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La mer, la fin...

venerdì 19 settembre 2008

Archeoambiente. Gonfienti come un film di fantascienza.


Da parco archeologico a parco della prostituzione, così muore la città degli Etruschi sul Bisenzio.


L’ennesima denuncia, seguita da reportage giornalistico, è stata fatta da Maila Ermini del Teatro La Baracca e dall’ Associazione Camars, unitamente al tamtam di singoli cittadini ed altri Comitati impegnati da tempo a reclamare la salvaguardia e la valorizzazione delle straordinarie ricchezze archeologiche. Questa segnalazione ha portato in evidenza una situazione territoriale drammatica, divenuta nelle ultime settimane esasperata per il totale abbandono e un alto livello di illegalità che caratterizzata l’area archeologica di Gonfienti. Una situazione che, trascinandosi senza soluzione di continuità da mesi, ha ormai raggiunto livelli inimmaginabili di degrado. Ed è purtroppo drammaticamente vero quello che sta accadendo a quel celebrato sito archeologico, già dichiarato per la presenza di una grande città etrusca, “eccellenza” culturale della Regione Toscana, un tesoro incommensurabile dell’antica terra d’Etruria, anche per la rilevanza scientifica e storica delle clamorose scoperte che vi sono state fatte, con reperti artistici di inestimabile valore. Infatti, al crocevia dei comuni di Prato e di Campi Bisenzio, nell’area occupata dall’Interporto della Toscana Centrale è stata conclamata la presenza di un insediamento antico di oltre 30 ettari, con imponenti resti strutturati di case, strade, canalizzazioni, risalenti al periodo aureo del mondo etrusco, quello Arcaico del VI-V sec. a.C., con ancor più importanti e ricchissime stratigrafie archeologiche dall’Età del Bronzo Medio all’epoca imperiale romana, saldandosi infine con i resti della centuriazione della Piana Fiorentina, gettando così una luce definitiva sulle nostre origini.
Colpevoli di tale stato di abbandono le Amministrazioni locali, la Regione e, soprattutto, la stessa Soprintendenza per il Beni Archeologici della Toscana che, dopo avere autorizzato, pur in presenza di reperti archeologici, l’ampliamento dello scalo merci interportuale (N.O. del novembre 2006 con apertura del cantiere del febbraio 2007), a fronte di una spesa di oltre 2 milioni di euro elargiti dalla quella stessa società per condurre indagini preliminari e bonifiche archeologiche, nonchè varie centinaia di migliaia di euro di finanziamenti pubblici, ha inopinatamente abbandonato al suo destino anche tutta l’area limitrofa, di oltre 12 ettari, già posta, fin dal 2006, in regime di vincolo, quindi sotto tutela istituzionale ai sensi di legge stabiliti dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio. Oltre a dimostrare la totale insensibilità delle istituzioni verso questo patrimonio, il luogo che ha un valore riconosciuto di pregio paesaggistico e scientifico, si è trasformato in una sorta di grande discarica, tanto che alla vista appare come un “pattumiera territoriale”, tanta è l’incuria e la devastazione ambientale che qui colpevolmente si è lasciata proliferare senza controllo: inquinamento delle acque e rifiuti tossici disseminati ovunque, con gli stessi cantieri pubblici aperti pochi mesi or sono per mettere in sicurezza i terreni archeologici, in totale abbandono. Questa area è divenuta in pochi mesi una terra di nessuno, contando ormai quotidianamente vandalismi e persino incendi, luogo di atti osceni da compiersi impunemente alla luce del sole. Oggi quest’area si presenta anche come un sito pericoloso per l’ignaro cittadino che si trovasse a passare, magari alla ricerca di una segnaletica che indichi l’area archeologica da visitare, invece qui regna sovrana l’illegalità di luoghi tutelati non custoditi, una dilagante prostituzione minorile, spaccio e sporcizia.
Come è stato indicato nella denuncia: “L'area archeologica protetta, circondata da reti ricoperte di rampicanti e semicrollate, nasconde ormai anche i resti dell'attività degli studiosi che hanno scavato e che se ne sono andati da tempo: strumenti abbandonati, box semidistrutti, si sovrappongono alle vestigia del passato come se la civiltà moderna fosse collassata nel momento stesso in cui cercava di conoscere il suo passato. Uno spettacolo di decadenza e di dolore, come in un film di fantascienza”.

A cura dell’Associazione Camars

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