TANTI INTERESSI PRIVATI NON FANNO UNA CITTA'!

La mer, la fin...

martedì 16 giugno 2009

Necrologio. Ivan.

Gabriele Polo

«Il Mea», uno di noi
(da il Manifesto)
Ivan si chiamava Luigi, ma per gli amici era «il Mea». Era toscano, ma parlava e scriveva in lombardo. Era spinoso, ma appena più sotto tenerissimo. Era comunista, ma soprattutto antifascista e un libertario praticante. Cantastorie, poeta e scrittore, ma prima di tutto «militante». Di che cosa? Dell'opposizione al potere; meglio, ai poteri («Ogni potere, che è un po' personale..»), anche quelli della sinistra, anche quelli che crescono nelle relazioni private: «Lettera a Michele» (nell'lp «Ringhera») è un manifesto della sua irriducibilità a ogni compromesso, della sua voglia di mettere sempre tutto in discussione.
Con tutto questo alle spalle (e sulle sue spalle) ha passato la vita correndo da una cosa all'altra, da un posto all'altro, senza mai pacificare niente, appassionandosi a tutto e litigando spesso, mandandoti al diavolo e sapendo che era solo per quel momento lì, perché dopo poco te lo saresti ritrovato vicino. Dal Nuovo canzoniere italiano ai «dischi del Sole», dalle Feste dell'Unità ai picchetti di fronte alle fabbriche, dai cd del manifesto alle rubriche e articoli che spargeva sui giornali «amici». E, poi, i libri, i concerti per sostenere tutti i «perdenti del mondo», l'Istituto Ernesto De Martino per dare un luogo alla cultura popolare di cui gli parlava Giovanni Bosio.
Una corsa continua, senza riserve, per dire, capire, fare. Anche negli ultimi anni, anche quando il suo fisico gli ha presentato il conto di una vita senza regole. La racconta in un libro appena uscito «Se la vita ti dà uno schiaffo» (Jaca Book). E vale la pena leggerlo, vale la pena conoscerla, quella sua vita.

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