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La mer, la fin...

domenica 11 gennaio 2009

Prato. Aperture ed improvvise chiusure

Con un comunicato stampa ufficiale, l'Unione Industriali di Prato stigmatizza come "inopportuna" l'idea del consorzio di imprese di confezioni cinesi, nonostante che lo stesso Marini tenesse, nei giorni scorsi, un atteggiameno molto più "aperto" e di confronto. Viene da chiedersi quindi "cui prodest" questa posizione così dura - e viene da dire ancora una volta fuori dal seminato. Perché, ed è il caso di ricordarlo sempre, quella annunciata nei giorni scorsi è una operazione economica, che punta a riunire in consorzio una serie di imprese che operano secondo criteri di qualità anche per committenze importanti. In questo senso, il fatto che siano imprenditori cinesi diventa quasi secondario, visto che il progetto è dichiaratamente aperto anche agli imprenditori italiani
È fondamentale tenere il punto, in quanto in questi giorni il dibattito è stato impropriamente, e propagandisticamente, spostato sulla questione legalità, ed ora artatamente "arricchito" da un termine quale "autoghettizzazione" - addirittura accusando l'operazione di causare un "grave danno all'immagine di Prato".
Ci sembra, ed è un nostro modesto parere, che il vero danno all'immagine di Prato venga proprio fomentato da una posizione del genere, che in fondo, a leggere bene il comunicato, sembra più preoccupata del mantenimento di equilibri interni - e quindi "politici" in senso lato - all'Unione Industriali. La creazione di un consorzio all'interno del mondo delle confezioni creerebbe infatti un aggregato importante, in termini di peso contrattuale, che potrebbe mettere in discussione assetti di potere all'interno dell'associazione e alcune strategie che l'Unione sta portando avanti, quale la famosa "chiusura della filiera". Infatti la proposta del consorzio mette in luce che a Prato esistono già le imprese che operano in quel settore delle confezioni "di eccellenza" che inizia a fare gola anche ai pratesi. In questa ottica, diventa più comprensibile anche la posizione di Ferrari, più interessato a mantenere la parcellizzazione delle tante aziende cinesi all'interno dell'associazione tematica che guida, piuttosto che vedere emergere un concorrente di importanti dimensioni, che potrebbe orientare le scelte del mondo imprenditoriale secondo linee diverse dai "desiderata".
Ma assumendo tale posizione, l'Unione Industriali farebbe bene a capire che si sta assumendo anche una grave responsabilità: quella di trasmettere per l'ennesima volta un segnale di chiusura verso la comunità cinese, al di là dei proclami sulla presunta "apertura a tutti". Questo forse gioverà anche a qualche importante sponsor (o partner) politico, ma rischia di produrre l'ennesimo danno alla città.

Lanfranco Nosi
Per Municipio Verde


da la Nazione del 11/01/09
Consorzio cinese, bocciatura della Uip
«Sì all’integrazione, no all’auto-ghettizzazione del distretto parallelo»
«INOPPORTUNA perché tesa a rimarcare l’anomalia del distretto parallelo cinese ed a perpetuarne l’auto-ghettizzazione, con grave danno all’immagine di Prato». Una bocciatura in piena regola, con un giudizio piuttosto netto: il consiglio di presidenza dell’Unione industriale pratese non apprezza l’idea della costituzione di un consorzio di imprese cinesi di confezioni. I vertici della Uip, ovviamente, salutano in maniera più che positiva la voglia di integrazione e l’impegno a stare all’interno delle regole da parte di un gruppo di confezionisti orientali, ma non considerano positive le «caratterizzazioni etniche nelle organizzazioni economiche».

UNA POSIZIONE proposta dal presidente Riccardo Marini e condivisa in particolare proprio dalla sezione “maglifici e confezionisti” della Uip. «E’ evidente che nessuno può o vuole impedire la nascita di organizzazioni economiche all’interno della comunità cinese — commenta Stefano Ferrari, presidente della sezione — tuttavia come operatori italiani dello stesso settore in cui si concentra la maggior parte delle imprese cinesi ci pare che caratterizzare su base etnica un eventuale futuro consorzio di imprese di confezione non sia una buona idea per nessuno. Non per i cinesi, che in questo modo si costruirebbero una ulteriore dimensione ‘parallela’, che non vedo come possa piacere a chi aspira alla legalità e vuole dare segnali positivi di integrazione. Ma non è un’idea buona nemmeno per il distretto». Secondo Ferrari «rispettare le regole deve essere la norma e non un comportamento eccezionale da premiare; al contrario, sono i comportamenti scorretti che vanno sanzionati. Quando si opera nella legalità non c’è alcun bisogno di fare distinzioni fra italiani e cinesi. Come Unione Industriale e come sezione siamo disponibili, per statuto e di fatto, ad accogliere soci di qualsiasi etnia. Ci sembra che le organizzazioni moderne debbano essere così: aperte, non segmentate per provenienza geografica degli imprenditori. Principio cardine deve essere però la concorrenza leale».

IL LEADER dei confezionisti della Uip, quindi, non chiude la porta alla buona volontà di chi manifesta piena disponibilità all’integrazione: «A Prato, città di forte tradizione all’accoglienza, potrà trovare risposte positive a questa aspirazione sua e di, speriamo, molti altri suoi compatrioti. Ma per fare questo occorrerà la dimostrazione di una forte volontà di rispettare le regole, così da recuperare un clima di lealtà e di fiducia che oggi è compromesso».


da la Nazione del 11/01/09

«Il console combatta l’illegalità»
IN CASA Cna la proposta di stringere accordi economici con «quel gruppetto di imprese cinesi che operano nella regolarità» trova un’accoglienza positiva nelle parole del presidente Anselmo Potenza: «Potrebbe essere una buona strada per fare un passo avanti rispetto ad un dibattito, assai inconcludente fra duri di comodo e presunti buonisti». Potenza, però, vuole subito mettere in chiaro alcuni «punti fermi» a partire dal valore di serietà, correttezza e qualità del made in Italy. «Sia chiaro — dice Potenza — non si scambia l’integrazione con la tolleranza sulla legalità. Anzi, il prossimo passo dovrebbe essere l’impegno del console cinese a collaborare con lo Stato italiano per colpire l’illegalità, proprio in difesa dei suoi imprenditori corretti». Al mondo della politica, poi, Potenza chiede un intervento concreto e progranmmi straordinari. «Ad esempio — si chiede Potenza — perché non attivare risorse a sostegno di tutti quegli imprenditori italiani capaci di costruire joint venture, con imprenditori cinesi per produrre qualità e garantire anche facilità di accesso del made in Italy nel grande mercato cinese? Il problema tra l’altro non riguarda solo la filiera tessile, anche il mercato della comunità cinese locale deve aprirsi a tutte le imprese e non soltanto alle proprie. Su tutto questo gli attuali ed i prossimi amministratori, potrebbero impegnarsi sia verso la Regione che verso il Governo nazionale per una piattaforma pratese capace di coniugare azione imprenditoriale con emersione nella legalità.

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