TANTI INTERESSI PRIVATI NON FANNO UNA CITTA'!

La mer, la fin...

giovedì 8 gennaio 2009

Prato. Un dibattito che si apre

La notizia del progetto di alcune aziende di imprenditori cinesi per la creazione di un consorzio "di qualità" sul modello di Pratotrade ha scatenato una serie di reazioni, dal mondo dell'economia alla politica.
Sono quindi da valutare con attenzione le parole di Marini (presidente dell'Unione Industriali) e di Pagano (direttore di Pratotrade), che vedono in questa scelta un passo importante per le stesse aziende italiane, visto che l'eventuale consorzio rappresenterebbe quella "chiusura della filiera", attraverso le confezioni, più volte richiamata dallo stesso Marini negli ultimi tempi.
Ma con ancora più attenzione sono da valutare le parole dell'imprenditore cinese interpellato, che fa notare come, in fondo, l'esistenza di un clima pesante a Prato , non favorisca in alcun modo - incluso dal punto di vista imprenditoriale - l'integrazione tra le due comunità.
Continueremo a seguire l'evolversi della vicenda...
MV

da la Nazione del 08/01/09
Marini apre ai cinesi «legali»

Obiettivo allungare e rendere più forte la filiera: «Scopriamo le carte»
di MARIA LARDARA
UNA TASK FORCE di imprenditori tessili pratesi e confezionisti cinesi per combattere la crisi. Dopo la notizia di una possibile Pratotrade alla cinese, ecco che arrivano altre posibili aperture alla legalità produttiva e all’alleanza nel distretto. Altro che “distretto parallelo”: per il futuro Prato potrebbe candidarsi a divenire un laboratorio integrato del sistema tessile e della moda. Uno scenario possibile solo se un giorno si realizzerà l’integrazione produttiva tra l’imprenditoria locale e quella orientale in un quadro di assoluta legalità e rispetto delle regole. Ad accreditare un’ipotesi quanto mai inedita per il futuro del distretto, è una doppia intervista rilasciata al mensile «Wan Li» da Riccardo Marini, non solo nella sua veste di presidente dell’Uip ma anche in quella di imprenditore tessile, e da Zhang Shumeng (Luigi) un confezionista che vive a Prato da oltre 15 anni.

DUE FIGURE così diverse, che riescono però a parlare la stessa lingua – quella dell’imprenditore - quando fiutano le opportunità che si verrebbero a creare con la saldatura di interessi tra pratesi e orientali. “Una collaborazione tra gli uni è gli altri è possibile – spiega Zhang Shumeng – a patto che esista una reciproca convenienza. Ma per ragionare in termini di interessi comuni occorre prima conoscersi meglio”. Coglie la palla il presidente Marini quando esorta gli imprenditori cinesi ad aprirsi sul tema della legalità. “Saranno loro a guadagnarci – fa notare - se usciranno dalla clandestinità economica decidendo di rispettare le regole. Del resto la trasparenza è una scelta che ‘conviene’ anche alle imprese cinesi per sviluppare competitività sui mercati”. Quella di Marini è una porta schiusa verso il mondo produttivo asiatico. “Una realtà – denuncia - che non possiamo più definire ‘parallela’, permettendo che essa proliferi nell’illegalità. Mettiamoci a sedere intorno a un tavolo e, se necessario, troviamo insieme la strada perché le imprese cinesi si mettano in regola. È impensabile prescindere da comportamenti etici e dal rispetto della legge. D’altro canto, la sinergia economica tra le due comunità è un passaggio obbligato per il futuro di questo distretto. Se fosse stata governata positivamente dalle istituzioni, oggi l’immigrazione cinese sarebbe una risorsa per l’economia della città”. Non la pensa poi così diversamente il “collega” Zhang Shumeng quando afferma che “occorre un impegno forte, sia da parte degli imprenditori cinesi che pratesi, oltre al sostegno delle istituzioni. Certo – fa osservare – dobbiamo credere in una prospettiva di collaborazione senza pregiudizi da ambedue le parti: con un pizzico di ironia, si potrebbe dire che servono più tifosi e meno fischi degli arbitri”.

CHE L’INTEGRAZIONE non sia una delle priorità che più stanno a cuore dei suoi connazionali, d’altra parte, è lo stesso Zhang Shumeng a confermarlo. “Gli immigrati che arrivano in un paese straniero – spiega – pensano prima di tutto a tirare avanti per sé e la famiglia e poi semmai a inserirsi nella società in cui vivono”. Gli fa eco Riccardo Marini: “Anche nel resto del mondo i cinesi hanno fatto fatica a integrarsi socialmente. Ma l’integrazione economica è un’altra cosa perché in fin dei conti giova ai loro interessi. Sono convinto che queste imprese continuerebbero a essere competitive anche se pagassero la Tia e gli altri tributi come tutte le aziende in regola”.

«Integrazione vera se si cancellano i luoghi comuni»
GLI IMMIGRATI dagli occhi a mandorla mal digeriscono il livello del dibattito che in città ruota intorno alla “questione” cinese. “Finché saremo accusati di rubare il lavoro agli italiani - denuncia Zhang Shumeng - o rimarremo vittima di luoghi comuni come quello che i cinesi non ‘morirebbero mai’, non ci sarà spazio per una discussione seria sui temi dell’integrazione”.
Razzismo? Se per Marini “esiste un malcontento sempre più diffuso che può essere scambiato per razzismo”, per Zhang Shumeng “in città si respira un clima pesante”. “Credo che questi fenomeni di intolleranza - conclude l’imprenditore cinese - potrebbero degenerare senza un controllo e una gestione responsabile dall’alto”.
Giustificata insofferenza verso un clima pesante era stato espresso alla fine del 2008 sul nostro giornale anche da alcuni giovani esponenti di associaciazioni cinesi radicate a Prato.
I giovani delle seconde generazioni, che si sentono quanto meno metà cinesi e metà pratesi, avevano duramente cointestato i toni accisatori che erano emersi da alcuni hgruppi di discussione creati su Facebook che parlavano apertamente di mandare via i cinesi da Prato.
«Vogliamo - dissero - cancellare luoghi comuni e pregiudizi che ci sentiamo continuiamente addosso. Noi vogliamo vivere a Prato e ci sentiamo parte della città».

SENTIRE parlare di una “Pratotrade dagli occhi a mandorla” gli suscita una certa curiosità, se non altro per la soddisfazione di essere stati presi a esempio dall’imprenditoria cinese. “Ci copiano le idee ancora una volta”, ironizza Vincenzo Pagano, direttore di Pratotrade, il consorzio promotore di Prato Expo che raggruppa al suo interno 120 selezionate aziende tessili del distretto. Quello di Pagano, a proposito del progetto di aggregare una cinquantina di imprese orientali dell’abbigliamento (di cui ha dato notizia La Nazione nei giorni scorsi), è il giudizio dettato dall’alto di una struttura storica di tutto rispetto, un consorzio di produttori di tessuto, con tutti i requisiti per fare scuola, perché no, anche agli imprenditori cinesi. “Fa sempre piacere che la nostra realtà venga presa a riferimento per le sue caratteristiche di eccellenza – ammette il direttore - ma vorrei ricordare che nel dna di Pratotrade si ritrovano quegli elementi di trasparenza, qualità e selezione delle aziende che nel corso degli anni hanno dato valore aggiunto alla nostra esperienza”. Dai vertici di Pratotrade arrivano “i migliori auguri a Maffei e agli imprenditori cinesi perché possano sviluppare il loro progetto – aggiunge Pagano - con l’auspicio che esso possa veramente far emergere uno spaccato di aziende di qualità e in regola con certe impostazioni di correttezza commerciale e qualificazione produttiva”. Nessuna pregiudiziale contro un’eventuale “gemella “ dagli occhi a mandorla: dagli uffici di Pratotrade arriva l’invito a lavorare con un approccio serio e trasparente a una proposta, che se ben realizzata, potrebbe aprire spiragli per un dialogo proficuo. “Anche perché – conclude – queste aziende orientali riunite in consorzio rappresenterebbero i nostri potenziali clienti in quanto si posizionano sul segmento dell’abbigliamento: ben vengano dunque possibili forme di collaborazione, a patto di dialogare con imprese ben selezionate e di prima qualità”.

Nessun commento: