TANTI INTERESSI PRIVATI NON FANNO UNA CITTA'!

La mer, la fin...

giovedì 17 aprile 2008

Il "toscano" viene da Fano

Non è uno scioglilingua...
Il primo deputato leghista eletto in Toscana da almeno dieci anni (l'ultimo era stato Simone Gnaga nel 1996, poi "migrato" in AN) è marchigiano, residente a Fano. La lettura dell'intervista è al limite dello spassoso, se non fosse una cosa seria. Una nota da "tifosi": l'on Paolini non è nemmeno a conoscenza del fatto che la famiglia Della Valle è proprietaria della Fiorentina...
Un vero "etrusco", "legatissimo" al territorio, ed un grande esempio di "federalismo" leghista!!!
MV

«Immigrati e autostrade, per conquistarvi»
Luca Paolini, neo deputato leghista: il popolo rosso adesso ci ascolta

In Toscana stiamo già crescendo molto Su cosa puntiamo? Facile: il lavoro che non c’è e i troppi privilegi agli stranieri
MARIO LANCISI

FIRENZE. «La Toscana e le altre regioni rosse saranno la nuova frontiera elettorale della Lega. In queste regionai avremo i margini di miglioramento più alti. Finalmente i lavoratori che finora votavano per la sinistra hanno capito che solo la Lega li può tutelare». Chi parla è Luca Paolini, 48 anni, marchigiano di Senigallia e residente a Fano, dove fa l’avvocato penalista. E’ l’onorevole leghista eletto in Toscana. Uma camicia verde anche nella regione rossa, dove il Pd di Veltroni ha preso il 50% dei voti, cioè un toscano su due.
Era capolista, così tanto per dare il proprio nome, in quanto commissario federale per la Toscana. E invece per la prima volta la Lega nord ha forzato la linea Maginot e si è incuneata nella rossa Toscana, raddoppiando i consensi alla Camera: 1,08 nel 2006 e oltre il 2 in queste elezioni. Così è scattato un seggio per le camicie verdi e Paolini lunedì si è svegliato deputato della Repubblica. «Al 90% opterò per la Toscana», annuncia.
Se i rossi votano Lega. Una regione che ha imparato a conoscere bene in campagna elettorale: «In Toscana tira un vento favorevole per la Lega», commentò agli inizi di aprile, dopo aver tenuto un comizio nella Siena rossa. «Ho parlato innanzitutto della nostra lotta all’immigrazione clandestina, un tema molto sentito in Toscana che è una delle regioni con il più alto tasso di immigrazione, si attesta attorno al 7,3% di immigrati residenti», spiegò Paolini, che è anche commissario federale della Lega per la Toscana.
Le urne gli hanno dato ragione. Le camicie verdi di Bossi spopolano in Lunigiana: a Pontremoli hanno preso il 6%, triplicando quasi i voti di due anni fa. All’isola del Giglio sono passati dallo 0,63 al 6,18%. Ma anche nella Toscana centrale sono andati bene: ad Arezzo città hanno raggiunto il 4% (vedi articolo a parte).
«Lavoro agli italiani». «Abbiamo intercettato una parte dei voti della sinistra radicale. Ai lavoratori abbiamo spiegato una cosa semplice: Prodi ha privilegiato gli immigrati anziché gli operai e gli impiegati italiani. E’ scandaloso che nell’assegnazione degli asili nido, delle case popolari e delle pensioni di anzianità si premino prima gli stranieri degli italiani», spiega Paolini. Slogan semplici, che vanno dritti alla pancia della gente: «Il lavoro prima agli italiani e poi agli stranieri regolari».
Da De Mita a Bossi. Quel parlar chiaro che è stata la scintilla dell’amore di Paolini per Bossi. «Fino a trent’anni non mi sono occupato di politica. La mia famiglia, babbo bancario e mamma insegnante, votava per la Dc. Io pure. Finché agli inizi degli anni Novanta scoprii Bossi. Mi colpì subito la sua personalità carismatica, il suo linguaggio chiaro. Ascoltavo De Mita e non capivo niente, Umberto invece...».
Quel concorso negato. Erano gli anni di Tangentopoli e dell’autunno dei partiti della prima Repubblica. Laureatosi in Giurisprudenza con il massimo dei voti, Paolini si mise a fare concorsi per trovare un lavoro. Ne vinse uno all’Asl locale. «La prova fu annullata, c’era un socialista raccomandato che doveva vincere al posto mio. Mi scontrai personalmente con l’immoralità di una Paese che non rispetta le regole, in cui se uno aveva la tessera di un partito faceva carriera, altrimenti rimaneva a piedi. Uno schifo. E io scelsi Bossi», racconta Paolini.
Umberto, pasta d’uomo. Era il 1992. Tessera Lega nord, primo circolo a Fano, cento iscritti: inizia così la lunga rincorsa politica di Paolini. Le Marche sono lontane da Milano, ma questo giovane avvocato pesarese piace ai dirigenti leghisti. Così Paolini entra nel consiglio federale della Lega nord: «Una delle prime volte Bossi chiese con la sua voce sonora: “Ma chi è quello lì?”, indicando me ai suoi più stretti collaboratori. Sono Paolini, vengo da Fano». Come dire, profondo sud per l’Umberto.
«E’ una pasta d’uomo, il Bossi. Nel 1998 quando venni processato, e poi assolto, per vilipendio della bandiera, Umberto venne a Fano a tenere un comizio di solidarietà», ricorda Paolini.
Difendo i rom in tribunale. Fucili. Leggi porcate. Stranieri gettati in mare. Maiale in moschea. Lega imbarazzante? «Ma no, la Lega si esprime per metafore, slogan, immagini forti e provocatorie perché è l’unico modo che ha per bucare il video», spiega Paolini. Che in tribunale difende spesso anche gli immigrati. «Un giorno il presidente del tribunale mi nomina difensore di ufficio di un rom. “Anche se lei non sarebbe la persona più adatta...», aggiunge. Bene, quel rom vinse la causa», racconta Paolini.
La Tirrenica e la Due mari. Da single assicura che si dividerà tra Roma e Firenze. E annuncia battaglia in Parlamento per la realizzazione dell’autostrada Tirrenica e la Due Mari da Fano a Grosseto: «Così arriverò prima in Toscana...», sorride Paolini. Che ama la musica, Giampaolo Pansa, ma non il calcio. «Della Valle patron della Fiorentina? Non lo sapevo. Un altro marchigiano in terra di Toscana. Quasi un segno del destino...», conclude divertito il neo-onorevole leghista.

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