Prato il 37° Raduno Internazionale dei bambini esperantisti. Si è trattato di una occasione per far conoscere Prato a 35 ragazzini dai 7 ai 13 anni provenienti da 14 Paesi diversi e per far conoscere l’esperanto ai pratesi. La città ha ricevuto un po’ di soldi, senza dubbio l’Ostello di Villa Fiorelli, dove erano ospitati i giovanissimi esperantisti. Si è trattato anche di una sferzata di vitalità culturale, c’è stato fra l’altro anche un concerto di un gruppo musicale esperantista. E noi tutti ben sappiamo quanto abbia bisogno Prato di vitalità culturale, in sostituzione o in aggiunta alla vitalità industriale, commerciale, immobiliare.
Concludiamo con una sintesi un po’ semplicistica, a spiegazione del titolo dell’articolo: "Esperanto, lingua verde". Così come i "Verdi" ritengono importante il mantenimento della diversità biologica e degli ambienti naturali, così gli "Esperantisti" ritengono importante il mantenimento delle diversità linguistiche e culturali. I "Verdi" auspicano scelte nella direzione di uno stile di vita che permetta uno sviluppo sostenibile, gli "Esperantisti" auspicano scelte nella direzione di un bilinguismo diffuso, costituito dalla lingua materna e dall’esperanto come seconda lingua comune.
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