Noi di Mv non siamo riusciti a trovare la documentazione di un solo caso accertato di rapimento di bambini da parte di persone di etnia Rom. Provateci voi.
Riportiamo un articolo del maggio scorso scritto da Nazzareno Guarnieri.
mv
Sabato 10 Maggio una ragazza rom romena di 16 anni è stata arrestata con l'accusa di aver tentato di rapire un bambino nella zona Ponticelli di Napoli e su questo gravissimo fatto, che deve ancora essere accertato dalle autorità giudiziarie, la nostra condanna è totale, ma non è possibile evitare di segnalare che la sua strumentalizzazione è vergognosa.
Stiamo leggendo ed ascoltando tantissime falsità del mondo rom, tanta disinformazione, tutta la discriminazione razziale possibile sulle minoranze rom e sinte.
Tutti i media nazionali NON HANNO dato voce ad un solo Rom o Sinto capace di illustrare i pregiudizi e gli stereotipi, ma continuano ad intervistare e far apparire in video chi ha collaborato e collabora ancora alla segregazione di Rom e Sinti con la promozione e la gestione dei campi nomadi con il finanziamento di progetti di centinaia di migliaia di euro.
Non solo hanno già condannato questa ragazza, prima che la magistratura accerti la sua responsabilità, ma ancora una volta per un fatto del singolo Rom hanno condannato TUTTE le persone rom e sinte.
Come se tutti gli italiani fossero rapitori di bambini perchè un criminale italiano ha rapito ed ucciso il bambino Tommaso Onofri, il cui processo è in corso in questi giorni.
E se fra qualche giorno sarà accertato che la ragazza Rom non è colpevole?
E’ gia accaduto un simile fatto in Sicilia lo scorso anno. Ecco cosa è accaduto.
L’estate scorsa in una località balneare della Sicilia una zingara fu arrestata con l’accusa di aver tentato di rubare un bambino coprendolo con la gonna lunga che portava.
Questa notizia per alcuni giorni è stata riportata in prima pagina di tutti i giornali e le televisioni nazionali e per alcuni giorni sulle minoranze rom e sinte si è detto e scritto tutto il male del mondo.
Alla verifica dei fatti da parte delle autorità giudiziarie si è accertato che non vi era stato nessun tentativo di rapimento del bambino da parte della zingara ma che era responsabilità dei pregiudizi della persona che aveva denunciato il tentato rapimento che vedendo una zingara aveva immaginato che avrebbe potuto tentare di rubare il bambino.
La donna zingara dopo alcuni giorni è stata rilasciata per non aver commesso il fatto con le scuse per quanto accaduto. Ma il danno si era già prodotto e nessuno a provveduto a riparare.
DI QUESTA ASSOLUZIONE NESSUN GIORNALE E NESSUNA TELEVISIONE HA DATO NOTIZIA.
Cosa è rimasto nella mente delle persone?
Che gli zingari rubano i bambini.
Negli archivi della polizia e della magistratura non c’è un solo caso di uno zingaro che abbia rapito un bambino.
ANCHE DA QUESTA VERGOGNOSA DISINFORMAZIONE DEI MEDIA NASCE LA PAURA E LA PERCEZIONE DI INSICUREZZA DEI CITTADINI.
Anche il sito di "Troviamo i bambini", strumento molto serio e utile sul dramma dei minori scomparsi, riporta questo articolo che classifica i rapimenti attribuiti ai Rom come leggende metropolitane. mv
Una donna stava facendo delle compere in un grande magazzino insieme alla sua bambina, quando si è voltata per un attimo. Subito dopo, si è resa conto che la piccola era sparita. I funzionari addetti al controllo hanno bloccato le uscite e hanno perquisito il grande magazzino. La bambina è stata ritrovata in un bagno insieme a due donne che le avevano tagliato i capelli e le avevano fatto indossare abiti diversi.
Le due donne sarebbero poi state rilasciate per evitare una cattiva pubblicità al grande magazzino.
Nella maggior parte delle versioni si ritrovano le porte bloccate, la bambina sparita e ritrovata in un bagno, i capelli tagliati (e spesso anche tinti), il cambio dei vestiti e il presunto soffocamento della notizia da parte del grande magazzino, della polizia o dei media.
Una leggenda simile, rileva Paolo Toselli, cominciò a diffondersi in Italia intorno al 1990, ed è rilevante notare come i rapitori sono quasi sempre gli zingari, a riprova della perenne ossessione verso di loro fondata su atavici timori. Inizialmente la leggenda italiana raccontava di un bambino, o una bambina, rapito al supermercato da una zingara che l’aveva legato ad una gamba e nascosto sotto l’ampia gonna. Dall’estate del 1993, invece, si è andata diffondendo una versione molto più simile a quella americana.
Il bambino, che era seduto sul carrello spinto dalla mamma, scompare improvvisamente. Quest’ultima da l’allarme e le porte del supermercato vengono subito chiuse. Trascorsi alcuni minuti, il bambino viene ritrovato in un gabinetto assieme a degli zingari che nel frattempo gli avevano completamente rasato la testa, cambiato i vestiti con altri più usurati e sporcato il viso er renderlo il più possibile irriconoscibile.
Di solito chi era a conoscenza della storia l’aveva saputa da un’amica che conosceva la cassiera del supermercato.
I giornali non ne avevano parlato dietro richiesta della direzione del supermercato onde evitare una pubblicità negativa.Come ho già fatto notare, i “cattivi” sono gli zingari, con tutte le varie denotazioni che il loro stereotipo implica; ecco quindi che il bambino viene “acconciato” per essere più simile a loro, ovvero rasato, vestito con indumenti usurati, e soprattutto sporcato. Penso quindi non ci sia nient’altro da aggiungere sulla adattabilità della storia per la tradizione popolare italiana per quanto riguarda questa traslazione dei rapitori.
Per concludere, un articolo tratto dal blog di Furio Colombo http://www.articolo31.it/, sullo stesso argomento.
UNA NUOVA CACCIA ALLE STREGHE
Emergenza Rom: tanto rumore… perché?
di Agenzia Redattore Sociale
CAPODARCO DI FERMO – Una guerra tra poveri, una caccia alle streghe ai danni del capro espiatorio di turno e gli occulti “burattinai” che fomentano la gente perché faccia il lavoro sporco. E sullo sfondo interessi milionari legati all’edilizia. Ecco un modo di leggere i fatti di Ponticelli, quartiere napoletano dove negli ultimi giorni sono stati incendiati gli accampamenti dei nomadi, dopo un presunto tentativo di rapimento di una bambina di sei mesi da parte di una donna Rom. L’analisi è di Giovanni Zoppoli, referente napoletano dell’associazione “Osservazione”, che viene da una lunga militanza e conosce bene le realtà dei Rom a Napoli, in particolare quella di Scampia e Ponticelli. “Ci sono almeno due elementi che non quadrano – spiega Zoppoli - . Il primo è che la zona occupata dagli accampamenti nomadi rientra nel Piano urbanistico di zona dove da poco meno di un mese sono stati emessi bandi di gara per la costruzione di strutture residenziali: appartamenti, scuole, ospedali, servizi. Quest’area è interessata da un finanziamento pubblico di 7 milioni di euro e il termine per l’inizio dei lavori è fissato per agosto. Se entro tale data i lavori non partiranno, i soldi verranno persi. In altre parole, sembra strano che questo ‘allarme rapimento’ sia scoppiato proprio adesso, pochi giorni dopo i bandi di gara. Tra l’altro in Europa non esiste nessun caso accertato di bambini rapiti da Rom: uno stereotipo vecchio e superato”.
Quanto alla camorra, spiega ancora Zoppoli, “ci sono da fare almeno due considerazioni in merito, che rendono probabile l’ipotesi data: la prima è che Ponticelli è una zona dove la camorra è molto forte, la seconda è che la criminalità organizzata ha sempre messo le mani sull’edilizia. Un cerchio che si chiude se si considera un terzo elemento, e cioè quanto sia forte la pressione psicologica sulla gente, quanto sia facile diffondere la psicosi degli zingari che rubano bambini. Nel quartiere c’è già un malessere molto forte che dipende da tanti elementi, degrado urbano, sociale, malavita, assenza di servizi. Insomma diventa una guerra tra poveri”. Stessa tesi sposata da Giulio Riccio, assessore alle Politiche sociali del comune di Napoli: “Dietro i roghi che stanno interessando i campi rom di Ponticelli c'è la mano della camorra, li hanno visti tutti alcuni componenti della criminalità organizzata fomentare le folle”. E intanto, ci sono almeno duecento Rom che in seguito all’incendio sono praticamente per strada. Che fine faranno? “Non si sa. E in più rimane il problema degli altri che si sono sparpagliati in altri accampamenti”. E’ ancora Zoppoli a fornire una chiave di lettura: “Al fondo della questione, c’è sempre la mancanza di una seria politica di accoglienza. Nell’emergenza è necessario pensare a strutture di accoglienza provvisoria, il problema è quando il provvisorio diventa definitivo. A Napoli negli anni ‘90 è stata realizzata una struttura di accoglienza a Secondigliano che doveva essere una soluzione all’avanguardia e che in realtà si è trasformata in un ghetto. Io credo che bisogna smettere di pensare ai Rom come popoli nomadi che vogliono vivere così. Integrarli significa permettergli l’accesso, insieme a gente del luogo, in appartamenti, magari usufruendo di fondi di garanzia e supporti da parte delle istituzioni”.
Un altro punto di vista per capire il perché di tanta esasperazione è quello di Giuliano Ceschi, direttore della Caritas di Verona, secondo il quale “i recentissimi fatti di violenza e intolleranza razziale che, dopo Roma, hanno colpito anche Napoli, avviando una sorta di 'caccia alle streghe', devono far riflettere soprattutto sulle possibili conseguenze. La modalità di ‘caccia’ fa sicuramente pensare che dietro il lancio di molotov contro le baracche nel campo Rom di Ponticelli possa nascondersi una sorta di ‘burattinaio’ losco, che vuole affermare la sua supremazia anche nei confronti delle istituzioni che appaiono, agli occhi dei cittadini, inerti e impotenti. Purtroppo il fatto più grave è che, insieme alla guerriglia urbana delle periferie degradate sia partita la caccia allo zingaro, all’immigrato, al diverso, a dimostrazione di quanto l’ostilità radicata in millenni di storia possa accendere, in tutti i sensi, la guerra tra poveri”. Invece, secondo Ceschi, la questione Rom dipende da come le città scelgono di gestirla: “Non è uguale per tutti. A Verona, ad esempio, si è trovata una modalità rispettosa dell’identità dei Rom i quali, non solo si sono dimostrati ben disposti a lasciare i campi e a entrare in appartamenti, ma desiderosi di farlo. E’ così che lo ‘spauracchio’ della sicurezza si sgonfia”.
“L’integrazione e la convivenza civile sono possibili – continua don Giuliano – . La vicenda dei Rom di Roma, Napoli, Milano è stata trattata con toni che definisco ‘sopra le righe’, tra l’altro rinfocolati anche dai media che, affrontano una realtà variegata in modo molto generico. Questa situazione è fortemente preoccupante. Io non credo che le ultime vicende di Napoli si possano spegnere facilmente. Temo fortemente possibili conseguenze ritorsive”. E allora, ecco qualche cifra per ridimensionare il fenomeno. Innanzitutto è da precisare che non esiste un’unica popolazione rom o “zingara” e non esiste soprattutto ancora un censimento ufficiale in Europa. Secondo gli studiosi, le popolazioni rom sono infatti una “galassia” di minoranze che però non hanno la stessa storia, né una cultura omogenea o un'unica religione. In comune hanno una lingua di ceppo indiano, anche se i diversi gruppi parlano dialetti molto diversi, a causa dei molteplici prestiti linguistici mutuati dai Paesi in cui si sono radicati. Sono tra 9 e 12 milioni i rom che vivono in Europa e l’Italia non è affatto invasa: è quattordicesima con 150 mila presenze. La maggiore presenza in Romania (1,2 milioni), seguita da Bulgaria, Spagna e Ungheria (800 mila); 340-400 mila in Francia, 300 mila nel Regno Unito. In Italia sono 150 mila (lo 0,25% della popolazione italiana, la percentuale più bassa dell’Europa mediterranea). Metà dei Rom presenti in Italia ha la cittadinanza italiana; tutti gli altri sono extracomunitari (provenienti soprattutto dalla ex Jugoslavia) o cittadini comunitari della Romania. La stragrande maggioranza è stanziale; molti non hanno nessuna esperienza di nomadismo .
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