TANTI INTERESSI PRIVATI NON FANNO UNA CITTA'!

La mer, la fin...

venerdì 19 settembre 2008

Interporto. la storia di Terra di Nessuno

Così l’Eden è diventato un inferno
Intorno alla casa è cresciuto l’interporto. «Ora siamo prigionieri dei tir»

Un assedio di rumori sporcizia e degrado Giovanna Bogani ha fondato un comitato e ora racconta in un blog la sua protesta infinita
FRANCESCA GORI

PRATO. Centinaia di e-mail inviate all’indirizzo di posta elettronica della società Interporto. Fotografie scattate per raccontare il proprio disagio, la propria vita in mezzo ai tir, alla sporcizia e al degrado. Striscioni e richieste di intervento alle istituzioni. Giovanna Bogani, che da anni si batte perché la sua casa è stata “accerchiata” dall’Interporto, questa volta ha spostato la sua protesta sul web.
E ha aperto un blog dove quasi giornalmente racconta quello che vede dalla finestra di casa sua. Un’idea, che la donna “prigioniera” nel suo appartamento in via Cellerese con tutta la famiglia, ha partorito quest’estate. Il blog, che si trova all’indirizzo http://theprotestofgiovy.blogspot.com racconta il degrado della zona e soprattutto la difficoltà di vivere in un’area dove oggi transitano più di duecento camion al giorno. E dove, nel 2009 quando i lavori per la costruzione dei nuovi binari saranno terminati, ne passeranno 1.500.
Per la signora Bogani, un vero e proprio film dell’orrore che non finisce nemmeno quando la signora che abita al piano di sopra di casa sua, suona una dolce melodia con il flauto o si lascia andare ad un bel concerto di pianoforte. Troppo rumore, lì intorno, per concedersi il lusso di sentire un pezzo di musica classica. «Dopo anni di e-mail inviate all’indirizzo della società Interporto e alle istituzioni - dice Giovanna - senza mai ricevere una risposta, abbiamo deciso di raccontare al popolo di internet quel che subiamo ogni giorno a casa nostra». Giovanna Bogani, che vive al pianterreno di una palazzina proprio di fronte all’ingresso dell’Interporto, ogni giorno e ogni notte ha a che fare con i camion che arrivano, si fermano, ripartono. Tanti, rumorosi. Motori rombanti, mezzi pesanti che sostano davanti casa sua e camionisti che scendono e fanno pipì nell’orto della signora, che mangiano, parlano. «La società ha realizzato un parcheggio per i camion - scrive su internet - corredato del bagno sia per uomini che per donne, con le docce. Ma ancora oggi il parcheggio è chiuso. Per tutta l’estate è stato utilizzato soltanto dai ragazzini con lo skate e con le minimoto. E da qualcuno che si divertiva a correre in auto».
Auto e tir per strada, autisti che scendono dal camion e fanno pipì di fronte a casa. Suo marito si è attrezzato: ha comprato un megafono e quando vede qualcuno davanti all’orto, gli grida che quello non è un bagno. Ma se fuori casa le cose stanno così, dentro non va tanto meglio. Soprattutto d’estate, quando con il caldo si tengono le finestre aperte per far passare un po’ di aria. «Per tutta l’estate andare a letto e dormire è stato un calvario - dice Giovanna - perché oltre agli autisti che si fermano sotto casa con il motore acceso, l’ingresso dell’Interporto è pieno di buche. E quando i camion passano, sobbalziamo anche noi. Per non parlare del cordolo di cemento che separa le carreggiate, completamente al buio e mal segnalato. Quest’estate un autista turco ci è andato a sbattere contro, ed è rimasto per strada ad imprecare. Abbiamo chiamato i vigili per aiutarlo, e mentre l’uomo gridava che aveva 20 mila euro di danni al camion, noi pensavamo alla nostra ennesima nottata insonne».
Giovanna racconta tutto questo nel suo blog. E la sua battaglia contro l’Interporto, la combatte anche a colpi di immagini. Di fotografie, con le quali documenta ogni singolo fatto riportato su internet. «Ormai vivo con la macchina fotografica sempre in mano - dice - e con la consapevolezza di andare a letto e non poter dormire dal rumore, ma anche con la speranza che qualcosa cambi». Giovanna infatti, che ha acquistato con la sua famiglia nel 2000 l’appartamento dove vive e dove il progetto dell’Interporto non doveva arrivare, ha più volte proposto alla società di acquistare la sua casa. «Ma se anche non vogliono comprarla - dice - che almeno piantino tre file di alberi per dividere la nostra casa dall’ingresso dell’Interporto. E visto che le barriere anti rumore costano tantissimo, la società potrebbe anche installare dei condizionatori in casa nostra. Così in estate potremmo tenere le finestre chiuse e lasciare fuori casa i tir che ormai vivono con noi».

Promisero piste ciclabili E la variante...
PRATO. Quel grande appartamento al pianterreno della palazzina di proprietà della famiglia Pecci, a Giovanna Bogani e alla sua famiglia, era sembrato un sogno. Perché nel 2000, quando firmarono il contratto d’acquisto, quella casa era circondata tra i campi. E vicina all’area archeologica di Gonfienti. «Ci dissero che da casa nostra sarebbe passata una pista ciclabile - dice - e io quasi mi preoccupavo per il rumore che i ciclisti avrebbero potuto fare la domenica mattina. Oggi rimpiango quella preoccupazione». Mentre parla, nella grande cucina della casa in via Cellerese, Giovanna sfoglia un faldone di cartine e documenti raccolti in questi anni sull’Interporto. Sulle varianti approvate dal Comune che hanno portato alla costruzione dell’ingresso dell’interporto proprio davanti a casa sua. «Anche due anni fa, quando il casello era già stato costruito di fronte a casa nostra - dice - sulle mappe dell’ufficio tecnico del Comune quella variante non c’era». Due anni fa Giovanna decise di farsi sentire fondando un comitato, che si chiamava “Terra di nessuno” e che raccoglieva anche le altre famiglie che vivono in via Cellerese, ma nel comune di Campi Bisenzio. Ora, la sua protesta si è spostata sul web. Fra.Go.

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