TANTI INTERESSI PRIVATI NON FANNO UNA CITTA'!

La mer, la fin...

domenica 26 aprile 2009

Message in the bottle. Il mio 25 aprile

Il mio 25 Aprile

Sto arrivando in piazza un poco trafelato perché sono in ritardo, ma già vedo sullo sfondo del Castello, come tutti gli anni, giusto davanti al monumento ai Caduti, il raggruppamento colorato delle bandiere, con un manipolo di uomini e di donne in attesa di rivivere insieme ed uniti il ricordo della Liberazione.
Strada facendo però mi ferma bruscamente un cinese. Mi chiede con insistenza, fino a costringermi ad occuparmi di lui, dove fosse via luma. Io rispondo che non esiste alcuna via luma. Lui insiste, ed un compare che era con lui ancora di più. Quest’ultimo mi fa capire in qualche modo, ricorrendo ad ampi gesti che questa è una strada importante, lunga e rettilinea: “una glande via di Prato” …
Mi prendo la briga di spiegare che forse quella strada non è in questa città, ma altrove. E per cercare di liberarmi da quella stana situazione e dar conto della mia premura, tagliando corto, mostro che sono atteso da tutte quelle persone con le bandiere. Il cinese, arresosi all’evidenza, comprende che non posso aiutarlo ma non pago delle mie attenzioni, con mia grande sorpresa, mi domanda la ragione di tanta festa. Sorpreso da questa inusuale ed inaspettata confidenza: “la Liberazione”, dico io. Poi per dar loro conto in modo più comprensibile: “La Liberazione, dopo la guerra, dall’oppressione nazi-fascista”, aggiungo. Mentre dico questo, avverto di un colpo la sensazione di non avere più di fronte a me due cinesi di Prato, ma tutta la Cina. Non mi meraviglia quindi che la mia risposta, non trovi alcuna reazione e il benché minimo mutamento di espressione sui volti nei miei interlocutori, solo sguardi assenti.
Riprendo così la mia strada, ma subito, incosciamente, torno a pensare al nome della strada mi era stato chiesto. Mi viene allora in mente che l’Elle di luma avrebbe potuto essere una Erre,e che la U doveva essere senz’altro una O. Si accende in me la lampadina! Era via Roma che cercavano quei due cinesi. Persino banale era quella risposta: come avevo fatto a non pensarci prima! Soddisfatto di questa mia, pur tardiva, traduzione, dimenticandomi per un momento del corteo, mi volto per tornare sui miei passi, cercando con lo sguardo quei due cinesi. Li vedo ancora al di là della strada. Faccio ampi segni con le braccia per richiamare la loro attenzione, quasi già a far capire loro che avevo inteso cosa volessero ed anche per rassicurali, pronto ad indicarli la via giusta.
Loro a distanza, di contro, spostando lo sguardo verso le bandiere, arretrando e muovendo freneticamente la testa, quasi per annuire, scivolano però veloci lontano, riprendendo senza ulteriori indugi la loro strada.
Ripensando a questo episodio mi assale un dubbio, divenendo ben presto una riflessione: come poteva essere stato semplice per me capire che via luma non poteva che essere via Roma, allo stesso modo, parlando della festa della libertà a chi vive sotto vigilanza, o peggio in schiavitù anche in una terra che si dice libera come la nostra, poteva essere, non tanto immediatamente incomprensibile, quanto difficilmente digeribile, richiedendo in entrambi i casi un pensiero con analoghi tempi di reazione.

Giuseppe Centauro

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