TANTI INTERESSI PRIVATI NON FANNO UNA CITTA'!

La mer, la fin...

domenica 12 aprile 2009

Rifiuti. Incombente disastro nella Toscana Infelix.

Gli articoli che seguono sono tratti dal Tirreno di ieri, Sabato 11 Aprile.
Parlano della grande crisi di domani. Quella causata dal malgoverno dei rifiuti in questa nazione (attualmente in mano al cavalier Trombetta e al suo baraccone di ignorantoni in doppio petto) e da quello infingardo e ipocrita del partito che comanda la nostra infelice Regione.
Come cerchiamo, molto umilmente, di spiegare sulle pagine di questo blog, si profila un terribile disastro, preparato per favorire la costruzione degli inceneritori già programmati, a Case Passerini e al Calice (PO). L'assessore Bramerini, che a quanto pare riscuote le simpatie anche dei Verdi, ha continuato l'inazione del suo predecessore Artusa, lasciando alle aziende municipalizzate (asm, publiambiente e quadrifoglio), la conduzione della politica dei rifiuti e ai loro interessi paraprivati. Il sistema di riciclo fa acqua da tutte le parti: raccolta, selezione e trasformazione. Non si investe, non si promuove, non si fa cultura. non si rinnovano i macchinari, non si sostiene la filiera e non si acquistano neppure i prodotti riciclati attraverso gli enti locali. Questa è la Regone del "un tanto al chilo". I cittadini non sanno niente dei rifiuti che producono: vedono la raccolta differenziata come un modo scomodo e misterioso di fare sparire la spazzatura, senza rendersi conto che quello che buttiamo è soggetto ad una complicata filiera di trasformazione. Non sanno collaborare perchè non conoscono i processi che seguono alla raccolta. Si pensa di cambiare le abitudini della gente distribuendo, molto tardivamente, dei bidoncini. Non vengono attivati processi di partecipazione popolare con assemblee e iniziative. Non vengono curate le campagne scolastiche, nè quelle nei posti di lavoro. Non si lavora per la riduzione a monte e sul rapporto con il settore produttivo che tanto pesa sulla quantità complessiva dei rifiuti.
La Toscana Infelix di Martini ha uno dei suoi massimi punti di forza in questa retrograda e imbelle politica dei rifiuti. Eppure la crisi economica potrebbe in questo caso essere una grande occasione di cambiamento..
Per MV
la zia Alma


La catena del riciclaggio è bloccata
Giù il mercato di carta e plastica: una montagna di rifiuti fermi La filiera si ferma sui piazzali della Revet di Pontedera, dove giacciono montagne di “balle” ANNA CECCHINI
Ore 8: ogni giovedì mattina le strade di San Pietro in Palazzi sono un cimitero di rifiuti. Nel quartiere a nord di Cecina la Rea Spa, l’azienda di igiene ambientale ha avviato da alcuni mesi la raccolta differenziata porta a porta. A quell’ora sacchi azzurri ricolmi di plastica, vetro e alluminio (in gergo, multimateriale) tappezzano i marciapiedi.
Ore 10: la zona è perfettamente linda; i netturbini hanno fermato il camion ogni dieci metri e ripulito le vie da tutti gli scarti.
Ore 12: i rifiuti sono arrivati alla discarica di Scapigliato (Rosignano), destinazione temporanea in attesa di essere riciclati.
Montagne di “balle”. Stessa ora, altro luogo. Pontedera, sede della Revet, l’azienda che si occupa di selezionare e suddividere i diversi rifiuti plastici da vetro e alluminio. Sui piazzali giacciono montagne di “balle” da riutilizzare. Cumuli di pacchettoni in plastica pressata ed etichettata (larghi un metro per 80 e lunghi 2) ammassati uno sull’altro.
La filiera si ferma. Ecco, è qui che la filiera del riciclo si ferma. Perché quella non è plastica qualunque: è quella che arriva dalle raccolte differenziate di tutta la Toscana. È destinata al riciclo per “tornare a nuova vita”, sotto forma di panchine, imbottiture per abiti e divani, filati tessili, flaconi di detersivi e bagnoschiuma e pozzetti per l’edilizia, e che invece trova sempre meno utilizzo.
Ogni parallelepipedo (300 chili di peso) contiene migliaia di bottiglie o flaconi di detersivi appositamente suddivisi per essere riciclati e poi immessi sul mercato. Ma non c’è mercato a sufficienza per i prodotti delle poche aziende che hanno fatto del riciclo il loro business.
Dove si accumula la plastica. Il capannone della Revet, che nel 2008 ha selezionato e suddiviso 102mila tonnellate tra plastica, vetro, alluminio e tetrapack provenienti da tutta la Toscana, è stracolmo di balle. Ce ne sono di tutti i generi; le balle del Pet, che poi sono le bottiglie di plastica per l’acqua minerale, e quelle dell’Hdpe, vale a dire i flaconi dei detersivi. E poi ancora balle, fatte di buste di plastica pressate o di cassette per la frutta. Sono talmente tante, soprattutto dopo il surplus di materiali arrivati in Revet l’estate scorsa, che l’azienda sta costruendo a fianco degli impianti di selezione una nuova area di stoccaggio con una tettoia ampia più di 7mila metri quadrati per sistemare temporaneamente i pacchettoni appena “strizzati”, in attesa che il Corepla, il consorzio nazionale per il recupero di rifiuti da imballaggi in plastica, gestisca i processi di acquisto.
Un mercato in crisi. «Non c’è sbocco finale dei materiali destinati al riciclo - spiega Alfredo De Girolamo, presidente Cispel Confservizi Toscana (associazione regionale delle imprese del servizio pubblico) - e quindi rimangono lì. La carta da riciclare nei mesi scorsi veniva pagata 70 euro alla tonnellata, adesso nessuno la vuole e così costa pochi centesimi. Negli ultimi tempi nelle piattaforme del Conai (il Consorzio nazionale per il recupero dei materiali da imballaggio) sono rimaste stoccate 120mila tonnellate di carta, eppure i costi per arrivare a quelle balle di carta ci sono stati, per la raccolta e la lavorazione».
Stop alle aste. Per la plastica non va meglio. Anzi. Basta dire che le aste on-line organizzate da Corepla per vendere interi lotti di balle, come quelle accumulate in Revet, alle aziende che trattano plastica da raccolta differenziata, vengono svolte sempre più di rado. «Prima le facevamo con cadenza mensile, mentre adesso ogni sei mesi - dice Gianluca Bertazzoli, responsabile ufficio stampa di Corepla - Il prezzo della plastica da destinare al riciclo è calato molto. Per esempio, nel 2008 una tonnellata di Pet (bottiglie di plastica) veniva pagata 300 euro, adesso siamo sui 60 euro». Per non parlare dei contributi che i produttori di imballaggi (in plastica, carta o alluminio) pongono sui materiali in uscita dalle loro aziende. Contributi ambientali che, sulla base di una convenzione, vengono versati al Conai. «Negli ultimi dieci anni, questi contributi ambientali sulla plastica erano di 72,3 euro a tonnellata - prosegue Bertazzoli - dal primo gennaio 2009 sono saliti a 105 euro e già è stabilito che da luglio arriveranno a 195 euro a tonnellata, almeno per tutto il 2009».
I motivi del crollo. Perché una flessione così consistente nel mercato del riciclo? «Perché c’è bisogno di materie da riciclare sempre più pulite e pregiate - spiega Leonardo Marchetti, fino a dicembre 2008 amministratore delegato Revet e per 4 anni presidente della Ferver (la Federazione europea del riciclo con sede a Bruxelles) - Il Corepla ha ristretto i capitolati di accettazione della qualità delle plastiche da destinare al riciclo, vale a dire che i contributi vengono dati soltanto alle aziende che riciclano plastica di qualità».
Impianti di selezione più moderni. Per far ripartire la filiera del riciclo una possibilità è quella di alimentarla con rifiuti plastici sempre più puliti. «In Toscana gli impianti sono fermi al 2003 - prosegue Marchetti - quando invece in Germania ci sono impianti che riescono a effettuare una selezione ottica del 40 per cento delle plastiche sporche che noi mandiamo in discarica perché è impossibile avviarle al riciclo». In alternativa si può pensare di tornare indietro, alla raccolta separata di ogni tipo di rifiuto che oggi viene inserito nella campana del multimateriale. «Di certo si avrebbero rifiuti più selezionati e meglio riciclabili - dice Marchetti - ma questa operazione peserebbe troppo in termini di costi per nuovi contenitori e aumento del personale destinato alla raccolta. Meglio ammodernare gli impianti».
I Comuni non comprano i prodotti riciclati. Un altro versante da rivedere è quello del post-riciclo. Perché alcune aziende che producono materiali da rifiuti, siano essi plastica o scarti organici, esistono. Soltanto che i loro prodotti li comprano in pochi, tantomeno gli enti pubblici che invece dovrebbero farlo per legge. «Esiste una normativa secondo cui il 30 per cento degli acquisti di Comuni, Province e Regioni devono essere verdi - sottolinea Ermete Realacci, ministro ombra Pd all’Ambiente e presidente onorario di Legambiente - ossia derivanti da riciclo, come ad esempio arredo urbano fatto di plastica riciclata o compost da rifiuti organici. Questo non avviene, ma è fondamentale che le amministrazioni, nel rispettare le normative, facciano ripartire il mercato». Tanto è vero che la Regione Toscana ha deciso di chiudere i contributi a quei Comuni che non rispetteranno la legge degli acquisti verdi.
«Tutti devono rispettare questa norma - spiega Erasmo D’Angelis, presidente della commissione rifiuti del Consiglio regionale toscano - e credo che avverrà, anche perché è stata adottata la decisione di negare i finanziamenti a quei Comuni che non acquistano almeno il 30 per cento di prodotti verdi. E poi bisogna pensare di allargare il mercato ad altri soggetti; come Regione faremo partire un progetto pilota in tre edifici scolastici toscani, che adotteranno banchi e sedie provenienti dalla filiera del riciclo».
Le contraddizioni del “porta a porta”. Nell’ultimo anno praticamente tutte le aziende di igiene ambientale della regione hanno avviato sperimentazioni di raccolta “porta a porta”. L’intento è quello di aumentare il quantitativo di rifiuti differenziati già all’origine, direttamente nelle case dei cittadini. In sè il servizio funziona correttamente. Eppure c’è chi dice che il “porta a porta” è soltanto un modo per raggiungere le percentuali di raccolta differenziata previste dalla legge (55 per cento nel 2010, 65 nel 2012), ma non per avere materiali effettivamente selezionati da destinare al riciclo. «L’Italia ha un’anomalia rispetto agli altri paesi europei. In materia di differenziata - continua Marchetti - da noi si conta la quantità dei materiali raccolti, mentre in Europa si considerano i quantitativi che effettivamente vanno al riciclo. E’ chiaro che il “porta a porta” è un modo per aumentare velocemente i volumi, ma è deteriore per la pulizia dei rifiuti. Perché in verità il 50 per cento dei rifiuti in ogni sacco prelevato con questo tipo di servizio non è assolutamente differenziato; dentro a un sacco del multimateriale trovano polli interi, abiti o pezzi di carta».
I controlli sui sacchi. Insomma, servono sistemi di verifica su quello che viene inserito dai cittadini nei sacchi per il “porta a porta”. «E’ una buona organizzazione - conclude Realacci - certo bisogna fare informazione ai cittadini su come si differenzia e poi le aziende devono fare controlli sui sacchi».



Anche la spazzatura ha il suo cimitero
Nemmeno i Comuni, che pure dovrebbero farlo per legge, comprano i prodotti riciclati
Con la crisi del mercato del riciclo il rischio è che le aree di stoccaggio provvisorio dei materiali da raccolte differenziate diventino una sorta di “cimitero dei rifiuti”. Discariche, per dirla breve.
«In genere queste aree possono tenere i materiali - dice Ermete Realacci, presidente onorario Legambiente - per un tempo abbastanza limitato. Per esempio la carta può restare in piattaforma al massimo un anno. Dopo non può essere più commercializzata. Bisogna prolungare la durata dele autorizzazioni perché altrimenti le piattaforme diventano discariche».
Dello stesso parere anche la Regione Toscana. «La plastica viene ritirata a prezzi stracciati - spiega Annarita Bramerini, assessore regionale all’ambiente - per la carta la flessione del commercio con la Cina fa stagnare il mercato, che non può essere alimentato dalle sole cartiere italiane. Il legno sembra sia abbandonato nelle piattaforme».
«Gli unici ritiri vengono effettuati per merito degli accordi tra l’Anci, l’associazione dei Comuni, e Rilegno, il consorzio che gestisce il recupero degli imballaggi in legno. Bisogna aumentare il numero di piattaforme dove stoccare tutti i tipi di rifiuto in attesa del riciclo».

Intanto si allunga la vita delle discariche
La Regione Toscana ripete da tempo che le discariche hanno vita breve, ma gli amministratori di Scapigliato (Rosignano) e Peccioli assicurano che rimarranno essenziali nella filiera del rifiuto. «Nel 2012 le discariche esauriranno i volumi fino ad oggi autorizzati - assicura Annarita Bramerini, assessore all’ambiente della Regione - bisogna puntare sugli impianti di termovalorizzazione e sull’incremento della differenziata».
Ma chi quelle discariche le gestisce, garantisce che non si arriverà alla completa dismissione. «Vanno incrementati la filiera del trattamento e il mercato del riciclo - dice Fabio Ghelardini, presidente di Rea, società che gestisce la discarica di Scapigliato - per inviare meno materiali in discarica, ma credo che anche quando questo nuovo sistema andrà a regime le discariche avranno comunque il loro peso, importante, per sistemare i residui dei trattamenti».
Anche Renzo Macelloni, presidente di Belvedere - la società che gestisce la discarica di Peccioli - spiega che «le discariche hanno una vita infinita, perché ogni forma di rifiuto ha una percentuale che non può essere riciclata e finisce in discarica. E poi sono sistemi flessibili, non divengono obsolete come gli impianti».

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