TANTI INTERESSI PRIVATI NON FANNO UNA CITTA'!

La mer, la fin...

giovedì 15 maggio 2008

Verdi. Il colore dell'ecologia.

Un'altra voce sul futuro del partito ecologista.
mv

Politica senza verde o verde senza "politica"
di Roberto De Giorgi .
da www.agoramagazine.it

Ieri, il mondo s’è interrogato sul suo destino, dal punto di vista ambientale. Mentre in Italia più che un arcobaleno è caduto un fulmine sulla politica e sui giornali conservatori si plaude alla scomparsa dei Verdi. Lo sciacallo che s’aggira sui risultati elettorali dice questo semplicemente perchè non sa o finge di non sapere che sui temi ambientali c’è un mondo sommerso ed in rete. Ogni elezione è una storia a sé, già le elezioni Europee del prossimo anno diranno altre cose (toh! i Verdi sono tornati!]
Se c’è una cosa che deve essere chiarita è che l’ecologia non ha colore politico o meglio gli unici colori che comprende sono quelli della natura. L’errore italiano è stato quello di aver portato un partito verde ad assomigliare agli altri. Se tutti dicono le stesse cose, non v’è differenza. Non s’evidenzia lo spessore specifico. Ecco perchè poi sui temi della salute e dell’ambiente i diffusi movimenti ecologisti non sanno a quale santo votarsi.
I verdi tedeschi in questi giorni varano degli accordi con la CDU, dopo un lungo periodo di convivenza con la Spd. Non è un fatto nuovo, lo hanno già fatto nel passato. (Anche per questo i Die Grünen non promettono alleanze con nessuno nella prossima competizione del 2009).
Non si tratta d’essere ondivaghi, ma se partiamo dall’assioma che il tema ambientale è universale, un partito ecologista è politicamente neutro. Non risponde ai paradigmna tradizionali della politica: destra, centro o sinistra.
Un accordo possibile è allora sui problemi: moratoria sugli inceneritori e centrali a turbogas e carbone, puntando sul solare di Rubbia? Puntiamo alla bioedilizia con risparmio energetico? Introduciamo una diversa mobilità urbana lenta e pulita, ecc.. Se siamo d’accordo su questi temi perchè non fare governi locali e nazionali? Cosa c’è di ideologico dietro una diversa modalità di raccolta dei rifiuti? O valutando la certificazione ambientale di una impresa si farà magari cenno alla collocazione politica del titolare? Spesso la degenerazione affaristica della politica italiana dei conflitti di interesse ha marchiato di "politica" anche la scelta se fare o meno un ponte sullo stretto. Che deve essere, come ogni cosa da fare valutata per la sua efficenza, efficacia ed economicità.
Il problema italiano sta nello sdoganare l’ecologia dalla politica spicciola, della spartizione degli assessorati o dei ministeri. Perchè le inquietudini del mondo sono troppo grandi per entrare nei personalismi delle carriere politiche.
L’ambiente-uomo è tornato prepotentemente all’ordine del giorno dalle discussioni sulla diossina. Ecco la necessità di una politica che metta l’uomo al centro dell’attenzione, e che significa anche dare più responsabilità all’uomo stesso per quello che sta accadendo nell’ecosistema: una mutazione dell’agire umano, un mutamento dell’etica.
Problemi enormi che non è possibile discettare in un talk show televisivo accanto alla pubblicità dell’ultimo Suv. E che devono entrare in una discussione serrata sul "che fare?" . Senza la riedizione dei soliti congressi, delle solite dimissioni e del solito cambiare tutto per non cambiare niente.

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