«Le sentenze non ammazzano nessuno. Credo che vadano lette, criticate, ma rispettate». «Questa vicenda - ha aggiunto - mi ha lasciato il desiderio di silenzio, si è fatto troppo chiasso»
«Sulla vicenda di Eluana Englaro dal punto di vista umano non ho niente da dire e le mie sensazioni le tengo per me. Contava invece il punto di vista giuridico e su questo dico che le sentenze si rispettano. Abbiamo dimostrato che si possono far rispettare». Così l’ex procuratore generale di Trieste, da oggi pg a Firenze, Beniamino Deidda, ha commentato la vicenda di Eluana parlando con i giornalisti nel capoluogo toscano. Fino a ieri si è occupato, insieme alla procura di Udine, del caso di Eluana.
«NESSUNO MUORE DI SENTENZE» - Deidda ha detto di «non condividere certi linguaggi tipo il dire è morta di sentenza. Le sentenze non ammazzano nessuno. Credo che vadano lette, criticate, ma rispettate». «Questa vicenda - ha aggiunto - mi ha lasciato il desiderio di silenzio, si è fatto troppo chiasso, anche in maniera inopportuna. Bisogna cominciare a rispettare i sentimenti». Quanto agli esposti sulla morte di Eluana, alcuni dei quali già definiti dallo stesso Deidda «farneticanti», «essi sono all’esame degli organi competenti e, come si deve fare, saranno esaminati». «Per il caso Englaro ribadisco che non ho avuto nessun condizionamento politico». «Credo - ha aggiunto rispondendo a chi evidenziava i rapporti a volte turbolenti fra poteri dello Stato - che un po' di questo tipo di dialettica sia fisiologica in uno Stato di diritto, ma credo anche che bisognerebbe evitare l’esasperazione dei toni, che i poteri dello Stato non si delegittimassero a vicenda e che rimanesse sempre forte il senso delle istituzioni».
L'INCHIESTA - «Indipendentemente dalla volontà delle maggioranze o delle minoranze - ha aggiunto Deidda - i magistrati devono garantire il rispetto del giudicato fino in fondo», poichè devono garantire, «Costituzione alla mano, il rispetto dei diritti di tutti, specie dei più deboli e dei più emarginati, come è stato il caso di Eluana, in condizioni di estrema fragilità e debolezza». Deidda ha escluso di aver temuto che nelle indagini avviate a Udine «si stesse andando in una direzione non giusta o non corretta. È sempre possibile che i magistrati sbaglino - ha detto - ma il Pg c’è anche per questo, nel limite del possibile, per sostenere i pubblici ministeri del suo distretto». Infine, ha spiegato che per chiudere l’inchiesta si aspettano «le conclusioni definitive dei periti. Dopo di che - ha detto - si potrà considerare chiusa».
12 febbraio 2009
di Diego Alhaique
Le “morti silenziose” provocate dall’amianto impiegato nei cantieri navali di Monfalcone hanno trovato finalmente una voce, quella della giustizia a lungo reclamata, che ora ha risposto con un’indagine lampo: in meno di sei mesi il procuratore generale di Trieste, Beniamino Deidda, dopo aver avocato a sé le indagini ferme da oltre dieci anni, è riuscito a portare a termine l’inchiesta sui primi 42 casi tra le centinaia di vittime delle micidiali polveri respirate per decenni dentro e fuori l’Italcantieri (poi divenuta Fincantieri). Abbiamo potuto raggiungere per telefono il dottor Deidda.
Come può accadere che delle indagini su delle morti sul lavoro siano ferme per così tanti anni?
La giustizia ha così finalmente iniziato il suo corso anche per i morti dell’amianto di Monfalcone, come lo sta facendo per l’Eternit di Casale Monferrato, ma anche ammettendo, almeno fino ad un certo anno, l’ignoranza del rischio cancerogeno - come affermano sempre i responsabili delle imprese che hanno impiegato l’amianto - era davvero inevitabile respirare queste polveri?
A quale anno avete fatto risalire la conoscenza del potere cancerogeno dell’amianto?
Chi sono allora gli accusati e cosa succederà ora?
Nessun commento:
Posta un commento