Europa
Sempre più vulnerabili nella «fortezza Europa»
A Madrid si conclude il Forum sociale mondiale delle migrazioni Tre giorni di incontri e dibattito, oltre 2000 persone da 90 paesi. Ma è l'Europa al centro del Forum: per la sua criticata direttiva sui rimpatri, e perché fa dei migranti il capro espiatorio della crisi. «Ci considerano indesiderabili ma necessari. Ci vogliono, ma privati di diritti».
Matteo Dean
Con lo slogan «Le nostre voci, i nostri diritti, per un mondo senza muri» si è conclusa ieri a Rivas Vaciamadrid, alle porte della capitale spagnola, la terza edizione del Foro Sociale Mondiale delle Migrazioni. Tre giorni di seminari e incontri a cui hanno partecipato oltre 2000 persone provenienti da 90 paesi - ma una ovvia prevalenza delle numerose ong spagnole che si occupano di immigrazione, oltre che di studiosi e attivisti.
Demetrio Valentini, il vescovo brasiliano che ha fondato l'organizzazione Grito de los Excluidos («Grido degli esclusi»), ha introdotto il tema che è stato l'asse centrale della disdetenzionecussione del Forum: l'ecologia o, meglio detto, gli effetti del deterioramento ambientale sui gruppi umani. Ha spiegato Valentini che «la crisi ecologica è l'avvertimento più chiaro, capace di sensibilizzare la coscienza umana». È strategico, ha continuato il prete brasiliano, «per tutti coloro che difendono la causa migrante, legarla alla crisi ecologica. Dobbiamo servirci di questa coscienza crescente nel mondo per evidenziare sino a che punto le dinamiche migratorie sono il frutto degli errori dello stesso modello economico che ha creato la crisi ecologica». Ha infine aggiunto: «Oggi la nostra civiltà quella umana, nessun'altra - è carente di grandi utopie. Ciò impedisce soluzioni aperte e creative che facciano avanzare la coscienza etica dell'umanità e risveglino nuove possibilità del rapporto con la natura e di convivenza solidale tra i popoli». La relazione tra crisi ambientale e flussi migratori è stata poi ampiamente ripresa dal sociologo belga, e fondatore del Centro Tricontinentale (Cetri), François Houtart, che parla ormai di «migranti ambientali» o climatici e spiega che, secondo statistiche Onu, per il 2050 dovremo aspettarci quasi 200 milioni di persone migranti a causa di fenomeni legati alla crisi ambientale. E si badi bene, spiega Houtart, non si tratta solo dei grandi disastri ambientali, ma anche dell'occupazione di grandi distese di terra per la produzione di agrocombustibili. Questo fenomeno impazzito di produzione dei nuovi combustibili, continua, non solo mette in pericolo l'equilibrio ecologico, ma sta obbligando milioni di persone a muoversi nel territorio. L'altro tema che ha percorso il Forum sono i Cie, o Centri di internamento ed espulsione quelli che in Italia chiamavamo Cpt. Qui è stato presentato uno studio realizzato dalla rete Migreurop, che disegna la mappa dei centri di detenzione per migranti in Europa.
I segreti delle detenzione migrante
Una mappa incompleta, spiega Sara Prestaianni, responsabile del progetto di ricerca, perché non è facile aver accesso alle informazioni, proprio come è difficilissimo avere accesso alle stesse strutture. Lo studio ha confermato il vasto panorama di violazione ai diritti umani all'interno di queste strutture e la completa mancanza di informazioni e di contatti con l'esterno per i cittadini migranti detenuti. Assoluta mancanza di contatto anche con le numerose associazioni che si occupano di difendere i diritti dei migranti. L'attivista ha denunciato quindi l'assoluta mancanza di trasparenza per quel che riguarda il numero ma soprattutto la gestione di questi luoghi di non diritto. Per fortuna, si è detto, la situazione non è come negli USA dove l'informazione è ancora più scarsa e molti di questi centri sono addirittura gestiti da enti privati, ma questo non vuol dire che nella UE si stia meglio. Per questo, Mireurop ha lanciato una campagna europea che ha come obiettivo finale quello di chiudere i Cie, pur arrivandoci per tappe: una prima tappa che vuole vincere il muro del silenzio, e quindi poter avere accesso a queste strutture e far sapere alla società quel che lì accade. Allo stesso tempo, ovviamente, aiutare coloro che vi sono internati, offrendo loro l'assistenza di cui hanno bisogno. Non è chiaro però come combattere l'obbrobrio della detenzione amministrativa, rafforzata dalla direttiva di ritorno dell'Unione Europea. Sarà comunque importante, si è detto, osservare quel che succede oltre le frontiere europee, nei cosiddetti paesi di transito, ovvero quei paesi periferici dell'Unione che ormai costituiscono la nuova frontiera per i migranti, nel quadro dell'esternalizzazione dei controlli.
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