A questo punto, cerchiamo di vederci chiaro. Il Comitato economico e sociale europeo, partendo dall'assunto che ancora, in dottrina, non esiste una definizione univoca di "delocalizzazione", decide di definirla come "Fenomeno che consiste nella cessazione, totale o parziale di un'attività e della sua successiva ripresa all'estero per mezzo di un investimento diretto."
Secondo questa definizione, quindi, dovremmo verificare se Cennincina ha "cessato" parzialmente delle attività di produzione in loco per riprenderle poi all'estero. Per certo, l'apertura di piattaforme logistico-produttive estere ha comportato la mancata attivazione di centri di produzione in Italia, o una riduzione della terziarizzazione in loco.
Ecco quindi che forse risulta più calzante la definizione data da due studiosi francesi:"la sostituzione di una produzione nazionale con una produzione straniera, liberamente decisa da un produttore che rinuncia a produrre nel suo paese per produrre o terziarizzare all’estero".
E qui Cennincina ci casca a pennello, perché ha rinunciato a produrre in Italia, ed in particolare a Prato, per produrre all'estero.
Indi per cui, ha delocalizzato, eccome...
Sfida accettata, sfida vinta...
MV
da il Tirreno del 17/05/09
«Non ho delocalizzato, ho globalizzato»
PRATO. Roberto Cenni una risposta alle accuse di essere stato il primo tra gli imprenditori pratesi a delocalizzare la produzione all’estero, l’aveva proprio lì sulla punta delle lingua.
«La mia - conclude Cenni - è stata stata una scelta globale e non credo di aver portato via nulla alla mia città».
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