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da il Tirreno del 04/01/09
La lettera, la card in mano: ma i requisiti non ci sono
Tra i casi più frequenti: le proprietà di quote immobiliari, e alcuni redditi fiscalmente non imponibili che però fanno sforare il tetto
CARLO BARTOLI
«Finora - spiega Loreno Coli, segretario regionale dei pensionati della Cisl - tanti anziani se la sono presa contro i patronati, i Caaf e, in generale, contro i sindacati, anche se abbiamo cercato di spiegare in ogni modo a chi si rivolgeva a noi senza avere i requisiti che addomesticando le dichiarazioni andavano incontro al rischio di sanzioni e a conseguenze penali».
Il problema è che la bella lettera redatta su carta intestata di ben due ministeri (Tesoro e Welfare) in realtà non rappresentava assolutamente un’attestazione di idoneità a ricevere la carta acquisti. «Ci hanno costretti - aggiunge Amos Fabbri del patronato Inca Cgil - a fare la parte dei cattivi, ma mi chiedo a cosa sia servito distribuire migliaia di social card che sono destinate a rimanere comunque inattive». In molti casi, infatti, gli anziani hanno ottenuto dalle Poste la Carta senza rendersi conto che in realtà non erano in possesso di tutti i requisiti richiesti per usufruirne.
Ci sono infatti una serie di condizioni che è relativamente facile accertare - come la proprietà di uno o più veicoli, o l’essere intestatario di una o più utenze domestiche - ma ci sono anche situazioni che facilmente sfuggono ai diretti interessati.
Prendiamo il caso limite di un anziano che ha il 10% della proprietà di un garage o di un deposito di attrezzi agricoli. Essendo immobili ad uso non abitativo basta esserne proprietari di un decimo per non avere diritto alla card. Lo stesso dicasi per la proprietà di un quarto di un immobile ad uso abitativo, qualunque sia il suo valore: è questo un criterio che esclude ad esempio chi ha la porzione di proprietà di una villa in Versilia e di chi ha una fetta di un rudere in una località sperduta.
Un altro tasto dolente riguarda il patrimonio mobiliare Isee che deve essere inferiore a 15mila euro. «C’è chi ha messo da parte i soldi per la tomba e per il funerale e non vuol toccarli a nessun costo - aggiunge Coli - e chi, piuttosto che dichiarare l’ammontare dei depositi in banca o alle Poste si alza e interrompe la compilazione del modulo di richiesta. Può sembrare un atteggiamento incomprensibile, ma tanti nostri anziani sono fatti così».
Ci sono poi i redditi non facilmente identificabili che, pur essendo minimi, possono far sballare il redditometro, sia pure di pochi euro. «Si tratta di redditi che non fanno parte dell’imponibile fiscale - chiarisce Marco Manfredini del patronato Inas Cisl - come le pensioni di guerra percepite dalle vedove o dai figli di grandi invalidi, le rendite Inail percepite per i postumi di invalidità di infortuni sul lavoro». Per non parlare dell’inserimento nel reddito complessivo delle indennità di accompagnamento che vengono erogate a fronte dell’assistenza di persone gravemente invalide e che devono essere assistite.
La circolare inviata dal Tesoro - ad operazione già avviata - specifica infatti che nel calcolo del reddito occorre tenere conto «di tutti i trasferimenti monetari ricevuti a qualsiasi titolo dall’Inps o da altri enti erogatori di pensione (es. casse previdenziali) anche se questi importi non sono fiscalmente imponibili. Vanno esclusi da questo calcolo esclusivamente gli importi relativi ad arretrati». Quindi, ad un anziano non basta neppure consultare il Cud o la dichiarazione dei redditi per accertarsi di essere al di sotto dei 6mila euro di reddito Isee e di essere titolare di un’imposta netta Irpef pari a zero.
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