Vi preghiamo di leggere con attenzione questo intervento di Giuseppe Centauro sul Centro Storico di Prato, ma più in generale sul ruolo e sulle funzioni della "città vecchia".
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C’era una volta il centro storico di Prato: un assunto questo che oggi è proprio il caso di ribadire a caratteri cubitali alla luce degli ultimi, non propriamente edificanti, avvenimenti, ma anche da ricordare nell’occasione della giornata dedicata dall’urbanistica pratese al “Centro Storico” e alla cosiddetta “città densa”, che poi sarebbe un altro modo di identificare la città vecchia in una sua personificazione meramente fisica.
Nel lessico urbanistico la “città densa” si distingue dalla “città diffusa” e dai filamenti della “città lineare”; queste distinzioni morfologiche sono tuttavia sintomatiche di relazioni ambientali condotte più sul piano spaziale che su quello storico-evolutivo, e sono pragmaticamente riconducibili alle esigenze di una pianificazione territoriale da condurre in termini funzionali in ordine a predefiniti standard. Questa precisazione che non contiene in sé alcuna implicazione critica, è semmai utile ed opportuna per capire il piano della discussione urbanistica corrente che evidentemente è altra cosa rispetto al complessivo dibattito intorno alle problematiche che stanno a cuore ai cittadini, e conseguentemente alcune delle risposte attese non vanno ricercate in questa analisi bensì in un altro genere di valutazioni. Di certo è pesante ed impietoso leggere nei numeri delle analisi quantitative per la programmazione urbanistica che il centro storico è strutturalmente obsoleto per l’abitare, inadatto per le attività commerciali, endemicamente carente di infrastrutture e servizi, e pure indifendibile, per le sue stesse caratteristiche, dagli effetti dell’inquinamento atmosferico.
Un luogo senza futuro quindi, destinato, se non lo considerassimo una risorsa, o l’identità stessa della città, ad essere “rottamato” al di là delle buone intenzioni e delle parole di circostanza.
Povero vecchio storico centro, per te rimane solo l’esito di un declino ormai pluriennale dopo il forzoso trasloco di quasi tutte le funzioni direzionali e del terziario avanzato, dopo aver perso tutti gli artigiani chi vi lavoravano, dopo avere cacciato “fuori le mura” buona parte dei suoi tradizionali residenti. Dopo la grande fuga, caro vecchio storico centro, sei diventato senza neppure saperlo e senza alcuna struttura organizzativa di supporto, una sorta di “centro d’ accoglienza” di extracomunitari, al centro di attenzioni solo per le installazioni di telecamere come un carcere.
Caro vecchio centro, fuori dalla storia, sei in balia di schizofrenie urbane dettate da una presunzione di ordine pubblico. Come se non bastasse sei pure piombato nel caos di un commercio “mordi e fuggi”, dettato da iniziative estemporanee e bizzarrie di vario genere, come ad esempio quel “fiore” del trasferimento di pochi e mal ridotti banchi di articoli di merceria e biancheria intima dalla piazzetta del Pesce all’ovale di piazza Mercatale. Cassonetti mal distribuiti e maleodoranti sotto i monumenti principali, segnaletica stradale disordinata e inutilmente sovrapposta, fanno il paio con la palpabile incuria di luoghi centrali anche quelli da poco risistemati,come piazza di Sant’Agostino, o che restano colpevolmente da recuperare, come piazza San Domenico. Stupisce però, ancor più l’insolito destino del Mercatale che, dopo tanto discutere e promettere, meritava ben altre risoluzioni di quelle fin qui adottate. Appare per questo ancor più incomprensibile aver frettolosamente rinunciato ad un’azione di restauro urbano, faticosamente intrapresa, che pure stava maturando interessanti frutti sul piano del decoro e della stessa qualità dell’abitare attraverso il piano del colore ed il rifacimento di lastrici ed arredi, rilanciando nella gente l’idea di una ritrovata e condivisa affezione. In definitiva, l’attuale governo della città si è fatto trovare del tutto impreparato per il centro antico specie di fronte al degrado ambientale e sociale incombente, incapace di promuovere azioni di tutela e valorizzazione del proprio patrimonio architettonico ed artistico (si pensi ai bastioni ed alle mura che cadono a pezzi, ai ritardi incomprensibile per la riapertura del Museo Civico), lasciando persino le strade del centro in balia di bande di giovinastri viziati, perfetti interpreti dei disvalori odierni, a dimostrazione di quanto paga l’atteggiamento superficiale, l’inconsistenza politica talvolta veicolata da illogici e dannosi provvedimenti.
La “città curata”, vivendo nelle stanze solo nell’idea radical chic del “salottino buono” con “lounge bar” e ristorantini ma che, in realtà, per il dilatarsi del degrado, tarda esso stesso a prendere forma, è destinata a rapido declino, finendo per risultare antitetica rispetto a quello che avrebbe potuto e dovuto essere.
A nostro modesto avviso non potrà mai essere cura della città al di fuori di un progetto culturale di rilancio, al di fuori di una ritrovata attenzione verso i residenti, vecchi e nuovi, fuori da una continua e durevole azione di manutenzione di piazze, monumenti e spazi pubblici, fuori da una politica di sostegno per l’abitare di famiglie e giovani coppie, magari agevolando il recupero di vecchie case adesso lasciate al loro naturale ed ineluttabile destino.
Giuseppe A. Centauro
Prato, 19 Settembre 2008
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