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venerdì 3 aprile 2009

Riflessioni. Compensazione ecologica preventiva

Riportiamo la relazione che accompagna il progetto di legge regionale di iniziativa popolare promosso da Legambiente Lombardia, che prevede l'introduzione del principio della compensazione ecologica preventiva. In altri termini, è centrale, per la proposta, che:
"...
ogni trasformazione territoriale che determini alterazione o copertura permanente di suolo deve farsi carico dell'impatto determinato sull’ambiente in cui viene consumata una quota di risorsasuolo.
Ogni ipotesi di trasformazione si accompagna così ad un processo di valutazione della sostenibilità dell’intervento che la richiama.
Questo processo, riferito al momento della pianificazione, si traduce in una attenta valutazione sulla reale necessità di trasformare irreversibilmente un determinato suolo, anziché localizzare la funzione prevista in aree dismesse o sottoutilizzate.
Quando, alla fine del processo di valutazione, si giunge alla conclusione che l’occupazione di suolo libero sia inevitabile, interviene, nel progetto di legge, l’obbligo a carico del trasformatore di controbilanciare tale impatto a carico del trasformatore (pubblico o privato che sia), cedendo alla collettività in altri lotti, in un intorno territoriale limitato al Comune un credito ecologico."
Un principio interessante, che in una situazione come quella della Piana e di Prato potrebbe avere importanti applicazioni.
Diciamo pure che è da studiare!
MV

dal sito di Legambiente Lombardia
Progetto di legge regionale di iniziativa popolare
“Norme per il contenimento del consumo di suolo e la disciplina della compensazione ecologica preventiva” Relazione
Per lungo tempo l’attività edilizia, in un passato ormai lontano, è stata strettamente associata ad una contestuale attività di costruzione di spazi urbani di convivenza e di socialità, nonché di produzione e scambio economico connesso ad una attività agricola e forestale di cura del suolo. Da tempo questa contestualità è venuta meno: gli edifici spesso si appoggiano alle infrastrutture come oggetti isolati, senza costruire spazi urbani e l’attività edificatoria è ormai totalmente separata dall’attività di cura del suolo. Le stesse infrastrutture si appoggiano alla terra senza che ci si domandi quali rapporti mutano e quali effetti producono.
E' quindi urgente riattivare un circuito virtuoso tra attività edilizia e ricostruzione della natura, non solo per ragioni ecologiche, di per sé già sufficienti, ma anche perché gli spazi aperti con forte contenuto naturalistico sono oggi più che mai elementi decisivi per definire l’abitabilità, la vivibilità e la qualità di un territorio. Essi, combinandosi con la conduzione agricola nel disegno di un territorio, devono concorrere a ripristinare un paesaggio in cui le comunità ritrovino le coordinate di una identità smarrita nella crescita senza freni degli ultimi decenni.
L’obiettivo di questo progetto di legge è pertanto duplice: da un lato limitare l’uso edificatorio del suolo, evitando di produrre in tutto il territorio disponibile livelli di urbanizzazione che in alcune parti della regione hanno già raggiunto la non sostenibilità, dall’altro legare ogni attività edificatoria su suolo libero ad una contestuale attività di costruzione di natura e di ambiente negli spazi aperti.
La presente proposta di legge intende informare l'attività edilizia ad un principio di responsabilità: ogni trasformazione territoriale che determini alterazione o copertura permanente di suolo deve farsi carico dell'impatto determinato sull’ambiente in cui viene consumata una quota di risorsasuolo.
Ogni ipotesi di trasformazione si accompagna così ad un processo di valutazione della sostenibilità dell’intervento che la richiama.
Questo processo, riferito al momento della pianificazione, si traduce in una attenta valutazione sulla reale necessità di trasformare irreversibilmente un determinato suolo, anziché localizzare la funzione prevista in aree dismesse o sottoutilizzate.
Quando, alla fine del processo di valutazione, si giunge alla conclusione che l’occupazione di suolo libero sia inevitabile, interviene, nel progetto di legge, l’obbligo a carico del trasformatore di controbilanciare tale impatto a carico del trasformatore (pubblico o privato che sia), cedendo alla collettività in altri lotti, in un intorno territoriale limitato al Comune un credito ecologico.
Questo credito ha la funzione di compensare quella sottrazione di valori ambientali e paesaggistici connessi all'esistenza di una data porzione di suolo e che, pur con tutte le soluzioni mitigative poste in essere in fase progettuale, rimane da risarcire.
La compensazione ecologica preventiva agisce su due fronti: da un lato disincentiva il consumo di suolo e dall’altro trasferisce risorse al potenziamento e al consolidamento delle funzioni ambientali dei suoli liberi.
Il processo compensativo appena descritto è assimilabile a quella che fu l’introduzione degli oneri di urbanizzazione per la realizzazione dei servizi pubblici urbani. Se nel passato vi è stata necessità di condizionare il permesso di costruire alla fornitura di beni sociali (infrastrutture e servizi) necessari per l’abitare, oggi – in un periodo di evidente deficit ambientale ed ecologico e di risorse territoriali in genere è indispensabile attribuire ad ogni trasformazione di suolo libero una responsabilità ambientale che si traduca in una sorta di onere ecologico, attraverso il quale si possa generare nuova natura, altrove rispetto alla trasformazione, concorrendo a generare una dotazione ambientale.
L’esigenza di minimizzare il consumo di suolo, spesso associata all’idea di migliore utilizzo dell’esistente, è già contenuta in diverse fonti legislative.
Non esiste però una norma che, in tal senso, vada oltre il valore di indirizzo o orientamento.
La presente proposta di legge scaturisce dalla necessità di conferire cogenza a idee ormai ampiamente condivise, la cui attuazione pare non più eludibile. Infatti oggigiorno l’espansione urbana avviene a spese di territori che in molte zone della regione sono le ultime aree disponibili e che, più in generale, l'erosione di valori ecologici e identitari, connessa alla compromissione di suolo e paesaggio, genera seri problemi ambientali, ma anche di coesione sociale e riconoscimento comunitario, traducibili anche in un danno economico. Siamo di fronte ad una progressiva perdita di patrimonio comune non ripristinabile, rispetto alla quale il legislatore è chiamato ad introdurre regole nuove, a tutela delle attuali e delle future generazioni.
Trattando di consumo di suolo, appare utile completare questa relazione con una definizione di “suolo”, che tra le tante disponibili, ci sembra la più pertinente: 'il prodotto della trasformazione di sostanze minerali e organiche, operata da fattori ambientali attivi per un lungo periodo di tempo sulla superficie della Terra, caratterizzato da specifica organizzazione e morfologia, capace di provvedere allo sviluppo delle piante superiori e, pertanto, di assicurare la vita all'uomo e agli animali'. Tale definizione, tratta dalla vasta letteratura di scienze del suolo, ha oggi, nel nostro Paese, rilevanza meramente accademica, in quanto a tutt'oggi la nostra legislazione non attribuisce al suolo uno specifico 'statuto', che ne giustifichi una tutela in quanto risorsa ambientale limitata, non rinnovabile e pienamente ascrivibile alla categoria dei beni comuni, e che pertanto informi, tra le altre, la disciplina relativa alle trasformazioni delle superfici fondiarie.
Questa proposta di legge si muove nella direzione di un riconoscimento anche culturale prima che formale del bene suolo, con la consapevolezza che riconoscere a questa risorsa il pieno significato di 'patrimonio comune' (in questa sede come appannaggio della comunità regionale ma estendibile all'intera umanità, ferma la definizione di cui sopra) costituisce un imperativo non più rinviabile di riforma legislativa, che deve poggiare su adeguati principi di diritto nazionale e internazionale. Non si tratta di introdurre nella legislazione lombarda una innovazione assoluta, poiché in Europa operano già da tempo leggi che attuano i medesimi principi, affrontando la tutela del suolo su un piano di regole, azioni e obiettivi, e dove il principio della compensazione ecologica preventiva è già strumento pienamente operativo.
Il progetto di legge si sviluppa in 10 articoli.
L’articolo 1 (Principi generali) definisce il “territorio” un bene comune, richiamando poi numerosi principi contenuti in diversi testi normativi, primo fra tutti la Costituzione Italiana che agli articoli 42 e 44 afferma la funzione sociale della proprietà privata e la necessità di un uso razionale del suolo.
L’articolo 2 (Definizioni e ambito di applicazione) è dedicato alle necessarie definizioni, tra le quali spicca la definizione degli “interventi compenLegambiente sazione ecologica preventiva”, intesi come “azioni intraprese, prima di un intervento di nuova costruzione su suolo inedificato, per compensare il consumo prodotto dall’intervento stesso, attraverso il corrispondente vincolo a finalità di uso pubblico di carattere ecologico ambientale posto su un'altra porzione di suolo comunale”.
L’articolo 3 (Carta del consumo di suolo) introduce la “carta del consumo di suolo”, documento di elaborazione comunale indispensabile per monitorare costantemente lo stato di fatto del territorio e quindi le sue potenzialità.
Con l’articolo 4 (Obbligo di riuso delle aree dismesse) si interviene nella fase pianificatoria, codificando l’obbligo del riuso delle aree dismesse o sottoutilizzate prima di qualsiasi decisione di nuove espansioni urbanistiche.
Ovviamente la norma prevede che tale obbligo sia efficace solo quando la localizzazione delle nuove funzioni previste sia compatibile con le aree dismesse esistenti.
L’articolo 5 (Interventi di compensazione ecologica preventiva) tratta dei casi in cui, non potendo soddisfare l’obbligo del riuso delle aree dismesse (perché inesistenti ovvero incompatibili), si rendono necessari interventi di nuova costruzione. In questi casi il soggetto proponente è tenuto a sottoscrivere una convenzione nella quale è prevista la costituzione di una servitù ad uso pubblico, di una area di compensazione ecologica preventiva.
La quantità prevista è normalmente il doppio della superficie dell’intervento edificatorio, con possibili riduzioni dell’onere in taluni casi: infrastrutture su ferro, edifici ad alta efficienza energetica.
L’articolo 6 (Aree destinate alla compensazione ecologica preventiva) puntualizza, al comma 1, che l’onere della compensazione ecologica è aggiuntivo a tutti gli altri oneri già previsti dalle normative vigenti. Il comma 2 colloca le aree di compensazione ecologica tra le aree individuate nel piano delle regole del PGT. Il comma 3 suggerisce ai Comuni, per la gestione e la manutenzione delle aree, di avvalersi preferibilmente di operatori agricoli ovvero di enti e associazioni senza scopo di lucro.
L’articolo 7 (Titolo abilitativo e convenzioni per gli interventi di nuova costruzione) al comma 1 condiziona il rilascio del titolo abilitativo alla stipula di un’apposita convenzione, mentre al comma 2 indica i contenuti di tale convenzione. Al comma 3 si introduce una sorta di innovazione alla prassi fin qui osservata, infatti l’efficacia del titolo abilitativo è vincolata all'effettivo inizio dei lavori di compensazione ecologica, conferendo alla stessa la sua natura “preventiva”.
L’articolo 8 (Monetizzazione) norma i due casi nei quali, in luogo della compensazione ecologica, è consentita la monetizzazione: negli interventi di modesta entità (fino a 2000 metri cubi) o nei casi in cui l’area di compensazione viene messa a disposizione da un terzo soggetto, il quale viene indennizzato attingendo alla monetizzazione dell’onere da parte del soggetto proponente.
L’articolo 9 (Norme di coordinamento) scaturisce dalla necessità tecnica di modificare la l.r. 12/2005 (Legge regionale per il governo del territorio) in due punti particolari: individuazione delle aree destinate alla compensazione ecologica preventiva attraverso il piano delle regole, e non applicazione della dichiarazione di inizio attività negli interventi di nuova costruzione.
All’articolo 10 (Norme transitorie) si prevede di delegare alla giunta regionale l’emanazione di alcune specificazioni normative di maggior dettaglio.
Tali specificazione dovranno essere emanate entro sei mesi dalla data di approvazione della legge, periodo nel quale tutti gli interventi di compensazione ecologica potranno essere monetizzati.

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