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La mer, la fin...

venerdì 8 maggio 2009

Cemento. La mappa dello scempio.

Così stanno massacrando la costa
Asor Rosa in “viaggio di esplorazione”: vince il capitalismo di rapina

Il professore, leader ambientalista, fa la mappa dello scempio da Castiglioncello alla Maremma: stop alla concezione ferocemente utilitaristica del territorio



Credo che ci siano due modi di affrontare le questioni del territorio e del paesaggio e di tentare di fronteggiare il degrado. Il primo va sulle generali, è sistematico e scientifico, accumula dati, li soppesa e discute, individua tendenze, propone misure di natura altrettanto generale Il secondo si basa sulle osservazioni particolari, sull’esperienza vissuta, sulle conoscenze e talvolta sulle sofferenze dei singoli, si affida, per così dire, a procedure di testimonianza. I due metodi non sono antitetici, anzi, ma io preferisco di gran lunga il secondo. L’ultimo “viaggio di esplorazione” compiuto con questo spirito l’ho fatto in Toscana, con l’assistenza di quei formidabili difensori del territorio, che sempre più spesso s’incontrano fra i cittadini delle località più minacciate. La “tre giorni” di esplorazione ha riguardato una serie di Comuni costieri collocati nel Sud della provincia di Livorno: zona un tempo bellissima, meta privilegiata di artisti e scrittori, oggi gravemente a rischio. Ma procediamo per ordine, da nord a sud.
A Castiglioncello, nel Comune di Rosignano, cementificazione selvaggia sulla costa fra il paese e la località di Chioma; un enorme e anonimo porto turistico a Caletta, con distruzione delle bellissime scogliere arenarie; in località Poggio Pelato, di grande valore paesaggistico, il progetto di una specie di “parco turistico attrezzato”, un insensato giardino artificiale al posto di una straordinaria realtà naturale.
A Marina di Donoratico, nel comune di Castagneto Carducci, a poche centinaia di metri dall’Oasi di Bolgheri, sono iniziate le costruzioni di 417 (quattrocentodiciassette) appartamenti turistici (seconde o terze case). Altre trenta mega cantine sono previste in zona, con impatto paesaggistico devastante.
Campiglia Marittima è un centro splendido, arroccato su di una collina, e con una grandiosa vista sul mare. Ai suoi piedi, e cioè in una valletta fra il paese e la zona archeologica etrusco-medievale di Madonna di Fucinaia, di grandissimo pregio, vogliono costruire un villaggio turistico di 51 casette, in maniera che il turista coscienzioso, osservando i dintorni dall’alto della Rocca (ben restaurata), non possa fare a meno di trovarsele sbattute davanti al naso.
Si potrebbe tuttavia osservare che, tanto, a Campiglia, potrebbe non esserci più paesaggio da ammirare: le colline a oriente del paese, infatti, sono sempre più scavate e spianate dall’attività erosiva di due cave gigantesche, quelle di Montecalvi e di Montevalerio. Soluzione ottimale e definitiva per la difesa del paesaggio: toglierselo da torno.
Infine, dulcis in fundo, il comune di San Vincenzo, località marina, abbastanza recente rispetto agli esempi precedentemente elencati, e forse perciò ancor più stravolta nella sua forma urbanistica dalla destinazione turistica a cui tutto, chiaramente, lì è sacrificato.
Recentemente (“Il Tirreno” del 7 aprile), su questa specifica situazione, ha attirato l’attenzione, con la solita impeccabile precisione filologica, Salvatore Settis, con il quale totalmente concordo.
A San Vincenzo, fra l’altro, si può ammirare un unicum architettonico veramente straordinario: un palazzo moderno è stato costruito completamente addossato ad una chiesa, - per giunta quella del Santo Patrono: chiesa modesta ma dignitosa, che non meritava un tale oltraggio, - al punto che finisce per avviticchiarsi letteralmente al suo campanile.
Nonostante tutto ciò, nel Piano strutturale comunale, approvato nel 1998, sono previsti oltre 500mila metri cubi di nuove edificazioni su di un patrimonio edilizio esistente stimato in 3milioni e 300mila. A San Vincenzo, quando si parla del Piano case di Berlusconi (20 per cento in più sui metri quadri esistenti...), si mettono a ridere.
Dilettante!, dicono: lì si possono QUADRUPLICARE i volumi esistenti in caso di demolizione e ricostruzione con cambio di destinazione d’uso da residenziale a turistico-ricettivo.
Infine: è in costruzione, con illimitato spreco di cemento armato e devastazione della bella spiaggia sia a nord sia a sud del paese, un enorme e orribile porto turistico (in questo caso, andare a vedere per credere).
E, naturalmente, non intervengo in questa sede, sulla vexata quaestio del “corridoio tirrenico” che produrrà i suoi effetti più devastanti più a sud, in provincia di Grosseto, e che qui ha trovato una sua sistemazione da molti punti di vista deprecabile, ma non altrettanto catastrofica.
Il quadro che ne risulta è comunque, a vista d’occhio, devastante: si direbbe che un intreccio perverso d’interessi politici e interessi imprenditoriali abbia colpito la zona. Naturalmente, - e lo dico per evitare equivoci e reazioni polemiche furibonde, - questa situazione toscana, come molte altre situazioni in Toscana, non sono peggiori di quelle che si vedono in altre regioni italiane. Quello che da qualche anno ci sforziamo di dire è che la situazione toscana va assomigliando sempre di più alle altre, in un forsennato gioco alla rincorsa economica, che condurrà solo al disastro.
Sembra insomma prevalere una concezione ferocemente utilitaristica del territorio, che evoca i fantasmi del “capitalismo selvaggio”, del “capitalismo di rapina”. Sembrerebbe arrivato il momento d’imprimere una decisa correzione di rotta alle politiche, centrali e periferiche, di gestione del territorio. La spinta al cambiamento viene dal basso e non si può continuare a considerare unicamente come l’espressione di una forza ostile. Alberto Asor Rosa

Alberto Asor Rosa
il Tirreno 8/5/'09

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