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La mer, la fin...

lunedì 14 aprile 2008

Stefano Boco: lettera ai Verdi.

Ringraziamo Stefano per questa lettera densa di spunti e soprattutto per questi anni di lavoro parlamentare. Saremo lieti di condividere con lui un fururo che speriamo veda il rafforzarsi delle istanze ecologiste in Toscana.
MV


Care amiche e cari amici Verdi,
dopo 12 anni di ininterrotta rappresentanza parlamentare per la nostra Federazione sento il bisogno di salutare e soprattutto ringraziare per aver avuto una irrepetibile opportunità che non saprò mai ripagare.
Non sono mai stato una figura fortemente pubblica, sono stato soprattutto uomo di partito che ha attraversato con intensità e slancio la nostra storia, vivendo la nostra organizzazione più come una comunità che come un partito. Se mi volto indietro percepisco i tanti silenzi, i tanti errori e vedo le tante classi dirigenti che ho ed abbiamo attraversato e di questi errori e silenzi non mi sento vittima, ma responsabile.
Oggi, per scelta piena e consapevole, di chi sa che nella vita ogni percorso se sano, ha un principio ed una fine, infatti ho sempre pensato che si esiste per vivere, per amare e per lasciare un segno, non per sedere in maniera continuativa in un'aula parlamentare, non ho la tensione del candidato e guardo con grande preoccupazione al nostro futuro.
Siamo nati come un arcipelago di territori ricco di diversità e ci siamo trasformati in monarchia assoluta, dove si straparla del "noi", pensando solo "all'io", dove si è dedicata la maggior parte delle energie alla demonizzazione dell'avversario interno e del diverso, uccidendo così la voglia e la volontà anche dei più giovani di avvicinarsi a noi, poiché abbiamo perso quella meravigliosa capacità di essere eretici e diversi nella politica.
La responsabilità non può essere ascritta ad un uomo solo al comando, la responsabilità va condivisa tra tutte quelle persone che hanno guidato il partito e che hanno determinato una diversa indole, cambiando le regole del gioco, facendo saltare in primo luogo, quel vincolo indissolubile con i territori. Nel corso delle passate stagioni, abbiamo perso insieme, l'etica della responsabilità, non ritenendoci mai responsabili dei nostri errori, pensando che appartenessero solo agli altri o che fossimo vittime di una congiura del mondo intero nei nostri confronti, come l'esperienza fallimentare del Girasole e la terribile emergenza rifiuti in Campania.
Credo che la chiave di volta di questo problema sia il ritornare alla nostra indole, il federalismo, tornare alle "Liste Verdi" su base locale, per far rinascere quella rappresentanza spontanea e legata alle problematiche e non agli interessi in ballo nelle giunte e nei consigli o nelle Camere, rispetto ai temi ambientali ed ecologisti.
Anche in questa occasione, non ritengo che ci serva più la ripartizione un pò ridicola dell'ennesimo rito sacrificale nei confronti del Presidente di Turno e dei vertici apicali, non serve continuare a darsi ragione e a nascondere la testa sotto la sabbia per non vedere la realtà. I Verdi vinceranno la loro sfida se sapranno rilanciare la grande questione ecologista ripartendo dal concetto "agire localmente, pensare globalmente".
Gli anni che abbiamo davanti, non saranno i più facili, e chi come me è memoria di questo partito mette a servizio la propria esperienza per condividere questa lunga traversata del deserto, e mi auguro che si comprenda che un ciclo si è chiuso, un ciclo iniziato a Montegrotto con l'elezione di Ripa di Meana. Accorgersi della fine di qualcosa, è preparare un nuovo inizio.
In questo nuovo inizio mi auspico che non si perda nessuno e chi, come me, tanto ha ricevuto dai Verdi si candidi a fare il semplice militante, occupandosi di rigenerare energie e territori.
Le ricette ai nostri mali sono difficili, le finte ricette (sostituzioni guidate perché tutto rimanga inalterato) sarebbero mortali, per questo credo e lotterò perché il "solve et coagula" di Alex oggi sia reinterpretato e rilanciato.
La proposta è semplice, chiudere per riaprire, poiché non sono finiti i Verdi, è finito il Partito nazionale, è finita l'epoca, con la caduta del Governo Prodi del finto maggioritario e si è aperta la stagione del nuovo bipartitismo, e per i Verdi è finito il tempo di occupare uno spazio piccolo ed angusto, ma importante per l'agorà politica italiana. La cultura ecologista nel mondo e nel nostro Paese hanno attecchito nella società civile, rendendo tematiche sconosciute di pubblico domino, basti pensare al Premio Nobel dato ad Al Gore, o a i grandi concerti internazionali che radunano milioni di persone per dare voce alle istanze ecologiste. Tutto questo deve interrogarci se è ancora possibile una presenza autonoma dei Verdi nello scenario politico.
Occorre anticipare così, la riforma elettorale maggioritaria e federalista che la prossima legislatura proporrà, con un processo di autonomia territoriale vero e completo, dove i territori saranno proprietari della propria politica e del simbolo. Una federazione che abbia un solo coordinamento nazionale fatto da un rappresentante per ogni Regione, azzerando così di fatto le cariche di presidente, tesoriere ect.etc., cariche sostituite dal ruolo collettivo.
Il Federalismo vero, reale, deve essere non solo una forma organizzativa, ma una "forma mentis", ogni territorio dovrà predisporre di autonomia politica, finanziaria e gestionale e questo diverrà la migliore cura al protagonismo del singolo e alla creazione di feudi elettorali, svuotati di argomentazioni politiche.
Trovo vecchia e superata la problematica di schierarci tra i favorevoli ed i contrari al processo di unificazione iniziato con la Sinistra Arcobaleno, credo infatti, che questo interrogarsi sia come la metafora di chi pensa di cambiare rotta dopo che è avvenuta una collisione.
Come ho detto dovremmo attraversare un deserto, dove dovremmo insieme ricostruire la credibilità e l'immagine verde, nel nostro Paese è ancora troppo viva e reale la percezione dei rifiuti per le strade della Campania, che metaforicamente rappresentano la fine di un ciclo, di una classe dirigente nella quale io ci sono stato, di cui mi sento parte degli errori da noi fatti.
"Ho sempre amato il deserto. Ci si siede su una duna di sabbia. Non si vede nulla. Non si sente nulla. E tuttavia qualche cosa risplende in silenzio", ecco i Verdi come enunciava il Piccolo Principe nella sua meravigliosa solitudine dovranno imparare a percepire ciò che risplende nel silenzio, dovranno ascoltarsi e ripartire, perché questo Pianeta ha ancora bisogno di noi.
In conclusione, vi saluto, vorrei farlo singolarmente, perché ognuno di voi mi ha regalato qualcosa, un pezzettino del suo essere verde, essere ecologista, e dal 13 , mi candido ad essere un vostro militante, un compagno di viaggio, per attraversare insieme il deserto.
con affetto,
Stefano Boco

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