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La mer, la fin...

giovedì 4 giugno 2009

Tieni a mente TIEN AN MEN.

La Cina è vicina... al Cile

20 anni dopo i fatti di Tien An Men assumono una luce diversa

piazza-tien-an-men.jpgNel 1980 Milton Friedman fu invitato a Pechino per tenere dei corsi sui fondamenti della dottrina neoliberista ai funzionari statali cinesi. Le sue parole furono musica per le orecchie dei burocrati, che capirono come l'apertura ai mercati avrebbe offerto loro la possibilità di arricchirsi in modo spettacolare se in questo passaggio avessero mantenuto le redini del potere.

I cinesi sapevano benissimo che Friedman era il consulente economico più influente delle dittature militari latinoamericane, ma questo non solo non li preoccupava, anzi era proprio il modello che si proponevano: autoritarismo e liberismo.

Tra il 1980 e il 1985 vennero smantellate le comuni agricole e privatizzate le terre: 200 milioni di contadini poveri totalmente rovinati hanno dovuto trasformarsi in operai edili e di fabbrica emigrando nelle città. Nel 1988 vi furono violente rivolte per l'abolizione dei controlli sui prezzi e contro la corruzione dilagante, finché il 15 aprile 1989 gli studenti universitari iniziarono una protesta contro il partito per le crescenti disuguaglianze sociali e l'autoritarismo. I media occidentali rappresentavano le manifestazioni come uno scontro tra studenti moderni e idealisti che volevano le libertà democratiche di stampo occidentale e il veterocomunismo della burocrazia.

A scatenare la protesta fu invece lo scontento popolare per i cambiamenti introdotti da Deng Xiao Ping, che avevano provocato l'abbassamento dei salari, l'aumento dei prezzi e una grave disoccupazione. Il 26 aprile Deng accusò gli studenti di essere dei provocatori al servizio di potenze straniere. In risposta 50mila studenti scesero nelle piazze, e il 4 maggio circa 100mila persone marciarono per le strade di Pechino.

Il 13 maggio duemila studenti occuparono Piazza Tien an Men, con l'appoggio della popolazione e dei lavoratori. Molti cantavano l'Internazionale.

La protesta arrivò a coinvolgere 300 città. Il 20 maggio venne proclamata la legge marziale, ma l'esercito incontrò una forte resistenza e la situazione rimase bloccata. La notte del 3 giugno l'esercito aprì il fuoco sui dimostranti e riconquistò la piazza. Non esiste una stima precisa delle vittime. La CIA parla di 400-800 morti, la Croce Rossa di 2.600, mentre circa un migliaio di oppositori potrebbero essere stati giustiziati in seguito.

"La maggior parte degli arrestati e praticamente tutti i giustiziati erano lavoratori", scrive Maurice Mesner.

Come in America Latina il terrore spianò la strada al neoliberismo. Decine di milioni di dipendenti pubblici e lavoratori delle imprese statali furono licenziati, perdendo non solo il lavoro ma anche ogni forma di sicurezza sociale (casa, istruzione, sanità ecc.). Oggi 150 milioni di disoccupati si spostano da una città all'altra in cerca di un qualsiasi lavoro.

Nei tre anni successivi al massacro la Cina spalancò le porte agli investimenti stranieri, e sorsero in tutto il Paese le cosiddette zone franche, dove non esiste alcun diritto sindacale e il costo del lavoro è un ottavo di quello del Messico.

Nel solo 2003 sono morti sul lavoro più di 136mila operai. La Cina estrae il 35% del carbone mondiale ma ha l'80% delle morti in miniera. Negli anni '90 Deng Xiao Ping proclamò che "arricchirsi è glorioso" e non è incompatibile con la dottrina socialista. Infatti secondo uno studio del 2006 il 90% dei miliardari cinesi sono figli di funzionari del Partito "Comunista". Circa 2.900 di questi nuovi mandarini controllano 260 miliardi di dollari.

Un'élite tra le 15 e le 20mila persone ha depositi bancari di almeno 8 milioni di Euro a testa.

Il 10% più ricco della popolazione si accaparra il 45% del reddito nazionale, mentre il 10% più povero solo l'1,5%.

L'imbarbarimento della società cinese ha portato con sé fenomeni inquietanti come la vendita di donne e bambini e il traffico di sangue e di organi. Ma questo processo "sta forgiando una classe operaia la cui forza potenziale non ha precedenti nella storia dell'umanità" e che coltiva "un sano odio contro la burocrazia e la borghesia".

In questi anni "la lotta di classe e la conflittualità sociale hanno raggiunto livelli mai visti da decenni". Secondo le autorità di polizia manifestazioni, scontri e rivolte sono passati dai 10.000 del 1994 ai 74.000 del 2004. Il problema principale è l'unità tra i vari settori sociali in lotta, ma in Cina sono migliaia i militanti che tengono vivo il pensiero marxista.

Ed è superfluo soffermarsi sulle ripercussioni che avrebbe anche da noi la fine dello sfruttamento semi-schiavistico nell'industria cinese.

Nello Gradirà

tratto da Senza Soste n.38

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