E che le imprese cinesi possano essere una grande risorsa per l'economia pratese - lavorando in un settore, quello delle confezioni, che non è mai stato "prioritario" nel distretto - è da un po' che si sostiene, ma poltici ed imprenditoria sembrano orientati in maniera diversa, preferendo cavalcare, ed in qualche caso fomentare, le varie ondate xenofobe.
Speriamo solo che gli studi portati avanti non servano, in fondo, a giustificare "ex post" iniziative "economiche" sul genere Interporto e Polo Fieristico, ma costituiscano una solida base per ragionare sul futuro della città.
MV
da la Nazione del 13/02/09
Crollano le imprese tessili
«Ma i cinesi non c’entrano» In 8 anni -40%. Rullani: «Gli orientali? Una risorsa»
QUASI DUEMILA aziende tessili in meno rispetto al 2000, ma il saldo complessivo delle imprese a fine 2008 è stato ancora una volta positivo, grazie soprattutto al forte aumento delle confezioni, quasi tutte cinesi (+1.476), e delle società di servizi (+1.627), con le attività immobiliari a farla da padrone (+1.106 negli ultimi otto anni). Prato finora ha mostrato segni di «riconversione e dinamicità imprenditoriale», ma cosa diventerà il distretto nel lungo periodo? E’ questo il tema centrale del progetto «Prato in progress» affidato al docente universitario Enzo Rullani e ad una equipe di esperti che ora, oltre a porre le domande giuste (e nell’impostazione dello studio presentata ieri in Camera di commercio ce ne sono tante), dovrà anche trovare le risposte giuste (entro l’autunno), magari puntando sullo sviluppo di logistica, mobili e alimentare. Nel frattempo serve un patto che punti a salvare le aziende che hanno un futuro escludendo invece quelle che inquinano il mercato e sono destinate a chiudere. In più Rullani chiarisce un aspetto chiave: «I cinesi vanno rimessi in regola, ma è sbagliata l’idea che stiano distruggendo Prato. Gli imprenditori orientali si sono affiancati a qualcosa che c’era già e col quale interagiscono poco. Adesso bisogna sfruttare questo pezzo di Prato come elemento complementare, come risorsa». Una tesi che forse non piacerà a chi deve confrontarsi con la concorrenza sleale dei laboratori cinesi.
PER ORA insomma «Prato in progress» è soprattutto un’analisi che non propone soluzioni, ma individua tre problemi dai quali dipende la maggiore sofferenza di Prato rispetto alle altre realtà industriali, come dimostra la forte contrazione dell’export fra il 2001 e il 2007 (-800 milioni di euro): le reti di distribuzione sono troppo corte e così il prodotto resta troppo distante dal consumatore finale e dalla posizione più redditizia della filiera; il «sapere pratico dei lavoratori e l’organizzazione informale» tipici del distretto oggi non bastano più; si fatica a trovare imprenditori giovani che sappiano interpretare i modelli di business moderni. Finora dunque il risultato migliore, come hanno ripetuto il presidente della Provincia Massimo Logli e quello della Camera di commercio Carlo Longo davanti ai soggetti del tavolo di distretto, «è che per la prima volta Prato si muove unita e punta ad avere uno strumento che valuti la situazione complessiva».
UNITA MA non senza polemiche, in un clima sempre più elettrico in vista della manifestazione del 28 febbraio. Il segretario della Uil Annalisa Nocentini, ad esempio, ieri ha attaccato i parlamentari pratesi: «Siamo una delle città più grandi del centro Italia eppure nessuno parla della nostra grave situazione. I risultati ottenuti dalla presenza dei nostri parlamentari a Roma sono nulli — ha sottolineato — Ci sono dei parlamentari che vengono da paesini piccoli e che aiuitano concretamente il loro territorio, noi invece, pur avendo sempre avuto diversi esponenti in Parlamento, non siamo ascoltati. Il lavoro fatto non si mette in dubbio, ma i risultati non ci sono». Così, per non rischiare di avere poca visibilità il 28, visto che si sta preparando anche una manifestazione nazionale del tessile-abbigliamento, probabilmente sarà contattata la redazione di «Ballarò».
Leonardo Biagiotti
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