TANTI INTERESSI PRIVATI NON FANNO UNA CITTA'!

La mer, la fin...

giovedì 8 gennaio 2009

Clima. Bufale dei ghiacci.

08/01/2009 da Green Report

La mezza bufala dei ghiacci del 2008
di Riccardo Mostardini


La notizia dei “ghiacci artici marini tornati ai livelli del 1979”, che nei giorni scorsi ha cominciato a circolare con sempre maggiore insistenza, aveva destato molte perplessità in chi – come noi – monitora con attenzione e costanza quei dati che più sono indicatori delle fluttuazioni del clima.E l’estensione dei ghiacci marini boreali è uno di questi, poichè la superficie della banchisa (cioè del ghiaccio marino) è un valore che segue rapidamente e con notevole aderenza l’andamento delle temperature, ed è inoltre un dato ricavabile con una certa agilità attraverso l’uso dei rilevamenti satellitari.

Come giustamente scriveva ieri Pietro Greco su greenreport, il dato relativo alla banchisa fornisce solo una visione orizzontale della sua estensione, senza fornire altre indicazioni ben più significative, come l’età dei vari strati di ghiaccio (indice della loro potenziale persistenza per le stagioni a venire) e il volume accumulato. E ricordiamo anche che ai fini della valutazione del possibile impatto del surriscaldamento globale sulle società umane, ben altro valore assumono i dati relativi all’estensione e allo spessore non della banchisa, ma della calotta glaciale, cioè di quel ghiaccio terrestre il cui scioglimento porta alla crescita del livello dei mari. Per la banchisa il problema – è notorio – non sussiste, poichè si tratta di ghiaccio che galleggia, e il cui eventuale scioglimento non causa quindi l’innalzamento degli oceani, così come lo scioglimento di un cubetto di ghiaccio galleggiante in un bicchiere d’acqua non ha conseguenze sull’aumento del livello iniziale del liquido nel contenitore.

Fatta questa prefazione, giungiamo al punto: la notizia è stata introdotta in Italia dal “Corriere della Sera” del 5 gennaio. «Il livello dei ghiacci artici è tornato ai livelli del 1979», come rivelano «i dati, per certi versi sorprendenti, del Centro di Ricerca sul Clima Artico dell´Università dell´Illinois».

Il Corriere non ha rinunciato neanche a lanciare una stoccata a chi «aveva predetto la scomparsa totale dei ghiacci artici entro l’anno», riferendosi chiaramente a quanto affermato dai ricercatori del National Geographic a giugno scorso: il problema è che nessuno aveva predetto la scomparsa totale in estate dei ghiacci artic i (evento che, anche negli scenari peggiori, non è previsto poter avvenire prima di alcuni decenni), ma era stata invece preventivata la scomparsa della banchisa dalla zona del polo geografico. Evento poi non avvenuto, ma che era effettivamente nel novero delle possibilità per l’estate scorsa: resta comunque da aggiungere che molti quotidiani avevano fatto confusione, all’epoca, soprattutto molti avevano riportato la notizia giusta nel testo, ma avevano scelto invece titoli ambigui, come ad esempio “La Repubblica” del 23 giugno («entro l’estate Polo senza ghiaccio»).

Ma, a parte questo, la notizia del Corriere del 5 gennaio è stata ripresa il giorno dopo da alcuni media di grande diffusione, come “la Stampa” («Nonostante alcune apocalittiche previsioni il livello dei ghiacci della terra è risalito negli ultimi mesi del 2008, chiudendo l’anno appena trascorso agli stessi valori del 1979») e il TG2.Ciò che non ci convinceva, però, era la vaghezza della notizia, e la mancata citazione delle fonti. Si parlava, nei media citati, solo di ricerche compiute dal Centro di ricerca sull’Artico dell’ università dell’Illinois, e del parere di Bill Chapman, ricercatore presso la facoltà. Fatta qualche ricerca, abbiamo scoperto con sconcerto che non c’è stata nessuna pubblicazione di nuove ricerche da parte del centro Arctic Atmos Uiuc, tantomeno di ricerche dall’impronta così “rassicurante” come abbiamo letto o ascoltato sui media generalisti, e che Bill Chapman, effettivamente ricercatore nell’istituto citato, aveva solamente rilasciato delle dichiarazioni al blog di Michael Asher, giornalista americano piuttosto noto tra i cosiddetti “climate skeptics”, che aveva poi pubblicato il primo gennaio un articolo sulla rivista on-line “Daily tech” in cui spiegava, appunto, l’equivalenza dell’estensione della banchisa della fine del 2008 con quella del 1979. Vista l’impronta dell’articolo, conoscendone (di “fama”) l’autore, e sospettando in tutta sincerità una bufala colossale, siamo andati a controllare i dati relativi alla banchisa, che sono monitorati a livello di comunità scientifica accreditata proprio dall’Arctic climate research center, fin dal 1979, anno di inizio delle misurazioni satellitari.E quanto visibile nell’immagine (che indica le anomalie rispetto ad una media costante, e che quindi in pratica racconta la dinamica della banchisa) spiega come stiano effettivamente le cose: se noi congiungiamo con una linea rossa l’estensione della banchisa a fine 1979 e a fine 2008, effettivamente non possiamo negare l’equivalenza in questione. Ma se osserviamo attentamente, si può notare come l’estensione di dicembre 1979 era poco sopra la minima annuale (evidentemente quell’anno si ebbe un autunno-inizio inverno caldo, al polo), mentre quella di dicembre appena passato è stata quasi l’estensione massima del 2008, superata peraltro già a marzo, alla fine della scorsa stagione invernale.Quindi possiamo dire che, all’atto pratico, l’estensione massima della banchisa del 2008 è pressoché identica a quella minima del 1979. Per facilitare la comprensione abbiamo segnato in blu tutti i picchi annuali di estensione, e poi congiunto i vari massimi con una spezzata, visibile nell’immagine, che fa capire ampiamente come il pur significativo recupero avvenuto sia quest’anno, sia nel 2007, non possa per ora essere trattato che alla stregua di una semplice fluttuazione, che peraltro mantiene l’estensione della banchisa su valori ben inferiori (circa mezzo milione di kmq) alla media.Ecco quindi che una notizia del genere, che andrebbe pubblicata con mille distinguo e con una necessaria analisi dei trend, viene data in pasto all’opinione pubblica con una faciloneria che solitamente – almeno su media di alto spessore come quelli citati – viene riservata a questioni meno importanti del cambio climatico. E il problema di fondo è questo: dire che l’estensione (quasi) minima del 1979 è uguale a quella (quasi) massima del 2008 è una cosa, dire che “i ghiacci sono tornati ai livelli del 1979” è tutt’altra cosa. Parlare di “notizia rilasciata dall’università dell’Illinois” è falso, poichè come abbiamo detto la notizia è stata “creata” e diffusa da un blog che ha poi chiesto un commento ad un singolo ricercatore (e che peraltro ha solo spiegato i motivi del recupero avvenuto quest’anno). E francamente, non sappiamo se i media generalisti del nostro paese si siano armati, come noi, di righello e matita (elettronici), e abbiano disegnato come noi una linea rossa orizzontale e una spezzata blu: ma desta sincero sconforto il pensare che l’unica vera notizia ricavabile da quel grafico è la spezzata blu, non certo quella sottile linea rossa che dal punto di vista climatologico c’entra come il cavolo a merenda.
L'articolo che ha originato l'errore
mv
January 1, 2009 11:31
Rapid growth spurt leaves amount of ice at levels seen 29 years ago.

Thanks to a rapid rebound in recent months, global sea ice levels now equal those seen 29 years ago, when the year 1979 also drew to a close.
Ice levels had been tracking lower throughout much of 2008, but rapidly recovered in the last quarter. In fact, the rate of increase from September onward is the fastest rate of change on record, either upwards or downwards.
The data is being reported by the University of Illinois's Arctic Climate Research Center, and is derived from satellite observations of the Northern and Southern hemisphere polar regions.
Each year, millions of square kilometers of sea ice melt and refreeze. However, the mean ice anomaly -- defined as the seasonally-adjusted difference between the current value and the average from 1979-2000, varies much more slowly. That anomaly now stands at just under zero, a value identical to one recorded at the end of 1979, the year satellite record-keeping began.
Sea ice is floating and, unlike the massive ice sheets anchored to bedrock in Greenland and Antarctica, doesn't affect ocean levels. However, due to its transient nature, sea ice responds much faster to changes in temperature or precipitation and is therefore a useful barometer of changing conditions.
Earlier this year, predictions were rife that the North Pole could melt entirely in 2008. Instead, the Arctic ice saw a substantial recovery. Bill Chapman, a researcher with the UIUC's Arctic Center, tells DailyTech this was due in part to colder temperatures in the region. Chapman says wind patterns have also been weaker this year. Strong winds can slow ice formation as well as forcing ice into warmer waters where it will melt.
Why were predictions so wrong? Researchers had expected the newer sea ice, which is thinner, to be less resilient and melt easier. Instead, the thinner ice had less snow cover to insulate it from the bitterly cold air, and therefore grew much faster than expected, according to the National Snow and Ice Data Center.
In May, concerns over disappearing sea ice led the U.S. to officially list the polar bear a threatened species, over objections from experts who claimed the animal's numbers were increasing.

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